Ciao Massimo e grazie per aver accettato il nostro invito!
-Inizio con il chiederti come ti sei avvicinato al gioco del calcio e cosa ricordi degli anni trascorsi nelle giovanili del Crotone
Ho cominciato come tanti ragazzi a quei tempi giocando per strada o in campetti di terra usando grosse pietre per fare le porte, sognando di diventare un calciatore. A 12 anni decisi di inseguire quel sogno e mi sono trasferito a Torino passando due anni nelle giovanili granata. A 14 anni sono tornato a Crotone e ho terminato tutta la trafila delle giovanili rossoblù fino ad esordire in serie C a 17 anni. L’anno successivo mi prese l'Avellino in serie B e mi girò direttamente al Nola in C1 dove vincemmo il campionato, e da lì tanto girovagare in molte piazze del sud.
-Dopo l’esordio in maglia rossoblù, la tua carriera si sviluppa in piazze importanti e molto calde (cito tra le altre Avellino,Catania e Potenza). In quale è stato più difficile giocare e per quali motivi?
La difficoltà maggiore che ho riscontrato un po' in tutte le piazze era di natura logistica, in quanto i campi e le attrezzature a disposizione non erano quelle che si possono immaginare oggi. Persino a Catania, con Massimino presidente, facevamo grossa fatica in quanto eravamo costretti ad allenarci su un campo in terra battuta che non rispettava le misure regolamentari.
-Nell’estate del nuovo millennio lasci Castrovillari e ti trasferisci nell’antica e nobile Teate. Chi ti ha contattato e portato in maglia neroverde? Con quali prospettive hai accettato la destinazione?
Sapevo di essere stimato da mister Morganti e venni a conoscenza che cercò informazioni sul mio conto passando anche da Vincenzo Feola, suo ex compagno in maglia neroverde. Mi contattò l'allora DS Traini e dopo aver fatto due chiacchiere con lui e con il presidente Buccilli accettai subito il biennale propostomi dalla società neroverde.
-Quali sono state le prime persone dello staff che hai incontrato al tuo arrivo a Chieti e ome ti hanno presentato l’ambiente teatino?
Arrivato a Chieti incontrati Traini e mister Morganti. Trovai subito un ambiente familiare che mi fece sentire a mio agio. Mi dissero che Chieti era la città della camomilla! Ricordo i pochi spettatori sugli spalti alla prima in casa contro il Castel S.Pietro e la promessa che ci facemmo fu quella di cercare di riportare tanta gente allo stadio. Pensando ai 7000 presenti nella finale playoff contro il Teramo direi che ci siamo riusciti
-Parte la stagione e il Chieti dimostra subito di essere una squadra molto compatta, subendo la prima rete soltanto alla quinta di andata contro il Gubbio. Quanto furono importanti i dettami tattici di mister Morganti per costruire una solidità così accentuata? Svelaci qualche segreto in merito.
Era una squadra molto compatta, con tanti giocatori forti nell’ uno contro uno. Il mister ci aveva trasmesso un grande senso di attaccamento alla maglia e credo si vedesse in campo; un gruppo che si aiutava reciprocamente , sempre pronto a sacrificarsi per un errore del compagno. Era un gruppo molto giovane, tutti noi venivamo da stagioni sportive non esaltanti e da retrocessioni e il mister fu bravissimo a tirare fuori il meglio da ognuno di noi. Il suo più grande merito fu quello di creare una squadra di uomini prima che una squadra di calciatori.
-Se non erro in quella stagione sei stato titolare in tutte le sfide di campionato. Quando tu e i tuoi compagni avete capito che si poteva restare in alto fino alla fine?
A dire il vero saltai solo la partita di ritorno a Gubbio. Sicuramente dopo la vittoria a Teramo in campionato. Fu una gara durissima che concludemmo addirittura in nove se non ricordo male ma che con grande grinta ed abnegazione riuscimmo a vincere. Ricordo che durante la settimana e prima della partita i loro giocatori dicevano che eravamo un fuoco di paglia ma abbiamo dimostrato coi fatti che non era così.
-Dopo aver visto sfuggire la promozione diretta per la cervellotica regola della classifica avulsa, con quale animo e quali sensazioni hai ricaricato le pile per le sfide playoff ?
Guarda, la nostra delusione dopo la vittoria inutile contro la Maceratese nell'ultima giornata di regular season è durata mezz'ora. Eravamo consci della nostra forza e molto contenti sia perchè avremmo passato un altro mese insieme, sia perché avremmo affrontato di nuovo il Prato. Nelle sfide di campionato erano stati strafottenti, e la partita pareggiata in Toscana 2-2 al 95’dopo essere stati in vantaggio ci scottava ancora.
