Quante serate passate a sentire i racconti di mio padre sui derby infuocati con la squadra della costa alla Civitella! Storie che alle mie orecchie di bimbo di terza elementare sembravano leggendarie, quasi finte se rapportate al presente, un presente che ci vedeva separati da ben quattro categorie.

Correva l’anno 1985 ed io mi ero ammalato di neroverde da poco, vedendo la mia prima partita all’Angelini. Da quei racconti paterni traevo immagini, suoni, emozioni di cui nutrivo la mia mente e che pensavo di non poter mai vivere in prima persona.

“Prima di morire – dissi una sera a mio padre – vorrei vedere un derby di campionato con i miei occhi.

 Solo vederlo, non mi interessa il risultato, voglio solo vivere le emozioni di cui mi parli” Avevo solo 9 anni, non sapevo cosa fosse la morte, ma avevo capito che il derby per me e la mia città era ed è soltanto uno.

Passano gli anni, si cambia millennio e dopo molti bassi e qualche alto una squadra di ragazzotti guidati in campo da un vero Capitano, tecnicamente da un futuro campione del mondo ed in panca da un Signore distinto ed onesto compiono un miracolo sportivo stravincendo due volte il campionato!

In quel 17 giugno 2001 sul prato dell’Angelini, nel delirio della promozione, ripensai a quelle parole dette sedici anni prima a mio padre… per un attimo rimasi senza fiato, non per quello che stavo festeggiando ma per quello che mi attendeva tra qualche mese….dopo 27 anni infatti tornava il DERBY!!!!!

Certo, c’erano stati due “antipasti” in amichevole, ma il campionato è tutta un’altra cosa!

L’estate non passava mai, orecchie ed occhi fissi su un calciomercato che vedeva smantellare la squadra neopromossa per far spazio ad allenatore e giocatori “di categoria” ma soprattutto la spasmodica attesa per l’uscita dei calendari.

Poi un pomeriggio qualsiasi di una calda giornata di fine luglio, tv accesa (all’epoca internet era il futuro) mentre preparo asciugamano e zaino per il mare una emittente locale chiude il suo tg sportivo con la notizia che aspettavo: “resi noti i calendari di serie C1, prima giornata Giulianova-Chieti,  seconda giornata il derby.”

Mancavano più di cinquanta giorni alla partita ma da quel momento l’attesa non era più la stessa: ora sapevo, sapevamo tutti la data e quel momento che aspettavo dal mio primo vagito emesso al SS. Annunziata era finalmente fissato!

Contavo i giorni come al militare, l’adrenalina cresceva ora dopo ora, avvertivo una sensazione dentro inspiegabile, nuova, bellissima nella sua semplicità. Tutto questo per una semplice partita di calcio?? Eh no, non era solo una partita, era la partita, lo scontro tra una cultura millenaria ed una inesistente, (ricordo che il loro “vate” frequentò il G.B.Vico a Chieti!) tra due modi di essere totalmente differenti, tra Davide e Golia…era CHIETI-pescara!

Domenica 2 settembre, parte il campionato.

Tutti a Giulianova!! Il Chieti perde 2-0 giocando male; sulla strada del ritorno in macchina apprendiamo che la squadra costiera ha strapazzato 4-0 la Fermana e subito, con il solito ottimismo teatino, l’auto si zittisce pensando ad una sicura disfatta la domenica successiva.

Meno sette alla partita, settimana dedicata a divincolarmi dai continui sfottò di alcuni colleghi tifosi della squadra costiera sicuri di stravincere ed a preparare lo stendardo per la domenica.

Non si dorme, o molto poco, le ore sembrano mesi. Finalmente sabato sera, la vigilia… Stasera non c’è voglia di andare a ballare o di andare in qualche pub, c’è solo voglia di parlare della partita, dei timori e delle speranze nascoste in ognuno di noi.

Passeggiata sul colle con sciarpa di ordinanza al collo insieme ai miei amici, tanti come noi hanno fatto la stessa scelta; Chieti è piena di gente (raramente il sabato sera dopo cena c’era così vita) ma in ogni sguardo delle persone che incrocio c’è tensione, concentrazione, voglia di fermarsi a parlare della partita per darsi carica e forza. Un’atmosfera stupenda, indimenticabile, un mix di paura e speranza, benzina pura per la mia adrenalina.

Finalmente domenica 09.09.2001, finalmente ci siamo! Mi alzo alle 7 dopo una notte in bianco e visto che nello spareggio contro il Teramo aveva portato bene, vado alla madonna della neve su al Block Haus, non per pregare ma per cercare di allentare la tensione e concentrarmi in solitudine.

