Buongiorno Giovanni e grazie di cuore per aver accettato il nostro invito.

Parliamo degli inizi. Immagino che tu come tanti a quei tempi hai cominciato a tirare i primi calci in strada. A che età hai iniziato a pensare di poter diventare un vero calciatore?
Ho iniziato a giocare per divertimento, da ragazzino, all'oratorio di Cingoli. Ho sempre avuto una grande passione per il calcio e oltretutto avevo di fianco l'esempio e lo stimolo di mio fratello Dino che intraprese,  prima di me per motivi anagrafici, la carriera da calciatore .Quando passai alla Maceratese cominciai a crederci; ci ho messo tanto impegno, massima dedizione e molteplici sacrifici per raggiungere gli obiettivi, al contrario dei ragazzi di oggi che sembra vogliano diventare campioni senza fare sforzi.


Nelle trafile giovanili ti è capitato di cimentarti con un ruolo diverso da quello di attaccante?Mai. Ho sempre giocato da attaccante, o facevo gol o li facevo fare.

Dopo i tuoi esordi a Macerata arrivò la grande occasione di Perugia in serie B. Come hai vissuto l’emozione del trasferimento in una squadra tanto blasonata? 
Il Perugia era reduce due anni prima dal fantastico campionato di serie A terminato imbattuto alle spalle del Milan, era la stagione 1978-79 e quello era il famoso Perugia “dei miracoli”. Quel Perugia era guidato da Castagner e fu proprio lui che volle me e Moreno Morbiducci. Quello spogliatoio faceva quasi “paura”; grandi giocatori come Paolo Dal Fiume, Domenico Caso, Pierluigi Frosio che poi ho ritrovato come responsabile del settore giovanile quando allenai a Monza nel 2007-08.
Io avevo 19 anni, entrai in punta di piedi e mi feci rispettare come uomo e come calciatore.

Giochi in B per sei anni consecutivi tornando sempre a Perugia dopo le parentesi di Monza ed Arezzo. Qual è il ricordo più bello della tua avventura in cadetteria? 
Sicuramente  la doppietta rifilata al Milan con la maglia del Perugia nella vittoria del 24 Aprile 1983. La partita terminò 3-2 per il Perugia ed io segnai il gol del 2-1 e del definitivo 3-2. Quel Milan, anche se sceso in B, aveva grandi giocatori come Baresi, Canuti,Evani...una domenica indimenticabile! Ogni tanto vado a rivedermi le immagini su youtube ed ancora oggi mi emoziono…

 

Nella stagione 1987-88 decidi di scendere in C2 e raggiungere il grifo sprofondato la stagione precedente per questioni di calcio scommesse. Eri nel pieno della tua carriera, non pensi di aver fatto un passo indietro tornando in C2? 
Dopo l’anno in prestito ad Arezzo nella stagione 1986-87, per via dei problemi societari del Perugia, ero svincolato. Mi chiamò l'ex presidente del grifone Dini e mi chiese di tornare. Accettai solo perché si trattava del Perugia al quale ovviamente ero legatissimo, per nessuna altra squadra sarei sceso di due categorie. Poi vedendo il mercato che si stava facendo con Ravanelli, Di Livio e compagnia ero certo che sarei andato per vincere il campionato...e così fu!

 

Quell’anno infatti dominaste il campionato, solo tre sconfitte, una delle quali all’Angelini il 7 febbraio 1988 per 1-0 con rete di Genovasi su calcio di rigore. Cosa ricordi di quella partita?
Venivamo da una settimana non molto facile, passata in ritiro a Sestola. Tenevamo molto a quella partita ma dopo il gol di Genovasi nei primi minuti le provammo tutte per raddrizzare il risultato. Tante occasioni, salvataggi incredibili, ne ricordo uno di De Amicis sulla linea, ed uscimmo sconfitti. Dopo quel passo falso ci riprendemmo alla grande e vincemmo senza problemi il campionato

 

