Enzo Nucifora, vulcanico, ironico, uomo di calcio vecchio stampo e amante delle sfide. Lo conobbi quando venne a Chieti per raddrizzare un campionato di C1 disastroso. Era il 2003, in panchina c’era Carlo Florimbi e i neroverdi arrancavano. Con l’avvocato – così lo chiamavano tutti – arrivò Dino Pagliari e, con una squadra che schierava pezzi del calibro di Di Fabio, Rajcic, Tacchi, Terrevoli, Califano e Quagliarella, il Chieti fece un girone di ritorno che lo portò ad un passo dai play-off con uno stato di forma strepitoso che gli avrebbe permesso di giocarsi la promozione. Nucifora tornò in altro momento critico, nel 2008. Me lo ritrovai una domenica mattina nello studio dell'ex presidente Marcello La Rovere. Appena promossa in Serie D dall’Eccellenza, la società aveva allestito una squadra di grandi nomi che però in campo si stava rivelando rovinoso. Io ero fuori con la segretaria di Nucifora e dentro c'erano lui, Walter Bellia, e La Rovere per cercare un accordo tra le parti. Dopo la fumata bianca, ci recammo al Ristorante Venturini e il nuovo direttore sportivo fu presentato a mister e squadra. Le sue parole furono: «Oggi non vogliono 11 leoni, ma 11 cinghiali. I leoni non fanno un cazzo». Nucifora nel giro di pochi giorni portò Pino Giusto in panchina e tanti giovani tra cui Alessio Rosa e Giuseppe Genchi (fortunatamente Facebook non era come oggi). Arrivammo ai play-off, ma la corsa finì presto contro il Casoli di Silvio Paolucci, Alessio Savi e Mattia Rodia. Nucifora era una persona di parola, una persona che ha amato ogni piazza in cui è andato. Ci rimase male quando non venne chiamato per i festeggiamenti del Centenario. Era fatto così. Lui ci teneva ad essere ricordato dai tifosi. Potrei raccontare tanti aneddoti, ma me ne viene in mente uno di tanti anni fa. Se non erro era stagione 2005/2006, ero in tribuna con mister Tony Giammarinaro ad Ancona per visionare un giovane calciatore. Al termine andammo a cena ed eravamo al tavolo con Nucifora, Marco Branca (a quei tempi era responsabile area tecnica all' estero dell'Inter), il suo vice e altri due allenatori tra cui, sempre se la memoria non mi tradisce, Osvaldo Jaconi. Giustamente si parlava di calciatori, allenatori... A fine cena Branca e il suo vice lasciano il tavolo e Nucifora esordisce: «Pur di non farlo parlare di calcio lo hanno mandato all'estero». Risate di tutti. Era successo che Branca si era detto non molto d'accordo con gli acquisti di alcuni giocatori provenienti dal Sudamerica, che invece erano forti. Nucifora si propose alla Calcio Chieti per tornare in un momento non felice. Purtroppo era il periodo durante il quale il diabete lo stava affliggendo e avrebbe potuto lavorare a Chieti solo due giorni a settimana. Non se ne fece nulla. Accettò altre sistemazioni pur di rimanere nel calcio giocato. Era uomo di campo, uomo vero e non si fidava di quello che altri gli dicevano: doveva andare a vedere il giocatore con i suoi occhi. Quando lo accusarono di essere nel giro del calcio scommesse ci rimase davvero male. Nel 2015 fu assolto con formula piena. Lo chiamai allora per complimentarmi e fargli gli auguri, lui si commosse subito e poi parlammo del Chieti, come sempre. Se n’è andato un grande direttore, uno degli ultimi DS veri, uno che masticava calcio, uno che ti chiedeva di andare a vedere anche i settori giovanili delle varie squadre perché era già da lì che si riconoscevano quelli buoni. Ciao Enzo, riposa in pace.