Scritto da Licio Esposito Varese 2 gennaio 2010
Così ci siamo lasciati alle spalle il Natale 2019 e con l'Epifania si chiuderà il periodo Natalizio in tempo di pace e ci accingiamo ad affrontare sempre un nuovo mondo. Ma quando abbia affrontato l’ultimo Natale di guerra nel 1943, ci si accingeva ad affrontare un periodo che doveva venire con la speranza racchiusa nel mio: “Ma dopo?” come sarà?Le nuove generazioni si chiedono che sono stati privati della loro giovinezza. Ma la nostra è rimasta sempre quella? Eppure penso che abbiamo superato molte situazioni, come avere la guerra in casa. Che non è da tutti.
Forse la mia osservazione la posso esprimere come risposta ad un amico di Bologna con cui ho avuto uno scambio sul web del nostro tempo o epoca: <<….a vedere com’era ridotta Francavilla al mare. Certo aveva ragione sua madre, tutto ciò che era liberty fu spazzato e la “Sirena” scomparsa anche dai nostri sogni. Insomma caro sig. Nicola, abbiamo passato la nostra vita da ragazzi e adolescenti magari insieme ma senza che ci si conosceva. E’ stata bella la nostra infanzia? Abbiamo visto la guerra, ci siamo immersi in avvenimenti più grandi di noi. E’ servito alla nostra formazione? Direi di sì. Forse si sono acquisite energie e consapevolezze prima del tempo. Si pensava sempre al nostro futuro.>> …Avevamo dodici o tredici anni…!!
Non scriverò quel libro che molti mi hanno pregato di farlo. La vita del Chieti calcio non è episodica e bisognerebbe seguirla quasi puntata per puntata. Tutti i racconti già scritti li riunirò tutti nel web, La possibilità che il sistema ci dà è quella di appunto di seguirla sempre, sarà sempre aggiornato, con un solo difetto…poi ho accertato… che dopo qualche anno molti articoli saranno cancellati…o messi da parte. Comunque il “mai dire mai” è d’obbligo. Nello stesso tempo sarà una massima magari impropria <<Nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma>>come diceva il famoso scienziato.
Come storia contemporanea, si può descrivere, ritornando indietro, al periodo del Natale di guerra (1943), come storia contemporanea. Intendo aprire una finestra e rappresentare il periodo attorno appunto a quella solennità e stilare avvenimenti che allora erano abbastanza diversi.
In tempo di guerra si può parlare del Natale di allora?
Tempi duri per tutti specie per quelli come me si avvicinavano all’età adulta, ma che veniva frenata dagli eventi che ci avevano portato la guerra in casa.
Natale 1943, se si pensa che una città come Chieti con circa trentamila persone ne accolse circa settantamila, con enormi problemi di ogni tipo. Eppure si dimenticò quella situazione e tutti si raccolsero attorno al presepio dove si radunarono per cercare di rivivere la nascita del Bambino. Esisteva sì la figura di Babbo Natale ma solo nelle poche dimostrazioni pubblicitarie che c’erano, di origine Nordica e festeggiata non solo dai popoli anglosassoni, non ancora prendeva piega nel nostro paese. Come l’Albero di Natale. Ma successivamente prese piega anche tra di noi facendone un simbolo natalizio insieme al presepe.
Ma era vero Natale anche molte cose non l’avevamo rispetto alla civiltà consumistica dei nostri tempi?
Intanto il campo sportivo della Civitella aveva spostato gli spogliatoi nella costruzione dietro la porta lato Seminario.
Dopo lo sbarco in Sicilia degli Alleatisi si presagiva qualche sospensione del campionato che fu sanzionata dopo l’armistizio dell’Italia dell’8 settembre. Fino a Natale c’erano stati molti avvenimenti e della squadra cadde un velo di tristezza, anche se qualcuno dei giocatori locali saggiavano il campo della Civitella, così tanto per mantenersi in allenamento. Solo agli inizi dell’anno dopo il mancato sfollamento si riunirono in diversi per qualche incontro amichevole specialmente con una rappresentativa militare Tedesca e se non ricordo, ero presente dietro una porta ma la partita fu sospesa per incidenti.