Dopo un altro anno a Perugia Giovanni Pagliari arriva in maglia neroverde. Cosa ti ha spinto a cedere alle lusinghe del patron Mancaniello e del dott. Garzelli? Che società hai trovato in Viale Abruzzo?
L'Avvocato Nascimbeni, all’epoca componente del direttivo societario  della Maceratese, conosceva molto bene Tony Giammarinaro (che a quei tempi allenava il Chieti) in quanto lo stesso aveva allenato negli anni 60 a Macerata. 
Mi mise in contatto con lui che mi disse “Se vieni a Chieti vieni in serie B non in C2”. Ero un po' scettico sullo scendere di categoria ma dopo aver parlato con il dott. Garzelli e il dott. Mancaniello mi convinsi che le parole di Tony corrispondevano a verità. Trovai un ambiente fantastico grandissimi uomini, grandi signori, dal punto di vista dell'organizzazione societaria sembrava di essere alla Juve;  una società di un'altra categoria, un patron che non ci ha mai fatto mancare nulla, cene, serate in discoteca, ci ha voluto veramente bene, semplicemente fantastico!

 

Stagione 1989-90; un Chieti reduce dal maledetto spareggio di Cesena ritenta la scalata, ma purtroppo sarà un altro anno di delusione.
Dove secondo te il Chieti ha perso la promozione? I due 0-0 consecutivi contro Jesi e Gubbio alla terzultima e penultima giornata di campionato che hanno permesso a Fano e Baracco Lugo di effettuare il sorpasso in classifica o c’è dell’altro?
Ad essere sinceri non avevamo un grandissimo gioco quell'anno; vincevamo spesso e bene in casa, ma fuori casa eravamo a volte un pò “sparagnini”. Quei due pareggi furono una mazzata; arrivarono dopo la vittoria col Campobasso grazie ad un mio gol. A Jesi ricordo di aver fallito una grande occasione da gol per vincere la partita, poi pareggiamo anche a Gubbio e l'inutile vittoria finale col Fano...e così il Baracca Lugo di Alberto Zaccheroni ed il Fano ci sorpassarono.

 

Passiamo alle note liete. Stagione a cavallo del nuovo decennio, nuovo mister e alcuni innesti di spessore (cito tra gli altri Picconi e Cavezzi).
Che aria si respirava in ritiro? Sentivate la pressione di dover vincere “per forza”?
Quello era un gruppo fantastico, di amici veri! Quando eravamo in ritiro organizzavo sempre una sorta di “corrida” (programma cult televisivo degli anni 80’ ndr) facendo cantare i compagni di squadra con l'accompagnamento musicale della mia inseparabile chitarra. Era un modo per creare gruppo, per cementarsi. Aggiungi poi che il mister Ezio Volpi mi confessò dopo poco tempo di essere innamorato del mio modo di interpretare il suo gioco e la cosa mi diede molta fiducia; avevo già 30 anni e tante partite alle spalle, insomma nessuna paura come poi si è visto in campo.

Campionato fantastico culminato con il 4-0 al Martina del 12 maggio 1991 che significa aritmetico ritorno in C1! Quale partita di quella stagione ricordi con maggiore esaltazione? Quale vi ha fatto capire che potevate ambire al salto di categoria?
Le partite che ricordo maggiormente sono due: innanzitutto la vittoria a Teramo 2-0 alla prima giornata di campionato . Dopo quella partita ci sentimmo veramente forti; ricordo ancora le parole di Volpi che a fine partita negli spogliatoi ci disse “Ringraziamo Giovanni per il suo altruismo” (feci l’assist per il gol di Vincenzo Feola) . La seconda fu la partita di San Benedetto; fu la prima sconfitta del campionato (1-0) ma giocammo alla grande, tanto è vero che a fine partita Rumignani che allenava la Samb disse “Abbiamo incontrato la squadra più forte del campionato”....Ci aveva visto bene!