Torno giù solo per un boccone al volo e alle 13.15 sono davanti ai cancelli della Volpi; da lontano (e poi da vicino!) i lacrimogeni sparati per evitare il contatto tra le opposte fazioni mi riempiono gli occhi.

Ore 14, si aprono i cancelli, finalmente si entra!! Curva Volpi e distinti sono tutto un brulicare di preparativi per la coreografia, lo stadio si riempie piano piano…Comincio a realizzare che quel sogno da bambino stava per diventare realtà e mi rendo conto di essere stato bugiardo con mio padre quando dissi che il risultato non mi interessava; mi interessa eccome, io, noi tutti, volevamo solo VINCERE, anche se sembrava pura utopia.

Ore 15.15, squadre in campo per il riscaldamento; il Capitano porta i ragazzi sotto la Volpi per sentire più da vicino la nostra voce, dall’altra parte escono sotto una bordata di fischi i tanto odiati rivali.

Daj uagliò, daj cà ce la faceme! Incoraggiamenti, urla, mani in aria continue….

Ormai siamo alle 15.57, si apre il sipario, comincia lo spettacolo di colori…  comincia lo spettacolo della Volpi!

Mi sentivo il ragazzo più fortunato al mondo, poter essere lì a difendere i miei colori finalmente faccia a faccia contro gli odiati rivali. Troppo teso per seguire la partita (di cui giuro ricordo pochissimo), troppo concentrato a seguire i cori e tutto ciò che accadeva sugli spalti.

Finisce il primo tempo, salomonico 0-0 ,il Chieti gioca bene tenendo testa al quotatissimo avversario ma non punge.

Secondo tempo sulla falsa riga del primo, tutto fa pensare ad un pareggio in bianco quando….quando al 34’ Tisci ha un’ottima opportunità sventata con maestria dal biondo Silvio. Calcio d’angolo, scippo difensivo del Chieti, Mimmo serve Maurizio che non si sa come riesce a difendere palla e gliela restituisce.

Mimmo fa una ventina di metri palla al piede e con un esterno destro di rara bellezza e precisione pesca dall’altra parte del campo Paolo. Zac ha una prateria davanti, il solo Croce (che ora gioca in serie A con l’Empoli) cerca di contrarlo….abbassa la testa e corre, corre, corre per regalarmi l’emozione più grande della mia vita.

Giunto al limite destro dell’area alza la testa e spara un fendente ad incrociare verso il “sette” alla destra della porta difesa da Santarelli; il tiro sembra completamente sballato (ero perfettamente in linea con i pali e questa fu la mia impressione) ma come per magia, come fosse spinto da tutti i tifosi neroverdi che guardavano la partita dal cielo, si abbassa repentinamente, sfiora l’incrocio e si insacca! Goooooooooooooooooooooooooooolllll.

Ore 17.37:Una deflagrazione indicibile investe l’Angelini; tutti si abbracciano, urlano come mai avevano fatto prima nella vita. Io resto fermo, immobile, di ghiaccio, non riesco a parlare, ad urlare…in quel momento quel bimbo di terza elementare  cresciuto con un sogno capisce che i sogni possono diventare realtà.

Zac ci raggiunge per esultare, si schiaccia contro il plexiglass, lo seguono a ruota Porro, Tacchi e via via tutti gli altri compreso la panchina.

Esplodo in un pianto liberatorio, ininterrotto, mentre tutto intorno a me è delirio! Gli abbracci del mio fratellone e dei miei “commilitoni” di curva non mi scalfiscono, non riesco a sorridere, a gioire con i gesti, anche se dentro ho il fuoco!

Altri dieci minuti infiniti di indicibile sofferenza, la terra sembra non girare più intorno al sole, i costieri cercano alcune sortite per rimettere in piedi la partita ma il Dio del calcio ha deciso che a gioire dovevano essere quelli dell’antica e nobile Teate.

Dopo tre minuti di recupero finalmente il triplice fischio!

Un altro terremoto di grida invade gli spalti, stavolta sono grida di liberazione! Le facce tese e speranzose intorno a me lasciano spazio a sorrisi pieni ed increduli per quanto appena accaduto.

Gli spalti si svuotano lentamente mentre il mio sguardo cerca di catturare gli ultimi fotogrammi di un pomeriggio speciale. Sono ormai le 18.30, inforco l’uscita per correre in auto ed andare a festeggiare sul colle; prima di mettere in moto dò un ultimo sguardo al catino infuocato della Volpi, a quel vulcano di suoni e colori che ha abbracciato i ragazzi e li ha spinti a regalarci una domenica indimenticabile, inimmaginabile fino a 360 giorni prima, una di quelle giornate da raccontare a figli e nipotini d’inverno davanti ad un camino accesso con la gioia di poter dire “Io c’ero!”

 

 

 

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