C’era anche la polizia militare tedesca e, questo me lo ricordo, si sparò qualche colpo in aria per intimidazione. Comunque le truppe occupanti presentarono diversi giocatori che erano fortissimi e nonostante il fronte a pochi metri, avevano anche il tempo per una partita di calcio. La cosa durò pochi mesi perché gli alleati ovvero la Nembo entrò a Chieti il 10 giugno e il 25 luglio 1944 e la squadra locale s’incontrò con una rappresentativa dell’esercito italiano (68° Fanteria)-dal libro di Rocco Di Tizio- poi successivamente il 25 luglio con la rappresentativa dell’8^ armata inglese.
Ma chi erano i giocatori all’epoca? Dobbiamo rifarci ai giocatori locali che fecero parte dell’ultimo campionato di serie C, con molte riserve che erano a disposizione. Vorrei menzionarli qualcuno dei “locali” e sicuramente erano: i portieri Novelli e Di Luzio Mario, Basciani Domenico, Di Renzo Enzo, Di Clemente Lelio e Tullio, Melilla, Marcozzi, Mirra Giulio Cesare, Paciocco Mondino, Pinti, Sammartino, Rota Alfio Tiriticco Renato, Zanterini e forse altri che ho dimenticato.
Nei cinema della città si proiettava a periodi differenti diversi film come “LA CORONA DI FERRO” con Gino Cervi, Luisa Ferida, Elisa Cegani, Osvaldo Valenti oppure VIVERE con Tito Schipa, Nino Besozzi, Caterina Boratto; AVANTI C’È POSTO con Aldo Fabrizi, Andrea Checchi, Adriana Benetti; OSSESSIONE con Clara Calamai, Massimo Girotti.
All’epoca c’erano anche qualche film francese con Jean Gabin e con Viviane Romance (“Carmen”) ma mi pare che avessero proiettato anche un film con Ingrid Bergman (Forse si chiamava “Sola una notte”?). Intanto le compagnie Osiris con “sogniamo insieme” e Totò con “Orlando curioso” di Galdieri si facevano notare specie nel Nord e nei teatri principali.
I giornali e i “film Luce” ci informavano di tutti gli avvenimenti bellici e nei documentari il brano di musica classica “Cavalcata delle Valchirie” di W.A.Wagner accompagnava il volo degli aerei italiani che, sorvolando il mare Mediterraneo, si dirigevano verso gli obiettivi prefissi.
Il Corso Cinema era il principale ma non molto capiente anche se aveva il piano superiore, molto fumoso che si faceva fatica a vedere il film, ma erano i migliori dell’epoca e poi l’Enal, abbastanza vasto ma freddo con le sue colonne di marmo e poi l’Eden, caratteristico abbastanza mal messo con il suo pavimento in legno (molto rumoroso) con due sole file (di circa sei o sette posti entrambi). Però aveva delle balconate prospicienti la sala di proiezioni che gli davano un aspetto di “bella epoca”.
Allora la stampa con i giornali e le riviste erano diversi e ricordiamo il “Corriere della Sera”, “Giornale d’Italia”, “La Stampa”, “La Nazione”, “L’Osservatore Romano”, “Il Popolo”, “Il Popolo d’Italia” ed anche “Il Telegrafo” e tante altre locali, poi tra le riviste dette di guerra ricordiamone alcune: “Omnibus”, “Oggi”, “Tempo” e poi la “Domenica del Corriere” con le tavole di Achille Beltrame, il “Corriere dei Piccoli” con il sig, Bonaventura e Marmittone e “Cinema”, “Cronache della guerra”, “La piccola italiana”, “Gente nostra” e tante altre ancora con qualche rivista tedesca in lingua italiana.
Intanto nel campionato di Serie A si affacciava alla ribalta una squadra: il Torino. Al mese di aprile vincendo a Bari con un gol di Valentino Mazzola, questa squadra ha vinto il primo dei cinque scudetti consecutivi e che la consacrò come il “Grande Torino” che perirà nella tragedia di Superga.
In Serie B il Modena ed il Brescia furono promossi ma non ci furono retrocessioni, in seguito allo sbarco alleato in Sicilia il Palermo fu escluso dal campionato. La guerra riavvicinava a grandi passi fra noi.
La guerra incalzava e le nostre preoccupazioni aumentavano. Gli alleati erano sbarcati in Sicilia e ci si chiedeva se veramente qualcosa stesse per succedere attorno a noi. Giornali, notiziari e racconti di testimoni ci stavano dimostrando che i famosi venti di guerra potevano giungere fin dentro le nostre case. Si parlava di armi segrete e la situazione rimaneva molto tesa.
