DOMENICA 538 PANCHINE NEROVERDI 
(F.Z.) Se tutto andrà bene, doppia festa domenica in occasione di Chieti-Avezzano: la promozione in Serie D coinciderà con le sue 538 panchine. Tante sono le partite del Chieti che Giacomo “Mino” Ianieri ha seguito da bordocampo. All’inizio come secondo di quello che un tempo veniva chiamato il “massaggiatore”, poi da principale fisioterapista della squadra, adesso come dirigente accompagnatore e ascoltato membro dello staff sanitario. Una vita a colori neroverdi. <Proprio così – racconta Mino nato a Casoli il 19 maggio 1954 – perché negli anni della mia adolescenza nei paesi della provincia di Chieti era diffuso il tifo per la squadra del capoluogo e mio padre già nel ’62 mi portava alla Civitella, sui gradoni del prato, a seguire le partite. La prima gara alla quale ho assistito credo sia stata un Chieti-Campobasso. Fu il mio primo contatto visivo con il Chieti e scoccò subito la scintilla di una passione che sento ancora dentro di me. Poi sono diventato raccattapalle, su finire degli anni 60. Erano i tempi di Gramoglia, Bianchini, di tanti altri grandi giocatori. La serie C allora era un approdo professionale molto importante>. Esperienze molteplici e studi che hanno spaziato in vari ambiti. Le sorprese (tante) nel racconto di Mino non mancano.
<Attorno al 1972-73 sono stato arbitro arrivando a dirigere gare di prima categoria. Ho preso il diploma di ragioneria all’Istituto Tecnico Commerciale Galiani e quando mi sono iscritto ai corsi di fisioterapia ero uno dei pochi in possesso di un titolo di scuola superiore. I corsi li ho seguiti a Pescara e a Teramo, poi mi sono laureato in fisioterapia, tesi discussa con il professor Leonardo Vecchiet, il corso di laurea era in scienze riabilitative delle professioni sanitarie. Successivamente ho anche conseguito la laurea specialistica all’Aquila e quella in storia e filosofia presso la facoltà di lettere a Chieti>. Perché, non ci si crederebbe essendosi dedicato a tutt’altro, una delle grandi passioni di Mino, è la storia. <Mi piace in particolare quella dell’età medievale>. Ma torniamo al calcio e ai muscoli dei calciatori.
Prima esperienza professionale con i ragazzi del Sant’Anna. <Nel 1976. Nel ’77 in serie C l’arrivo al Chieti con Toni Giammarinaro allenatore. Qui ho avuto un grande maestro di fisioterapia, Doriano Ruggieri, tant’è che subito dopo dal Chieti passò a lavorare nella Lazio. Altri dai quali ho appreso tanto sono stati Mario Morelli a Roma e i fratelli Carmando. Nel campionato ’77-78 ricordo la prima trasferta a La Spezia, il ritiro a Lerici con il panfilo di Albino Buticchi parcheggiato davanti al nostro albergo. Poi, si era all’inizio del girone di ritorno, trasferta ad Arezzo, Doriano è a letto con la febbre e Volpi, che aveva sostituito Giammarinaro, mi chiama dandomi la notizia che sarei stato io il fisioterapista titolare. Da quel giorno ho cominciato a svolgere in prima persona un incarico che svolgo tuttora, pur avendo ufficialmente un’altra veste e una diversa responsabilità>.
Tanti allenatori, tanti calciatori. Parlaci delle tue personalissime impressioni e dei tuoi giudizi. <Resto affezionato a Toni Giammarinaro per la semplice ragione che è stato il primo tecnico con il quale ho collaborato nel Chieti. Non dimentico la processione dei tifosi del Torino che venivano a salutarlo l’estate in cui fummo in ritiro all’Asta Hotel di Asti. La gente granata ricordava perfettamente il Giammarinaro in campo con la maglia numero 10 dopo la sciagura di Superga. Forte fu anche il legame con Ezio Volpi, un rapporto cementatosi nel corso della sua seconda esperienza alla guida del Chieti. Tra l’altro quella che Ezio riportò in serie C1 credo sia stata la squadra più forte che io abbia mai visto. Una vera amicizia, perché dal piano professionale si passò a una profonda stima personale e a una sintonia dal punto di vista umano, c’è stata con il compianto Dino Panzanato, all’inizio degli Anni 80, in C2. Un grande feeling l’ho avuto con Tom Rosati nella stagione del suo ritorno, proprio dopo l’esperienza di Panzanato. Di Tom conservo questo ricordo: un mattino, ero appena tornato dalla Thailandia dopo il viaggio di nozze, mi chiamò perché aveva assolutamente bisogno di me. Risposi: Tom sono da poco rientrato a casa, e gli spiegai tutto. Non volle sentire ragione. Ma ero talmente legato a lui che finii con l’andare. Quanto a giocatori, sono andato d’accordo con tutti, tranne che con due. Mi sento ancora con Salvori e Morganti, ai quali resto affezionato. A Torrisi mi ha legato in modo speciale la comune passione per la caccia, con Giovanni Pagliari  il rapporto è stato abbastanza contrastato, direi fatto di odio/amore. Altro calciatore con cui conservo fraterna amicizia è Gigi De Canio. I due dell’altra lista? Posso fare i nomi senza nessun problema: Beccaria e Menconi che aveva di sé una considerazione smodata>. 
