380 presenze e 138 reti in serie A, 17 presenze e 7 reti in nazionale, le esperienze in azzurro nelle sfortunate spedizioni di Euro 1996 e di Francia 1998, una bacheca personale che accoglie  la Coppa Italia e la Coppa Uefa  (di cui è stato anche capocannoniere con otto reti) vinte con il Parma nel 1999 e la Coppa Italia in maglia viola del 2001. Ma per inquadrare il calciatore e l’uomo Enrico Chiesa basta ricordare la sua umiltà e la capacità di rimanere sempre lontano dai rotocalchi rosa e dal gossip nazional-popolare.

Nato il 29 dicembre 1970 a Genova, o per dirla alla Petrarca “superba per uomini e mura”, Enrico cresce calcisticamente sotto l’ala protettrice della Sampdoria di Paolo Mantovani prima di essere mandato in Abruzzo a farsi le ossa.
“Nel 1990 sono stato a Teramo in C2 – ci dice – sotto la guida di mister Gigi Del Neri. Avevamo una buona squadra ma il Chieti quell’anno era veramente troppo forte per tutti e vinse il campionato meritatamente”.

Dopo l’esperienza in biancorosso Enrico non lascia ma raddoppia con l’Abruzzo, questa volta con la maglia giusta.
“Arrivai a Chieti nell’estate 1991: fu Ezio Volpi a volermi fortemente, mi aveva visto in azione a Teramo e gli avevo lasciato un’ottima impressione. Grazie ai buoni rapporti tra il Chieti e la Sampdoria, proprietaria del mio cartellino, approdai in neroverde.” 

Fisicamente gracilino, mentalmente e caratterialmente ancora da plasmare ma con una classe cristallina già luccicante, Enrico si trova a dover superare il primo contatto con la piazza e con un gruppo forte, ulteriormente cementato dalla vittoria del campionato di C2.
“Fu un impatto non facile – confessa – a parte la rivalità con Teramo che si percepiva forte e decisa. Era il mio secondo anno lontano da casa, avevo soli venti anni e per un ragazzino non è mai facile. Aggiungi che quello era un gruppo molto coeso, un’ossatura forte nella quale erano stati inseriti alcuni pezzi nuovi: all’inizio ho fatto un po’ fatica, poi grazie all’aiuto di tutti i compagni mi sono integrato alla grande”

Con chi ha legato x primo?
“Era un gruppo di ragazzi straordinari, gente che aveva calcato i campi di serie A come capitan Morganti o con una carriera importante come Giovanni Pagliari. Con Giovanni ho legato sin da subito, merito del suo carattere molto aperto e scherzoso, poi c’erano Stefano Sgherri, Andrea Pallanch con cui ho condiviso la stanza durante il ritiro estivo. Ne dimentico sicuramente qualcuno ma non voglio far torto a nessuno, era veramente un gruppo splendido.Con Giovanni ogni tanto ci sentiamo, lui mi diceva sempre “ Sei stato fortunato a giocare a calcio con uno come me” e io ancora oggi gli ripeto “Quello fortunato sei stato tu a giocare con Enrico Chiesa”…(ride)

Eppure nei primi mesi Enrico non riesce a lasciare il segno.
“I primi mesi sono stati duri come ti dicevo, ho commesso qualche errore di gioventù e alcuni lati del mio carattere non erano ancora stati smussati a dovere”.

Tra gli errori di gioventù possiamo annoverare anche l’espulsione contro il Fano del 20.10.1991, pare per uno sputo recapitato ad un avversario. Cosa è accaduto in realtà?
“Sinceramente non lo ricordo con precisione, fu un gesto istintivo, del momento. Era un periodo duro per me, non giocavo molto e pensavo di meritare di più . La lontananza da casa aveva il suo peso, con l’aiuto del gruppo e di mister Ezio Volpi sono riuscito a capire e a correggere. Ecco, in un ambiente diverso forse non sarebbe andata così, invece ho avuto modo e tempo per crescere ed emergere. L’esperienza teatina mi ha insegnato molto, io dico sempre che gli errori ti fanno crescere, e Chieti è stato per me un anno di grande crescita personale e professionale, mi ha insegnato a sbagliare sempre meno nella vita”.

