Ciao Alessandro e grazie per aver accettato il nostro invito!

 

-Inizio con il chiederti com'è nato il tuo amore per il calcio.

E’stato immediato, automatico, avendo avuto padre e nonno calciatori (in categorie che allora si chiamavano “quarta serie” e promozione”).Poi quando ero ragazzino io, era automatico passare la maggior parte della tua giornata fra i vicoli a tirare dei calci ad un pallone… In ultimo, quando la prima volta andai in curva sud a vedere la magica..beh, i colori di quella giornata sono ancora vivi dentro di me

 

-Ti affacci al professionismo con la Cisco Lodigiani, poi Benevento, Viterbo e arrivi a Chieti nell'ottobre 1998.

Ci racconti del tuo arrivo in neroverde e del tuo esordio?

Sinceramente vi arrivai quasi per caso, ricordo ancora quando Bruno Pace mi disse (nel suo spogliatoio sigaro in mano) “Io ho bisogno di un terzino, non di uno stopper …..allora chiamai il mio procuratore dicendo di andar via ma poi……fortunatamente rimasi

Esordii a Frosinone, perdemmo 1 a 0…ma feci comunque una bella gara. Poi mi confermai la settimana successiva quando battemmo il Catania in casa….grande ricordo che il cronista dell’epoca (Gino Di Tizio, se non sbaglio) mi mise addirittura 8…….. (lo ricordo bene perché non credo  mi capitò mai più)

 

-In quella stagione un Chieti con buone capacità tecniche (cito Paolo Terzaroli) ed una nuova dirigenza deve giocarsi la salvezza ai playout, ma al contrario degli ultimi spareggi giocati stavolta la storia è a lieto fine. Come hai vissuto la doppia sfida con il Casarano?

Fantastica…due settimane dense di emozioni… Ricordo quando in ritiro a Gallipoli, all’andata, di notte sentimmo alcuni rumori fortissimi, uscimmo fuori e trovammo il pullman con tutti i vetri rotti…..il giorno dopo fummo costretti a partire 3 ore prima della gara perché non potevamo superare i 40 km / h, con tutti i pezzi di vetro sui sedili… Prima della gara, tra le varie intimidazioni subite, qualcuno colpì Massimo Scarpa con un paio di cazzotti nello stomaco a inizio partita…..ma  nessuno di noi si fece intimorire, facemmo una grande partita e Max giocò e segnò alla grande... Bellissimo poi l’arrivo dei nostri tifosi, mentre facevamo riscaldamento sotto di loro… Al ritorno, invece, dopo il 2 a 1 conquistato in trasferta, stavamo giocando male e perdevamo 1 a 0……ricordo ancora l’atmosfera  tesa negli spogliatoi nell’intervallo…… la paura che si tagliava a fette…non parlava nessuno…..c’era il terrore negli occhi di tutti….quando ad un certo punto entrò il presidente Buccilli, ci vide così, fece un paio di battute delle sue in dialetto, ci incoraggiò a tutti, ruppe il ghiaccio e ci trasmise una grande sicurezza…..poi ci pensò Stefanone Sgherri…..grande vittoria, grande salvezza e gioia immensa!

 

-Nuova stagione con tante aspettative ma chiusa all' undicesimo posto, con la vittoria 2-1 a Cava de Tirreni alla penultima giornata a sancire l'aritmetica salvezza. Non eri stufo dei continui cambi di allenatore e delle scarse ambizioni palesate dalla società nelle ultime due stagioni? Non hai mai pensato di andare via?

Non fu una stagione esaltante, almeno per me, anche perché quell’anno mi spezzarono la caviglia a S. Anastasia e fui costretto ad operarmi….. Non pensai mai di cambiare aria, i cambi di allenatore e di direttore sono stati più di uno, è vero, ma secondo me non era questione di scarse ambizioni, bensì, probabilmente. di un po’ di inesperienza…..  la società, malgrado potesse non sembrare, era molto presente, e a noi non mancava niente, il presidente era sempre al campo a tutti gli allenamenti, veniva alle amichevoli del giovedì,  e io mi trovavo benissimo, malgrado feci anche qualche panchina quell’anno…

 

-Veniamo ai momenti belli. Estate del nuovo millennio; arriva Gabriele Morganti in panca , il Chieti  mette su un'allegra brigata di giovani promesse che stupì tutti. Fu veramente il gruppo il segreto di quella squadra?