Siamo sommersi da telefonini vari e suoi derivati e gli auguri sono effettuati adesso con questi mezzi di comunicazione.
Il telefono non ‘c’era, naturalmente riferito alla massa delle persone ed ancora al di là da venire.
Almeno per quel che mi riguarda, si è aspettato diversi anni (1950?). Però quello pubblico esisteva con gli appuntamenti nelle varie sedi telefoniche di varie località.
Da qualche film si intravedeva un telefono, attirando la nostra attenzione, specie al tempo dei telefoni bianchi, appunto al cinema.
Per le operazioni militari in Italia ci pensava Radio Londra e in Italia Radio Bari. Non tutti avevano la radio ma a quel tempo ci si ingegnava con la “radio a galena”. Ricezioni pessime con cuffie autarchiche cioè (abbastanza mediocri) ma qualche notizia si riusciva a captare.
I dischi quasi introvabili tutti a 78 giri e giradischi da museo a carica a molle con la manovella, puntine d’acciaio di ricambio. Per i ricambi e la carica veniva incaricato un volontario non ballerino. I cantanti alla Carlo Buti ci dilettavano e con un Alberto Rabagliati, reduce da Hollywood, che ci diede una scossa di oltreoceano e di modernità. Solo dopo poco si ebbero i giradischi con sistema pick-up. Si andava verso un sensibile progresso in questo campo. Ma quanto si dovette aspettare!
Ma quante cose non avevamo eppure nella nostra giovane età, eppure si aveva la consapevolezza di vedere il sereno nella nostra vita.
L’auto era qualcosa, noi dicevamo <<da signori>> questo perché eravamo ancora inchiodati allo slogan dell’allora regime e cioè<<se potessi avere ..mille lire al mese!!!!>>. La cosa che ci fece coraggio era l’età da ragazzo e sempre in attesa di cambiamenti che erano nell’aria. Naturalmente si pensava solo a vivere per l’età che si aveva, senza pensare naturalmente all’auto. Poi c’era sempre la scuola. In quel periodo cadde il fascismo (luglio 1943) si cancellò l’appuntamento del sabato fascista anche per noi balilla per noi balilla. Dopo pochi mesi (primi di settembre) ci fu la fondazione della RSI con il Fascismo repubblicano, ma nessuno parlò di quell’appuntamento del sabato. Già i primi cambiamenti al nostro modo di vivere la gioventù. Eppure a qual tempo l’essere il sabato pomeriggio a disposizione, era un togliere la libertà a ragazzi come noi che nel pomeriggio stesso avevamo sempre gli appuntamenti con lo sport che avevamo deciso di praticarlo.
Però diversi avevano la radio e gli spettacoli venivano seguiti dal nostro pensiero che era indirizzato a ciò che si vedeva nei film. Noi a casa avevamo una CGE, che è qui rappresentata come copia, e che somiglia moltissimo a quella che avevamo.
Ecco l’immaginazione degli spettacoli radiofonici ci portava a credere a qualcosa come il cinema ovvero alla televisione. Qualche giornale ne parlavano di questi apparecchi che cercavano di sostituire le pellicole. Niente film a colori. Solo qualche tempo dopo era possibile una visione di un film, con l’aiuto di speciali occhiali di cartone e lenti plasticate a colori. Ci veniva distribuito al botteghino del cinema.
Era un sistema divertente ma scarsi i risultati. Era solo un esperimento.
La Tv era una cosa che si sapeva che c’era ma sembrava quasi sperimentale e i film americani ce li descrivevano abbastanza. La Tv approdò negli Stati Uniti nel 1940, mentre in Italia ufficialmente nel 1954. Poi per il colore non ne parliamo perché siamo stati tra gli ultimi tra 1976-77 e con i canali contendenti a colori PAL e SECAM. Veramente uno stillicidio.
Insomma a Natale c’era solo la volontà di continuare la nostra strada poi qualcosa verrà anche per noi.
Però vorrei tornare ad allora anche modo di vita tribolato ma con una forza d’animo che noi minori avevamo e i nostri genitori ci davano la forza per raggiungerlo.