-Le tue emozioni quando ripensi alla vittoria promozione contro il Teramo. Spiegaci cosa ti torna in mente del prima, durante e dopo. All'andata a Teramo ricordo il fiume di pullman ed auto di tifosi neroverdi che incontrammo andando allo stadio. Non facemmo ritiro prepartita e mentre andavamo al comunale per giocarci la sfida vedere tutta quella gente che ci seguiva per sostenerci ci diede una grandissima carica. Fu una partita durissima anche se non subimmo praticamente nulla in difesa.
-Effettivamente doveste solo rincuorare Santoni per l’errore commesso che regalò il pareggio ai padroni di casa
Quell’errore di Nicola fu dettato dalla troppa sicurezza che spesso paventava; noi lo prendevamo in giro per questo e ci scherzavamo sempre su.
Della finale giocata a Chieti ricordo l'emozione all'ingresso in campo perchè avevamo raggiunto il nostro obiettivo; riportare tanta gente all'Angelini. Vedere 7000 persone sugli spalti fu motivo di grande orgoglio! Ricordo l'ultimo minuto; l'invasione di campo a partita in corso, l'interruzione...a me venne in mente proprio la partita di campionato a Prato pareggiata all'ultimo secondo, non volevamo vederci sfuggire il traguardo e dovevamo rimanere concentrati fino al triplice fischio. Alla fine l'abbraccio della gente sul terreno di gioco è stata la cosa più bella!
-Il vero segreto di quel trionfo, a detta di tutti, è stato lo spogliatoio; un gruppo fantastico che si è cementato ed è riuscito a vincere due volte il campionato. Qualche settimana fa abbiamo intervistato Alessandro Battisti che ci ha raccontato delle cene che organizzavate spesso a casa tua con tutta la squadra o delle serate “danzanti”. Non possiamo fare a meno di chiederti qualche aneddoto in merito.
Avevo una villetta a Francavilla ed ogni giovedì sera tutta la squadra veniva da me a cena. Questo ci ha uniti tantissimo ed aiutato nelle nostre imprese sportive. Nemmeno durante il mese dei playoff abbiamo abbandonato quella bella consuetudine e una volta, mi sembra prima dell'andata playoff a Prato, riuscimmo a coinvolgere anche mister Morganti. Ti racconto un aneddoto particolare; una sera uno di noi (di cui ovviamente non faccio il nome) esagerò con l'alcool e tornò a casa in condizioni pietose. Il giorno dopo non si presentò all'allenamento e noi dovemmo giustificarne l’assenza al mister inventandoci una improvvisa influenza, ma invece il nostro compagno era a casa ancora collassato per la sera prima! Tutt’oggi quando ne abbiamo la possibilità organizziamo una rimpatriata con i compagni di allora e ci riguardiamo le videocassette di quella stagione, l’ultima volta è capitato qualche mese fa.
-A fine anno le strade di Massimo Drago e del Chieti si separano. Sarò sincero nel dirti che la tifoseria neroverde non la prese benissimo. Spiegaci i perché di quel divorzio.
Mi dispiace per come siano andate le cose. Avevo un contratto biennale ma all'inizio della nuova stagione capii subito che sarebbe stato impossibile ricreare l'ambiente della stagione appena trascorsa. Il Chieti cambiò volto, arrivò D'Ottavio come DS e Braglia come allenatore e sentivo che la fiducia intorno a me non era quella della passata stagione. Così, anche rimettendoci dal punto di vista economico, decisi di seguire mister Morganti con il quale ho sempre avuto un grandissimo rapporto sotto il profilo umano e professionale.
-Raccontaci un episodio sconosciuto alla massa della tua militanza in neroverde che non dimenticherai mai
Ce ne sono tantissimi! Tralasciando le cene di cui abbiamo già parlato ricordo un episodio accaduto ad Alessandro Battisti nella finale playoff di andata a Teramo. Lui era infortunato a terra e fu raggiunto da uno sputo proveniente dagli spalti. Si alzò e leccò lo sputo del “tifoso” teramano, una scena indimenticabile! La cosa bella di quell'anno che eravamo una cosa sola, se uno di noi veniva toccato o offeso tutta la squadra insorgeva subito a sua difesa, insomma eravamo tutti per uno e uno per tutti!
Un sentito ringraziamento a te, Massimo, per la disponibilità e alla società Cesena Calcio nella persona di Michele Ceredi per la gentilezza e la collaborazione.
Vi auguriamo i migliori successi sportivi!