Ti racconto questa: avevo appena recuperato dal mio infortunio, leggevo i giornali e vedevo che Morganti stava mandando via tutti. Io avevo il contratto, ma non riuscii a trovare squadra perché non avevo richieste. Nel frattempo nessuno della società neroverde mi chiamava, nemmeno il nuovo allenatore, il quale, invece, parlava sempre sui giornali di altri difensori, nuovi, tutti bravi, a suo dire, di Battisti……nemmeno l’ombra. Allora mi misi l’anima in pace, partii, me ne andai in vacanza in Messico, e invece di tornare una settimana prima del ritiro per allenarmi e prepararmi, tornai la mattina del 21 luglio malgrado il primo giorno di ritiro fosse previsto proprio per il pomeriggio dello stesso giorno…. Arrivai, col fuso orario sulle spalle, con la camicia hawaiana, le ciabatte ai piedi, tutto abbronzato, 6/7 chili sopra….mi vede Morganti e mi fa: “Tu chi sei, un tifoso??” Io risposi: “No, un giocatore, sono Battisti”….. Peggio di così non poteva iniziare….. E invece…..dopo solo 5 giorni, alla prima amichevole contro il Marcianise a Rivisondoli mi chiama e…mi dà la fascia di capitano…quella che era stata la sua fascia….e per me fu un colpo al cuore, un’emozione incredibile. Quando vidi tutta quella gente alla presentazione alla Villa poi, capii che sarebbe stato un anno speciale… Il gruppo sicuro fece la differenza, eravamo e siamo ancora tutti fratelli, nel vero senso della parola, ma c’era anche grande qualità e c’erano grandi calciatori..un’alchimia unica ed irripetibile.

 

-E' vero che il mister vi faceva riunire almeno una volta a settimana in situazioni conviviali?

Ahahahah, beh, non era il Mister, ma eravamo noi che …sinceramente avevamo pochi freni inibitori e rispettavamo poco le rigide regole della vita privata di un calciatore. Ed il mister…ci lasciava fare…… Pensa te, ci riunivamo tutti a casa di Drago, a Francavilla, ogni lunedi o martedi, facevamo sempre la brace…fin qui tutto normale……ma capitava (di sovente) che i residenti alle 3 o alle 4 chiamavano i carabinieri per placare gli schiamazzi nottuni……carabinieri che venivano con la pattuglia ad intimarci di spegnere la musica e di non fare rumore. Poi ogni giovedì avevamo i tavoli riservati per tutta la squadra  al “Tabacchi Jazz”, un locale di Silvi Marina dove….non era il gruppo musicale che settimanalmente si esibiva l’attrazione della serata, ma noi che facevamo caciara sui tavoli…. (Se i miei giocatori facessero queste cose oggi ed io lo venissi a sapere,,,beh..mi incazzerei sul serio…).

 

-A parte la finale playoff, quale vittoria di quella stagione ricordi con maggiore esaltazione? E quale vi ha fatto capire che potevate ambire al salto di categoria?

Guarda, ci sarebbero aneddoti e ricordi fantastici per ogni partita di quell’anno spettacolare, ma le vittorie che ricordo con più piacere sono quella a Teramo alla 4 giornata ed il Prato all’andata, in casa… Furono fantastiche per un motivo speciale: sia il Teramo che il Prato più volte dichiararono che il Chieti era una meteora e sarebbe prima o poi crollata. Due gli episodi chiave: a Teramo Morgan disse la formazione negli spogliatoi, attaccò un pezzo di giornale al muro e ci disse: “Questo pensano di voi” Sul giornale c’era un’intervista a Camorani (calciatore del Teramo) che diceva”Il Chieti? Un fuoco di paglia”. Entrammo col sangue agli occhi…. Col Prato vincemmo la partita nel riscaldamento….  Iniziava a piovere e loro si misero tutti schierati in mezzo al campo perché ogni volta facevano riscaldamento così… Fischiai una volta per dire loro di uscire dal campo…niente, fischiai una seconda volta….niente, allora mandai un urlo bello coatto…..si girarono tutti verso di me e feci un ampio gesto con la mano urlando a squarciagola: “Ve ne dovete anna”… Facemmo 3 gol, gara senza storia…

 

 

-Che emozione fu per te gioire contemporaneamente con la sciarpe della “magica” e del Chieti quel 17 giugno 2001?  Se chiudi gli occhi qual è il primo fotogramma che ti torna in mente?