Il Natale di guerra deve essere inteso come avvenimento per la città di Chieti, allora. Si sapeva che sarebbe stato diverso dagli altri. Si aspettava sempre l’arrivo degli alleati!
Intanto in città le truppe di occupazione si comportavano come procacciatori di mano d’opera di uomini da destinarsi al fronte per opere di scavo o altro.
Nessuno di noi può dimenticare il prelevamento coatto da parte di nuclei armati che, anche a Natale, aspettavano la fine della messa per “prelevare” uomini e caricarli su camion e diretti poi chissà dove. Insomma c’era anche l’aiuto di qualche collaboratore che a fine conflitto, ha pagato queste sue prestazioni.
A noi studenti, anche se giovanissimi, erano state consegnati dei lasciapassare di colore verde, ma non sempre queste disposizioni sono state rispettate.
Il 18 dicembre uscì un manifesto del Comune per l’evacuazione di tutti gli sfollati rifugiati nella città. E’ vero che in città la situazione era complessa anche per la situazione igienica. Come tutti sanno la città accolse un numero spropositato di follati. L’arcivescovo Venturi intervenne presso le autorità militari e con la Santa Sede, perché il problema sfollamento della città stava sempre presente, Fu rimosso dopo qualche mese. Ci si stava preparando per questa festa che abbraccia specialmente il nostro popolo per le continue preoccupazioni che avevamo, tra le quali il nostro aereo notturno che veniva a farci visita abbastanza spesso. Poi i cannoneggiamenti erano frequenti di notte.
Fino a Natale c’erano stati molti avvenimenti e della squadra di calcio cadde un velo di tristezza, anche se qualcuno dei giocatori locali saggiavano il campo della Civitella, così tanto per mantenersi in allenamento.
Solo agli inizi dell’anno dopo il mancato sfollamento si riunirono in diversi per qualche incontro amichevole specialmente con una rappresentativa militare Tedesca e se non ricordo, ero presente dietro una porta ma la partita fu sospesa per incidenti.
Quell’anno eravamo tutti distratti dagli avvenimenti che la città stava vivendo. Che cosa avevamo, ben poco. Si pensava solo ad uscirne vivi e liberi da quel momento che ci sentivamo oppressi. Anche per i ragazzi come me. Certo si andava a scuola ma come. Le preoccupazioni degli insegnanti si sentivano e si palpavano e non sfuggivano alle nostre osservazioni. Stavamo crescendo non manipolando i vari aggeggi elettronici ma anche noi ci dovevamo adeguare alle situazioni, cioè crescere in fretta. L’abbiamo fatto
Io che vedevo quasi giornalmente transitare i mezzi delle truppe “occupanti” dirigersi verso il fronte Adriatico - direzione Ripa-Tollo-Miglianico, non ero certamente entusiasta di vedere traffico. Forse ci si divertiva a vedere “de visu” mezzi da battaglia che prima vedevo nei documentari “Luce” o nella domenica del Corriere ed invece allora li vedevo a pochi metri dal mio portone di casa. Capivo benissimo quanto accadeva. Più volte passavano davanti casa, più si allontanava il tempo di ritornare nel nostro mondo, questo lo vedevo, lo sentivo, lo leggevo, ascoltavo, meditavo.
Si sapeva che nella zona di Ortona era proprio una zona di combattimento e alla vigilia di Natale, voci incontrollate, riportavano che ad Ortona era in corso una battaglia tra canadesi, polacchi ed altri alleati e tedeschi. Non si parlava di truppe italiane, ma questo avvenne dopo vari mesi. Doveva essere fondamentale, ma non fu così e le nostre illusioni durarono solo il tempo del Natale. Si diceva che il fronte poteva avanzare anche subito. Ci fu una specie di euforia, tanto fra qualche giorno saremo liberi. Invece le nostre illusioni furono riportate a zero. Ci aspettava ancora molto tempo e poi si seppe quante vite umane furono distrutte in quel settore del fronte.
Nel Natale ci si rifugiava con qualche speranza, dove si poteva trovare conforto, consci delle nostre tradizioni, specie in questa ricorrenza. La vigilia era trascorsa aspettando la notte giocando tutti alle carte o al mercante in fiera, alla tombola insomma riunendo grandi e piccoli. Ma nulla fece presagire un’imminente avanzata del fronte.