29.12.1991 Chieti – Barletta 1-0 arriva il suo primo gol in maglia neroverde: la vittoria sui biancorossi pugliesi porta il Chieti al secondo posto in classifica. Qualcuno di voi sognava il salto in cadetteria?
“Ce la giocavamo con tutti, quella era la nostra forza. Eravamo la sorpresa del torneo e stavamo facendo una gran bella figura, poi arrivarono una sequela di lunghi infortuni a colpire i punti cardini della squadra ed andammo in sofferenza. Aggiungi che nel mercato di gennaio le corazzate del girone (Perugia, Andria, Ternana ndr) si erano di gran lunga rinforzate ed il quadro è completo”.

Il nuovo anno non porta bene ai neroverdi, dopo la sconfitta di Acireale arriva un doppio turno casalingo che poteva lanciare in orbita gli uomini di Volpi: Andria e Perugia.
Due partite giocate bene ed in parte dominate, ma la miseria di un solo punto in carniere: 1-1 contro i pugliesi con un suo gol e una sconfitta bruciante ed immeritata contro i biancorossi. Partita che ancora oggi a Chieti ricordano in tanti.
La partita contro il Perugia fu veramente molto tesa. Ricordo un Guido Angelini gremito con tanti tifosi arrivati dall’Umbria, una gara maschia, scorbutica e molto sentita dalla piazza.  Una di quelle partite che si sbloccano solo con un episodio…”

Si, ma gli episodi furono tutti a favore dei grifoni: un rigore negato e un gol regolarissimo annullato che l’hanno visto protagonista in prima persona e che fecero inferocire il solitamente tranquillo e pacato presidente Mancaniello.
“Vero, purtroppo è andata così, ma dopo quasi trent’anni ripensare a quegli episodi…Sai quanti gol mi sono stati ingiustamente annullati in serie A? Fossero stati tutti convalidati, oggi ne avrei almeno una dozzina in più nel mio curriculum!”

Nel girone di ritorno Enrico ha avuto una crescita esponenziale. Un crescendo rossiniano che lo porta a realizzare quattro reti e prestazioni sempre più convincenti che trascinano il Chieti in posizioni più tranquille. E così sbocciò definitivamente un gran giocatore.
Merito della squadra che non ha mai mollato nei momenti di difficoltà, e della mia caparbietà personale. Facemmo una grande fatica a rialzare la testa ma alla fine venimmo fuori alla grande e ci salvammo meritatamente”.

La vittoria di Monopoli datata 3 maggio 1992 fu probabilmente la definitiva svolta psicologica.Il Chieti espugnò il Vito Simone Veneziani per 2-1, ed Enrico confezionò un assist “gourmet” per Stefano Sgherri per il gol dell’uno a zero dopo un dribbling ubriacante sulla destra. Il difensore bianco verde ha ancora giramenti di testa…
Fu una bella azione, senza dubbio, la ricordo benissimo. Ho molti dvd a casa della mia esperienza neroverde, partite e trasmissioni televisive alle quali ho partecipato, ed ogni tanto vado a rivederle con molto piacere”.

Ironia della sorte Enrico riesce ad essere utile al Chieti anche dalla panchina. Torniamo al 20° del secondo tempo della partita Chieti-Acireale datata 24.05.1992, penultima di campionato. Enrico sente tirare il muscolo della gamba destra e lascia la scena a Mimmo Presicci che, al primo pallone toccato, disegna una parabola perfetta su punizione che sancisce il 2-2 finale e la salvezza matematica del Chieti. All’epoca si parlava molto del presunto dualismo tra lei e Mimmo, qual è il suo punto di vista?
Io e Mimmo avevamo due ruoli ben distinti: nel 3-5-2 lui giocava da interno di centrocampo, mentre io venivo impiegato spesso sulla fascia, ruolo che poi ho ricoperto anche negli anni successivi, a Cremona con Gigi Simoni e a Genova con mister Eriksson. Nessun dualismo quindi”

Quanto è stato importante Volpi nella sua crescita e quali insegnamenti si è portato dietro come calciatore?
“A parte gli insegnamenti tecnico tattici che il mister ci trasferiva, Volpi mi è rimasto dentro come uomo. I valori che mi ha trasmesso, l’affetto e le parole forti e pacate che aveva per me sono indelebili. Ricordo che un giorno si avvicinò e mi disse “Non è il gruppo che deve adattarsi a te, ma sei tu a doverti integrare con loro”. Anche se in quel momento giocavo poco, erano parole importanti che mi hanno fatto capire che il mister teneva a me. Certo, la mia caparbietà e la voglia di non mollare mai hanno fatto il resto, ma il suo essere diretto, schietto e sempre leale è stato fondamentale per la mia crescita.Le qualità e l’umanità di Ezio Volpi le ho ritrovate in Giovanni Trapattoni