Sinceramente ancora oggi il giorno più bello della mia vita…. Se chiudo gli occhi ricordo e sento solo una cosa: calore. La gente te lo trasmetteva, il cuore te lo trasmetteva…. Ricordo tanta gente, tanto calore, dento e fuori di me…. E ricordo due cose che apparvero in curva Volpi: uno striscione “Lotteremo fieri, col cuore impavido” e  un coro particolare, che si levò per la prima volta : ”Cuor di Leone, Battisti Cuor di Leone”….. Emozione, allo stato puro (oltre che ad essere ancora oggi la suoneria personalizzata del mio telefono di quando mi chiama mia mamma)

 

-Stagione del ritorno in C1, ritorna il derby dopo 27 anni. Come hai vissuto la settimana che precedeva la partita? Quali emozioni all'ingresso in campo e al gol di Paolo?

Dopo la vittoria del campionato mi avevano detto che sarei dovuto andare via. Avevo richieste importanti in C2 (triennali a cifre da capogiro e per uno che come me guadagnava due spicci…non era facile la situazione,  io non volevo andare via perché ero fra i pochi reduci di Casarano e dopo aver vinto il campionato non me la sentivo di lasciare proprio ora Chieti). Allora Buccilli, che non voleva lasciarmi andare via, telefonò a Braglia davanti a me; lui gli confermò che non avrebbe avuto preclusioni nei miei confronti. Allora rifiutai ogni offerta e firmai a Chieti anche se per un solo anno.

Quella settimana l’ho vissuta non benissimo, perché Braglia mi aveva schierato in tutti gli allenamenti precedenti con le riserve…..Poi mi chiama prima dell’allenamento del sabato e mi fa” Perché sei incazzato”? Io gli risposi “me lo chiede pure???” E lui “Sfogala in campo domani la tua rabbia”… Ripresi colore, mi dette una carica immensa. Grande attesa, sin da quando arivammo allo stadio, grande colore, entusiasmo…. Poi ci ha pensato Paolo…..

 

 

Per il Chieti fu una buona stagione, meno purtroppo per te in quanto forse mister Braglia “ti vedeva poco”. Quale fu la causa del divorzio a fine stagione?

No, tutt’altro, feci 28 partite da capitano, anche se i rapporti con Braglia non furono del tutto idilliaci. L’ho sempre rispettato e lo rispetto tutt’ora, anche perché probabilmente è stato l’anno in cui ho avuto il rendimento personale più alto di tutta la mia carriera, ma gli ho sempre detto chiaramente le cose che pensavo. La causa? Lui non mi dette mai spiegazioni e di questo ci rimasi male, me le dette solamente il presidente, le tengo per me, ma non le ho mai condivise.

 

-Durante la tua militanza in neroverde hai avuto modo di condividere gioie e dolori con tanti compagni di squadra. Con quale avevi maggior feeling calcistico in campo? E con chi sei rimasto più legato fuori dal rettangolo di gioco?

In campo certamente con Drago e Lauro…. Io forza, Drago intelligenza e Lauro velocità….che miscela…. Fuori conservo grandi rapporti con molti miei ex compagni, Drago, Lauro, Coppola, Barni, De Matteis e tutti i miei compagni di quella squadra…mi ripeto, siamo rimasti veramente uniti, fratelli veri.. fra gli altri compagni mi sento e mi vedo spesso con Stefano Sgherri, un amico vero anche lui.

 

-Alessandro Battisti e la curva Volpi; un legame fortissimo! Ti abbiamo visto anche sventolare la nostra bandiera sulla pista di atletica! Cosa e quanto ti hanno dato i tifosi del Chieti?