Per le incursioni del solitario aereo, sono state effettuate delle ricerche in merito perché in Italia Settentrionale ci fu la stessa situazione di un aereo che chiamarono “pippo”. Per il nostro non se ne seppe molto e ci si deve basare su quanto ricercato per la situazione nel settentrione. La RAF inglese si era specializzata in missioni notturne, con largo uso di artifizi illuminanti con paracadute, lanciati da speciali aerei segnalatori, cosa che non avvenne nel caso dell’aereo solitario sui nostri cieli, poi gli aerei tornavano alle loro basi nel sud Italia;
Il prolungarsi di missioni ininterrotte dovevano stancare il nemico, innervosirlo secondo i dettami del Psycological Welfare Services, molto usati dagli alleati nella Seconda guerra mondiale.
Praticamente erano indisturbati per l’assenza di caccia notturni tedeschi, l’assenza di difesa contraerea quasi assente e solo le mitragliere potevano reagire a bassa quota.
Il progetto e i compiti assegnati al nuovo servizio di disturbo notturno, erano in verità piuttosto limitati ed avevano aspetti pratici tenendo costantemente in allarme e colpire il traffico notturno di mezzi militari che veniva si svolgevano nelle vie che portavano al fronte Adriatico. Provocare nervosismo e difficoltà, secondo la nostra impressione, anche per il tentativo di colpire, per esempio, il comando militare tedesco che si era stabilizzato nel vecchio ospedale civile di via Valignani.
Ma a questo compito ci pensavano le varie cannonate che arrivavano dalla zona del fronte.
Dopo qualche cannonata, una mattina ci accorgemmo che un proiettile aveva colpito una larga finestra dell’ospedale, distante pochi metri dalla nostra abitazione. Dalla via Valignani a pochi metri dall’edificio si vedeva benissimo un enorme buco e sembrava ricevere la cannonata dal mare. Navi al largo di Francavilla - Pescara? Nel gruppo di persone che si erano assiepate per commentare ci fu una discussione. Diversi erano sicuri che il colpo, dall’impatto, fosse partito dalla zona della linea Adriatica - Gustav. Però sembrava anche di un’altra traiettoria. Quindi si ipotizzava che gli alleati-canadesi avessero piazzato cannoni sul costone del fiume Moro a Ortona nella zona di villa Rogatti. Da alcune notizie frammentarie delle varie radio (a galena?) In effetti gli altri colpi ricevuti nella zona di Via Valignani-Sacro Cuore Sant’Anna indicavano dall’impatto perpendicolare ad un piazzamento dei cannoni sul fronte Adriatico - Gustav.
Allora si indicò la zona del fiume (!) Moro in quel di Rogatti di Ortona.
Dopo qualche tempo, andai a visitare il posto ipotizzato con un mio nipote che abitava nella località indicata, con la sua famiglia proprio a pochi chilometri dal fiume, Villa Rogatti di Ortona. Mia impressione: mi si è presentato il fondo, dei due versanti Ovest-Est, con un ruscello-quasi torrente. Esclamai: ma questo è il famoso fiume Moro? Mio nipote mi disse che i cannoni rivolti verso la nostra zona furono piazzati verso Nord sul versante del fiume. Erano lì allora sul versante sud, ci hanno preoccupato per tutto l’inverno 1943-44, con danni ai fabbricati e perdite umane.
Mio nipote allora:<< però quando pioveva diventava un fiume che all’epoca era diventato anche largo rendendo difficile la traversata delle truppe.>> Risposi che la storia ci ha dimostrato che gli alleati-Canadesi erano fermi perché la linea del fronte a Cassino era bloccata, in attesa di eventi militari che avvennero dopo. Ma altri eventi fecero sì che solo con lo sbarco in Normandia tutto cambiò nel fronte italiano.
In alto a sinistra, tre balconi con persiane. Nostro posto di osservazione, con veduta del Mar Adriatico, per il famoso aereo notturno specie tempo sereno e con luna. In fondo caserma Vittorio Emanuele poi Spinucci.