C’è anche l’attualità cui dare uno sguardo. <Oggi mi trovo benissimo con Lucarelli. Per la preparazione della partita e la maniacale organizzazione che riesce a dare agli uomini in campo mi ricorda Ezio Volpi>.
E i tanti dirigenti conosciuti in tutti questi anni? <Mario Mancaniello è stato il top, Tragnone e Gorgoretti altri personaggi che è impossibile dimenticare per stile e attaccamento ai colori. La squadra di quel periodo mi è rimasta nel cuore>.
Come è cambiato l’impegno del fisioterapista nel corso del tempo? <In passato si lavorava molto con le mani e bisognava essere bravi nel formulare la diagnosi, era tutto molto empirico, con la tecnologia agli albori. Adesso ci sono mezzi diagnostici di ogni tipo per risonanza, tac, ecografie, il lavoro in teoria è facilitato ma ci vuole sempre la capacità di capire di fronte a quale problema ci troviamo attraverso il contatto manuale. Resta fondamentale>.
Ora il Chieti a chi si affida sotto la tua supervisione? <Ci sono due eccellenti collaboratori, Fabio Di Federico e Antonio Colacicco, faranno sicuramente strada. Stanno crescendo bene. Ho sempre preparato bravi professionisti grazie alla mia ormai lunga esperienza. Devo dire che sette, otto allievi finiti in serie A o nella Premier inglese mi  hanno dato belle soddisfazioni. Soprattutto Claudio D’Arcangelo>.
Tanti anni di attività, chissà quanti episodi e aneddoti ci sono nel cassetto della memoria. <Un’infinità. A Livorno, dopo uno scontro nel quale ebbe la peggio il nostro Berlanda, reagii di fronte alla loro curva, si restò asserragliati negli spogliatoi fino a mezzanotte. A Catania mi misi a fare il raccattapalle per impedire che perdessero tempo, apriti cielo. A Bisceglie mi bruciarono la tuta, a Rende ci consentirono l’ingresso in campo per il riscaldamento solo qualche minuto prima del fischio d’inizio e ci fu un confronto piuttosto aspro. Io mi sento tuttora un ultrà del Chieti e ho dovuto sempre mettere d’accordo la mia anima ultrà con la responsabilità professionale. Uno che mi faceva raggiungere il perfetto equilibrio tra questi due modi di sentire la partita, è stato il grande Claudio Garzelli. Bastava che esclamasse: Mino! Ed io capivo. L’essere tuttora al Chieti è comunque un fatto sentimentale, di cuore>.
Non solo calcio nell’attività professionale di Mino. <Ho lavorato anche con società di calcio a 5, basket, pallavolo e con i piloti del motomondiale ai tempi del team Abruzzo. Quest’anno ho dato una mano anche alla Lux Chieti di pallacanestro. Ho curato calciatori come Borgonovo, Righetti, Carnevale e campionesse come la Vezzali. In 43 anni di professione ho conosciuto persone a non finire, a tutti i livelli e in molte specialità sportive. Sono stato in giro per il mondo, partecipato a gare ed eventi internazionali. Tutto è stato possibile grazie a mia moglie Pina, romana, che non si è mai lamentata delle mie continue e lunghe assenze. E’ stata l’elemento equilibratore della mia vita famigliare>. Già la famiglia. <Ho due figli. Manuel Maria è ginecologo presso l’Università Cattolica, mi ha regalato uno splendido nipotino, Alessandro. Francesca Romana è psicoterapeuta, lavora a Pescara ed è la compagna di Giorgio Zucchini, figlio dell’indimenticabile Vincenzo, che del Chieti è stato allenatore e giocatore negli Anni 80. Hanno avuto un bimbo che si chiama Vincenzo, proprio come il nonno paterno. Io la considero una bellissima scelta>.

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