Sventolai la bandiera proprio perché avevo intuito che sarebbe stata la mia ultima partita all’Angelini. Non feci alcuna polemica, nessuna dichiarazione, ma raccolsi e trasmisi tutta la mia energia ed anche rabbia così, sventolando in alto quei colori. Fu un momento unico, di grande orgoglio, di grande senso di appartenenza, almeno per me.  Ho sempre avuto un grande rispetto per la Curva Volpi, non sono mai stato a cena e non ho mai avuto rapporti personali estra calcistici con i tifosi finchè non sono andato via, sia da giocatore che da dirigente. Ho sempre evitato di rilasciare dichiarazioni fumose o vuote, di mera piaggeria, nei confronti della tifoseria neroverde, ho sempre evitato di compiere gesti come baciare la maglia, battersi forte il cuore ecc, perché credo che l’attaccamento e la riconoscenza debbano essere dimostrate con il rispetto e non con il leccare il culo. Ho avuto tante fortune nella mia vita, tante soddisfazioni, ma la più grande di tutte è sentirsi ancora oggi chiamare “capitano”…. Non ci sono parole o riconoscenze materiali per descrivere o comparare questa emozione, un’emozione che mi farà avere sempre un debito d’onore con questa gente.

 

-Tu e i tuoi compagni ci avete regalato le gioie più grandi degli ultimi 20 anni ed oltre, e tu lo hai fatto sempre con la fascia al braccio; cosa significa per te essere stato capitano del Chieti?

Quello che ti ho detto prima: orgoglio, senso di appartenenza e profonda identità. Un assoluto privilegio.

 

-Torni a Chieti nel 2005 per ricoprire  la doppia veste di calciatore e (da dicembre) responsabile dell’area tecnica. Che ambiente hai ritrovato dopo 3 anni dalla tua partenza?

Un ambiente con grandi difficoltà, ero andato via che sentivo  “Buccilli sindaco” e tornavo con grandi contestazioni e veleni… A novembre, calcolato che non giocavo mai, avevo deciso di andare via…non volevo essere un peso o un ricordo sbiadito per nessuno. Quando Tacchi (l’allora ds si dimise) il Presidente Buccilli e l’allora vice presidente De Cesare mi chiesero di fare il direttore spotivo…  Era un momento di grande difficoltà, di incertezze, ma sia per la riconoscenza che avevo nei confronti della piazza e nei confrontii della società, ed anche  per un profondo senso di incoscienza, decisi di accettare…. Avevo in mente per me tutta un’altra strada, un altro percorso, stavo già studiando da allenatore e quello avrei voluto fare, invece…. Non sono stato in grado di incidere positivamente, ma il destino amaro della retrocessione purtroppo era pressochè quasi scontato

 

-Finisce la stagione e si “sublima” l’ Annus Horribilis per il Chieti con la scomparsa dal calcio professionistico. Grazie all’amore di Giustino Angeloni per i colori neroverdi e di chi ha collaborato con lui il calcio a Chieti non muore, ma si riparte dal campionato di promozione. Ci racconti come sei diventato direttore sportivo di quel Chieti?

Mi chiama Marcello La Rovere e mi dice di Giustino che aveva rilevato il Chieti. Io avevo lasciato il calcio (pensavo) definitivamente, e volevo dedicarmi all’avvocatura. Ero deciso ad abbandonare questo mondo, non faceva più per me il calcio, troppa l’amarezza e le scorie dell’anno precedente…. Ma non riuscii a resistere a Giustino, veramente, rimasi inerme di fronte alla sua richiesta.. Gli chiesi un giorno per pensarci…. Tornai a casa e mi ricordai di Pisa….. E mi ricordai cosa dissi a me stesso quel giorno: devo riportare questa squadra dove l’avevo lasciata… E ricominciai, anche lì con la solita grande incoscienza….

 

-In pochi anni i colori neroverdi scalano le categorie e il 16.05.2010 in quel di Montecchio davanti a duemila tifosi il “nuovo” Chieti ritrova il professionismo. Che soddisfazione è stata?