Ritornando all’aereo, la cosa ci “affascinava il suo continuo girare” e guardando in alto (non si riusciva a vedere molto, anche se doveva essere a quota abbastanza bassa) un pensiero anche al suo pilota con i suoi <<timori e responsabilità>>, ma nello stesso tempo ci si preoccupava per gli effetti disastrosi che poteva avere da un momento all’altro lo sganciamento di bombe a anche di piccolo calibro o spezzoni. Quante cose vorremmo sapere anche adesso, dell’andamento come sono andate diverse vicende. Ovvero ci sono state sì dei racconti, penso però che la storia di quel periodo non sarà dimenticata del tutto. Come la 1^ guerra mondiale, ancora adesso ci sono libri che raccontano diverse fasi sconosciute ai più. Magari ci sono delle situazioni che vengono fuori ma similari. Agli appassionati di storia la costanza è sempre la forza per sapere sempre la verità. Molto difficile, ma si tenta sempre.
Per l’aereo, vorrei sempre sapere chi era il pilota, solo o con equipaggio?
Pilota alleato o anche italiano? Veniva sempre quasi a luna piena, come un lupo mannaro, forse per sganciare a vista (!) sui vari comandi o mezzi militari tedeschi in città e non colpire abitazioni? L’aereo, da quanto effettuato nelle ricerche sembrerebbe che avesse dei dispositivi di avvistamento notturni.
Ogni tanto la batteria mitraglietta contraerea che stava sulla torretta del vecchio Ospedale, sede di un comando tedesco, interveniva ma senza effetto perché l’aereo non era così imprudente di volare basso.
Poi pensammo che la mitraglia poteva fare ben poco al contrario delle batterie dei cannoni, che erano piazzati a Chieti Scalo (Celdit) con ben altra gittata e potenza.
Due scoppi ci fecero sussultare e ci richiamava alla realtà, una bomba colpì un grosso palazzo a noi molto vicino a fianco dell’Istituto Industriale e un’altra nella zona del cimitero di S. Anna.
Il pranzo doveva essere a base del “cardone” tipico piatto abruzzese di brodo di cardi con uovo sbattuto e brodo di tacchino con palline di carne da mischiarsi con il brodo cardo tagliato a pezzettini.
Se ricordo bene, il cardo era quasi introvabile se non nelle campagne circostanti la città. Però mia madre e mia nonna riuscirono nell’intento.
Questa tradizione è stata da me mantenuta sempre. Venendo nel Nord si credeva che fosse difficile trovare questo cardo, ma la cosa non fu molto difficile e la tradizione poté continuare.
Avevamo i torroni di fichi secchi e si potevano gustare i magnifici dolci che si facevano in casa, con le varie torte che, anche in tempo di razionamento, si potevano confezionare. Il forno, vicino a casa, in quel periodo era occupatissimo a sfornare tegami, teiere a non finire.
Naturalmente c’erano anche il panettone e il pandoro ma non con questa produzione e distribuzione che esiste ora. Allora si trovavano nelle pasticcerie o latterie, a dire la verità, non molte numerose nella città. Eravamo in guerra con tutte le difficoltà del rifornimento. Forse è anche difficile raccontare l’atmosfera che la presenza in città di una così numerosa popolazione, non dimenticando che si era in regime di autarchia. I torroni erano introvabili perché non c’erano laboratori nelle vicinanze che li confezionavano, non avendo neanche le materie prime. Allora qualche piccolo imprenditore avendo a disposizione partite di fichi secchi (forse comperati presso gli sfollati che avevano portato con loro molte provviste) aprì laboratori per torroni, con qualche mandorla pure racimolata. Devo dire che erano ottimi ma la cosa, siccome aveva avuto successo, dopo qualche tempo fu surclassata dall’avvento del torrone mandorlato per cui si era organizzato appena passato il fronte. Con il passar degli anni ho tentato invano di trovare quel tipo di torrone del Natale 1943, ma oltre a non essere lo stesso, non aveva più l’atmosfera di disagio e di novità di quell’anno, vero Natale di guerra. Forse anche la fame e per la mancanza di scelta.
Spumante, ma cos’era, c’erano le bottigliette di gassose con tappo in gomma, era più igienico ma poco moderno? No era la mancanza della materia prima! Io e mio fratello eravamo già quasi grandicelli e le letterine che alla scuola ci facevano compilare per il bambino Gesù ci mancavano sotto il piatto del genitore. Però i nostri auguri ai genitori li facevano quando ci si sedeva a tavola e cominciare a gustare il cardone.