E del compianto presidente Mario Mancaniello cosa ci dice?
“Una brava persona, un buono: mi sono trovato molto bene in società, anche con il direttore sportivo Garzelli che come sapete ha avuto poi una folgorante carriera dirigenziale.
Mancaniello aveva sempre una parola buona per me e lui come tutta la società mi sono sempre stati vicini nei momenti di difficoltà. Credo che i giovani non vadano aspettati ma sostenuti e a Chieti lo hanno fatto nel migliore dei modi, percepivo che avevano fiducia e credevano in me.”

Il pubblico di Chieti
“Bello, stupendo, molto caloroso! Peccato ci fosse la pista di atletica a dividere il terreno di gioco dagli spalti, altrimenti la spinta per noi sarebbe stata ancora maggiore.Ricordo tante lunghe trasferte in quella stagione, e i tifosi del Chieti ci hanno seguito ovunque senza farci mancare mai il loro apporto.”

Con chi e come trascorreva il suo tempo libero?
Abitavo a Chieti Scalo ad un centinaio di metri dal ristorante “Chez Vous” dove noi calciatori avevamo vitto pagato. E da buon genovese risparmiatore non mi balenava nel cervello di andare a mangiare in un altro posto, quindi spesso mi ritrovavo lì con diversi compagni di squadra in un ambiente familiare e piacevole a trascorrere le mie serate. Serate che hanno sicuramente aiutato a cementare il mio rapporto con il gruppo”.

Ci parli della scaramuccia in allenamento con Pallanch che la accusava di non mettere la gamba con decisione nei contrasti.
Non ricordo nei dettagli la storia ma ci può stare: Andrea era un buon giocatore, un gran bel piede e non gli piaceva perdere. Io da giovane ero un po’ birichino e permaloso, ricordo di aver avuto piccoli screzi anche con altri in allenamento, ma come ti dicevo pocanzi i miei compagni sono stati straordinari, mi hanno aiutato a crescere e a sbagliare sempre meno”.

Un paio di settimane fa suo figlio Federico ha realizzato una rete fantastica in Fiorentina Bologna, rete che personalmente mi ha ricordato la sua seconda rete contro il Siracusa nel 3-0 datato 10.05.1992.
“Sono due reti differenti: Federico ha calciato da dentro l’area di rigore con l’interno del piede destro dando alla sfera un effetto a rientrare, io ero al limite dell’area e ho calciato di collo, fu un tiro molto più potente.”

La cosa che mi colpì molto di quella rete fu la naturalezza con cui, dopo lo stop, lei alzò la testa per guardare “il sette”  alla sinistra del portiere siracusano e mise il pallone proprio lì, sotto l’incrocio. Un gol così, almeno a Chieti, non l’abbiamo visto spesso.
“E’ vero, un gran bel gol. In quella partita realizzai una doppietta, anche la prima rete fu di pregevole fattura  siglata dopo uno scatto bruciante da metà campo e un sinistro ad incrociare. ”

Oggi Enrico Chiesa è il nuovo responsabile tecnico del Centro Federale Territoriale di Firenze della FIGC, Settore Giovanile e Scolastico.
“Esatto. Sono molto contento di questo incarico che condivido con uno staff importante. Il presidente Carlo Tavecchio ha investito tanto in questo progetto, abbiamo per adesso trenta centri in Italia e l’obiettivo è arrivare ad averne 200. Inizieremo gli allenamenti il 23 ottobre, sono onorato di questa opportunità che mi è stata offerta dalla federazione e credo molto in questo incarico”.


Grazie Enrico per il tempo che ci ha dedicato, un grosso in bocca al lupo per la sua nuova esperienza professionale da tutto lo staff di TifoChieti.
“Crepi! Un saluto a tutti voi”.

 

 

Chiudiamo la telefonata e ci resta addosso la dolce sensazione del ricordo dei tempi andati: assistere dal vivo alle gesta di un ragazzo promettente che si è poi ritagliato uno spazio nella storia del calcio italiano è stato un assoluto privilegio per tutti i tifosi neroverdi!

Condividi
Pin It