Il coronamento di quel mio “impegno” …riportare il Chieti dove l’avevo lasciato a Pisa. Il culmine di un persorso nel quale mi sono rimesso in discussione in toto, un percorso dove tante (giustificate) diffidenze ruotavano intorno a me, ero sempre un “uomo” di Buccilli (cosa che io, con orgoglio, non ho mai rinnegato), un percorso difficile e con grandi sacrifici, intervallato anche dal “Battisti… Battisti….vaffanculo” che salì dalla Curva di Campobasso dove i nostri tifosi erano in trasferta….. Momenti duri, dove ho certamente vacillato, ma che mi hanno dato una grande forza e, soprattutto, invece di mollare, mi hanno regalato una incommensurabile determinazione a raggiungere il mio obiettivo.

 

-Negli anni di serie C a Chieti arrivano molti giovani di belle speranze che riescono a dare lustro alla maglia. In tre anni un sesto posto e due finali playoff  nonostante un budget per il mercato molto risicato. Quale è stata la trattativa più difficile e quella che ti ha maggiormente soddisfatto?

Non parlo mai dei singoli miei giocatori….li amo tutti, indistintamente.

 

-Ad un certo punto però i rapporti con la società cominciano a deteriorarsi. Puoi spiegarci i motivi?

Io dovrò sempre dire grazie a Bellia perché mi ha permesso di fare il direttore sportivo nel posto che ho sempre amato…. Questo per me è quello che conta

 

-L’ex presidente sostiene che lui non ha mai mandato via nessuno e che la vostra scelta (tua e di Di Giampaolo) di farlo è stata una delle cause della retrocessione del 2014. Ci dai il tuo punto di vista sul divorzio?

E’ una storia lunga….molto lunga. Ti ripeto, sono andato via in punta di piedi, non ho mai fatto alcuna polemica e non intendo farlo ora. Sono andato via anche da dirigente in punta di piedi, senza polemiche, proprio perché il rispetto veso la Curva Volpi per me ha sempre avuto un significato più grande delle mie vicende personali.

Per me è stato un privilegio, sempre e comunque.


-Raccontaci un episodio sconosciuto alla massa della tua militanza in neroverde che non dimenticherai mai.

Ce ne sono decine…. Faremo una rubrica mensile dove ve ne racconterò ogni volta uno :D

Ma ne ricordo uno in particolare.. Eravamo in ritiro a Firenze prima della gara con la Rondinella… Dopo cena c’era il piano bar e Morgan chiese al pianista una canzone, “Anche per te” di Lucio Battisti. Non l’avevo mai sentita, tutta la squadra riunita ad ascoltarla…. Quella canzone, fra le altre parole, dice “anche per te, vorrei morire ma morir non so…..”. Ecco, ascoltammo tutti muti, fu un’emozione fortissima…. La rimisi in macchina il 17 giugno quando insieme a Fabio Grosso e Tony D’amico stavamo arrivando all’Angelini, mi guardarono e sovvenne anche loro il ricordo…. Oggi, tutte le volte che ascolto quella canzone………le lacrime di quei momenti tornano fluenti ed intense come allora.

 

 

-Un saluto ai tifosi e lettori di tifochieti.com

A Tifochieti ed ai suoi lettori debbo dire grazie, grazie perché in questo mio percorso professionale mi hanno regalato un grande insegnamento.Tanti anni fa iniziai a scrivere sul forum, rispondendo e sostenendo le mie idee, incazzandomi spesso, non capendo molte cose e, allo stesso tempo, cercando di trovare una ragione plausibile alle mie tesi…..ma poi desistetti, mi cancellai, ma non per mancanza di rispetto, tutt’altro, ma perché capii che ognuno deve assumersi le proprie responsabilità con i fatti,col lavoro ed i numeri e non con le chiacchiere. E siccome non sono mai stato uno che ha cercato scorciatoie, soprattutto con i tifosi, soprattutto con quelli che erano i  “miei” tifosi, ho ritenuto opportuno che quello spazio rimanesse “sacro”, tutto loro, “sacro” come il mio spogliatoio. Perciò per la prima volta sono a ringraziarvi formalmente, tutti,  perché anche voi mi avete aiutato a capire che è meglio lavorare, che parlare, magari è meglio sbagliare, a testa alta, con onestà e serietà che cercare puerilmente di avere ragione, con chiacchiere vuote ed a volte squallide.

 

Grazie mille Alessandro per la tua disponibilità. In bocca al lupo per la tua nuova avventura professionale con i colori rossoblù.

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