Alla tavola mancavano molte cose ma il tutto lo si prendeva con spirito di adattamento. Ma non ci si lamentava perché eravamo consci della situazione della città.
Poi però non mancava il presepe. Era abbastanza movimentata la preparazione e insieme a mio fratello, quasi coetaneo, nella costruzione del presepe. Non mancavano figure in movimento, tipo calzolaio, la donna che va al pozzo, il maniscalco. Mio fratello era dotato più di me per approntare il loro movimento che veniva da delle funicelle e piccoli verricelli che quasi s’intrecciavano. Il presepe per me è un’Istituzione e la mantengo anche oggi. Il mio angolo con capanna e pastori sono ancor incartati e tra giorni li farò rinascere. Magari in un angolino ma ci sarà! L’albero ha preso piede e avrà il suo posto con le sue illuminazioni intermittenti e forse qualche stella avrà sempre il suo posto.
MA DOPO?
23 dicembre 1943
Inizia l’attacco “decisivo” lanciato da Montgomery verso Orsogna (CH) che però non capitola e, dopo pochi giorni, il generale inglese viene richiamato in patria, per preparare lo sbarco in Normandia.
24 dicembre 1943
Anche a Ortona è Natale. Stremati da lunghi giorni di incessanti combattimenti, sia i Canadesi che i Tedeschi si lasciano andare a un pasto caldo e i Canadesi addirittura allestiscono una sorta di refettorio.
Discorso di monsignor Giuseppe Venturi durante la Messa della notte di Natale, nella quale rievoca la sua visita al Papa e la risposta confortante.
A Chieti sono affluiti anche ebrei che scappavano dal nord e dall’Austria e che sono stati aiutati a fuggire, con la complicità di guardie confinarie, da Polacchi arruolati nell’esercito tedesco.
26 dicembre 1943
Kesselring scrive all’arcivescovo Venturi, sostenendo che Chieti, nell’esclusivo interesse della popolazione, deve essere evacuata.
Nella notte tra il 27 e il 28 dicembre 1943
I Tedeschi abbandonano Ortona con ingenti perdite (soltanto la 1ª divisione paracadutisti denuncia 455 vittime).
31 dicembre 1943
Il generale Montgomery viene sostituito e richiamato in Gran Bretagna. Al suo posto, al comando dell’VIII Armata, viene posto il generale Oliver Leese.
7 gennaio 1944
L’arcivescovo di Chieti riceve il colonnello tedesco Boade, comandante di Divisione che opera nella provincia teatina, che gli comunica l’ordine del feldmaresciallo Kesselring di evacuare la città e lo invita a collaborare per lo sfollamento.
Ma il 27 gennaio 1944 uscì un manifesto del Comando militare Germanico in cui si intimava alla cittadinanza l’evacuazione della città entro e non oltre il 13 marzo 1944.
Poi il 3 febbraio un AVVISO del Comandante del Presidio germanico, in cui si indicavano tutte le disposizioni nel tempo con varie sezioni, lo sfollamento.
Il 7 febbraio il podestà della città indicava le modalità di sfollamento degli ammalati intrasportabili. Dopo qualche giorno di colloqui ad alto livello il 10 febbraio 1944 il Comandante del presidio di Chieti Dott. Fuchs, generale comandante con un manifesto-appello: Desiste dallo sfollamento obbligatorio della città di città di Chieti.
Io ho voluto descrivere le fasi burocratiche, amministrative ed anche politiche che sono state vissute, date che avevo già scritto di questi avvenimenti e conservate e che poi sono descritte nel libro di Angelo Meloni, “CHIETI città aperta, sulle vicende belliche del 1943-44” Stampatori a Pescara Donato e Nicola De Arcangelis.
Di questo sfollamento si sapeva tutto e quasi niente. Ci fu, nel frangente, una riunione di famiglia tra i nostri parenti per organizzarsi sul da farsi. Non si sapeva come si sfollava. Dove si andava? Nelle vicine Marche o Lazio?Si era deciso, tra i nostri parenti, di costruire carrellini, ma tutto era vago e si aspettavano altre notizie. Avevamo negli occhi gli sfollati che venivano da noi, senza indicazioni, con carretti carichi di masserizie ed anche di qualche vettovagliamento. I trasporti da chi erano organizzati?Non ho visto niente di simile. Il detto “Ognuno per sé” e “Dio per tutti” era la legge del momento. Forse qualche treno era stato organizzato per l’Italia settentrionale, ma non si avevano notizie precise.