Festeggiamenti serali in piazza Vittorio Emanuele per la promozione in C1: tutta la squadra sul palco che canta “Jesahel” dei Delirium, se non erro scelta proprio da te…una scena indimenticabile!  Chi era il più “mattacchione” del gruppo?
Qualche settimana fa sono stato ospite da Enrico Giancarli su rete 8 e mi ha fatto una grande sorpresa mostrandomi le immagini di quella festa.
Indossavo un cappello di canapa e l'immancabile chitarra a tracolla, dietro di me ricordo Feola, Presicci, Simeoni...insomma c'erano tutti.
Chi era il più matto? Non chiederlo nemmeno...io!!! Quando eravamo in ritiro mi scatenavo. Te ne racconto una: eravamo in ritiro e c'era con noi in squadra Attilio Piccioni. Voleva a tutti i costi cantare e si sentiva un tenore anche se era stonato come una campana. Io gli reggevo il gioco e quando i nostri compagni lo prendevano in giro io gli dicevo “Lascia perdere sono invidiosi”. Insomma la sera che si esibì alla “corrida” da me organizzata prese tanti di quei fischi che alla fine venne da me e mi disse “mi hai preso in giro alla grande, sei il solito…..!!” A proposito di voce te ne racconto un'altra; ero a Chieti insieme a Roberto Colussi mio collaboratore tecnico ed andai a mangiare al ristorante Nino alla Trinità. Quando ero a Chieti era tappa fissa ma al momento dell’episodio che ti racconto era quasi un anno e mezzo che non ci tornavo. Appena entrato gridai verso la cucina “Signora Lella n'ze magna stasera?” E lei mi riconobbe solo dalla voce e rispose subito “Giovà che c***z stì fa a Chieti? Roberto che era con me rimase basito, non si spiegava come avesse fatto a riconoscermi solo dalla voce. Questo ti fa capire che tipo di rapporto avevamo creato con la città a quei tempi

Stagione 91-92, il Chieti riparte da dove aveva lasciato. Grande compattezza e grande organizzazione, subisce il primo gol solo alla sesta giornata e dopo la vittoria con il Barletta del 29 dicembre 1991 trascorre le feste di Capodanno da seconda in classifica con 17 punti alle spalle della capolista Ternana. Senza quella sfortunata serie di infortuni gravi (ricordo Consorti e D’Eustacchio tra gli altri) dove sarebbe potuta arrivare quella squadra?
Sono convinto che saremmo andati in serie B senza tutti quegli infortuni. Si ruppero il crociato Consorti, D'Eustacchio e Beppe De Amicis, Feola e Picconi ebbero anche loro degli infortuni lunghi, una sfortuna incredibile!!!
Il mister fu costretto a schierare Tomei e D’Angelo molto giovani ed inesperti… ripeto se non avessimo avuto tutti quei problemi fisici saremmo andati dritti in B, ne sono certo!


Le ultime due stagioni a Chieti furono per te e la squadra abbastanza magre di soddisfazioni; 13°posto nel 92-93 e retrocessione l’anno successivo dopo lo spareggio contro l’Atletico Leonzio.
Come hai vissuto quel ridimensionamento partito dai conti societari e riversatosi poi sull’aspetto tecnico della squadra? Quanto quella situazione influì sulla tua decisione di appendere gli scarpini al chiodo?
Il patron cominciò ad avere problemi economici e la cosa era sotto gli occhi di tutti. Effettivamente non furono due ottime annate; nella prima ci salvammo all'ultima giornata a Palermo, l'anno successivo oltre ad un rapporto non proprio idilliaco con Assetta, continuavo a soffrire di pubalgia e decisi già a dicembre che avrei smesso di giocare, in qualsiasi modo fossero andate le cose.
Retrocedemmo con il Leonzio ma per fortuna ci fu il ripescaggio, ma il giorno dopo lo spareggio perso dissi a tutti che quella era stata la mia ultima partita.