Questa la situazione con qualche accenno dal Comune o altre organizzazioni non ben definite.
I rifornimenti allora erano un problema, ma i VVFF di Chieti furono superbi in precedenza nell’organizzare mezzi per fornirsi di farina o grano dalle vicine Marche, mi ricordo il nome della località Morro d’Oro. In uno di questi viaggi, allora molto pericolosi, ci fu un attacco aereo e un vigile perse la vita. Proprio prima di Natale. I funerali furono solenni e seguiti da tutti i cittadini.
Ma c’erano le autorità? Epoca confusa. Prima del Natale ci fu un cambio “Istituzionale” fu fondata “La Repubblica Sociale Italiana il 23 di settembre 1943 a Salò in provincia di Brescia. Aveva la giurisdizione su tutta l’Italia ancora occupata dai tedeschi con esclusione di alcune provincie del NORD.
Dopo poco fecero l’apparizione sulle strade alcune pattuglie della GNR repubblicana e solo allora si capì che l’Italia era divisa in due, di là del fiume Sangro si chiamava Regno del Sud, riferimento al fronte Adriatico.
I giornali e i “film Luce” ci informavano di tutti gli avvenimenti bellici e nei documentari il brano di musica classica “Cavalcata delle Valchirie” di W.A.Wagner accompagnava il volo degli aerei italiani che, sorvolando il mare Mediterraneo, si dirigevano verso gli obiettivi prefissi.
Il Corso Cinema era il principale ma non molto capiente anche se aveva il piano superiore, fumoso che si faceva fatica a vedere il film, ma erano i migliori dell’epoca e poi l’Enal, abbastanza vasto ma freddo con le sue colonne di marmo e poi l’Eden, caratteristico abbastanza mal messo con il suo pavimento in legno (molto rumoroso) con due sole file (di circa sei o sette posti entrambi).
Sempre nel periodo natalizio, nei cinema della città si proiettavano film come “LA CORONA DI FERRO” con Gino Cervi, Luisa Ferida, Elisa Cegani, Osvaldo Valenti oppure VIVERE con Tito Schipa, Nino Besozzi, Caterina Boratto; AVANTI C’È POSTO con Aldo Fabrizi, Andrea Checchi, Adriana Benetti; OSSESSIONE con Clara Calamai, Massimo Girotti.
All’epoca c’erano anche qualche film francese con Jean Gabin e con Viviane Romance (“Carmen”) ma mi pare che avessero proiettato anche un film con Ingrid Bergman (Forse si chiamava “Sola una notte”?).
Fino a Natale c’erano stati molti avvenimenti e della squadra cadde un velo di tristezza, anche se qualcuno dei giocatori locali saggiavano il campo della Civitella, così tanto per mantenersi in allenamento. Solo agli inizi dell’anno dopo il mancato sfollamento si riunirono in diversi per qualche incontro amichevole specialmente con una rappresentativa militare Tedesca e se non ricordo, ero presente dietro una porta ma la partita fu sospesa per incidenti.
Tutta questa piccola storia ha una morale.
Qualche giorno fa in un negozio di elettronico ed informatica mi trovavo nel reparto telefonico e smartphone, mi sono ritrovato accanto ad una bambina, che doveva avere non più di quattro anni. Era intenta a smanettare uno smartphone con una velocità abbastanza inusuale, sembrava avere una dimestichezza che per una bambina di quella età. Il suo genitore le era accanto ma non diceva assolutamente nulla, osservava. Io mi sono soffermato e ho pensato se avevo molti anni avanti o indietro? Secondo me sono gli anni che segnano il tempo e il suo continuo progresso, con diverse riflessioni riferite ai tempi odierni. Forse la bambiana non si è accorta che aveva a che fare con un nuovo mondo che viene avanti perché anche noi allora avevamo davanti qualcosa che dovevamo conoscere ma che abbiamo potuto conoscere dopo. Il nostro smartphone noi l’abbiamo conosciuto solo dopo!!Tutto ciò che abbiamo per le comunicazioni, che dovrebbero migliore la vita, possiamo averle già adesso.
Ma sarà così!?
Scritto da Licio Esposito il 2 gennaio 2010.
Prologo disegno Natale da Ilaria 2016