 

Se ti dico Ezio Volpi quali sono le prime cose che ti saltano in mente? Quanto sono stati importanti i suoi insegnamenti per il Pagliari calciatore di ieri e per il Pagliari allenatore di oggi?
Tanto moralità e professionalità, era un uomo di altri tempi. Tra noi si creò da subito  un feeling particolare tanto che i miei compagni di squadra dicevano che sembravamo padre e figlio. Pensa; Volpi era arrivato da un paio di settimane, mi chiamò la moglie e mi disse “Cosa hai fatto a mio marito? Parla sempre di te!” Era un gruppo serio di uomini veri; non andavamo in discoteca, non facevamo tardi la sera, eravamo dei professionisti. Quando vincemmo il campionato con quattro giornate di anticipo, Volpi ci parlò chiedendo a tutti il massimo impegno fino alla fine, per rispetto dei tifosi e di quello che avevamo fatto in campo. Giocammo fino alla fine col massimo impegno; ricordo che prima dell'ultima partita mi chiamò per ringraziarmi per il mio comportamento serio e professionale e mi disse  “Tu diventerai un grande allenatore”.  Mi commossi, lo abbracciai, fu un momento bellissimo. Era un grande mister che insegnava calcio; giocavamo sempre palla a terra, scambi veloci, e tutti sapevano cosa fare in campo.

Ti faccio una domanda cattiva; era più bello giocare con alle spalle Mimmo Presicci o Enrico Chiesa?
Due grandi giocatori; Mimmo l'anno della promozione fu devastante. Era un calcio diverso da quello di oggi con tante marcature a uomo; io e Stefano Sgherri avevamo sempre l'uomo appiccicato addosso ma Mimmo era sempre capace di trovare lo spiraglio giusto col suo piedino d'oro. Enrico era un campione; all'inizio non fu facile il suo inserimento, noi come gruppo lo riprendemmo un paio di volte, una volta si fece espellere sputando contro l'avversario,  ma nella seconda parte della stagione in C1 fu fondamentale. Poi prese il volo e la sua carriera è sotto gli occhi di tutti.
Insomma Mimmo grande calciatore di serie C, ma Enrico era un'altra cosa.

 

Com’era la tua intesa in campo e fuori con Stefano Sgherri?.
Quando un centravanti come lui trova un attaccante come me che gli apre gli spazi e gli fornisce assist non puoi che andarci d’accordo in campo, ma il nostro rapporto andava ben oltre l’intesa sul rettangolo verde.
Testimonianza ne è il fatto che quando allenavo la Maceratese lo chiamai e lo portai in biancorosso, ed oltre a lui presi anche Consorti, De Amicis e Luca Leone.

 

Quale delle 134 partite disputate nella tua carriera teatina vorresti rigiocare domani? 
Faccio difficoltà a rispondere a questa domanda perché a Chieti penso che la squadra abbia sempre dato il massimo. Forse una trasferta a Perugia, non per colpa della squadra ma di un arbitro non molto equilibrato, ma in complesso a Chieti non ho rammarico di questo tipo.

Il gol più bello e quello più importante della tua militanza in neroverde
Il più bello senza dubbio quello in mezza rovesciata contro il Fano il 20 ottobre 1991, uno dei gol più belli di tutta la mia carriera! 
Il più importante fu quello di Licata, la settimana prima. Avevamo cominciato il campionato con quattro 0-0 e il mister il venerdì ci disse; “A patto di non subire reti, a chi segna il primo gol regalerò cinque sterline d'oro, cinque come le partite con la difesa inviolata”.
Dopo aver segnato corsi subito in panchina gridando al mister “Cinqueeee”. Poi il martedì successivo per festeggiare la vittoria offrii la cena a tutta la squadra allo Chez Vous a Chieti Scalo.

 

Con quali compagni di squadra sei rimasto tutt’ora legato?
Quelli con cui mi sento più spesso sono Morganti, De Amicis, Consorti e Feola ma al massimo ogni quindici giorni sento anche il dott. Mancaniello col quale è rimasto un rapporto fantastico



Nella tua carriera di calciatore hai avuto il piacere di giocare al fianco di grandi giocatori; Morbiducci, Ambu, Novellino nella prima esperienza a Perugia, Carlo Muraro ad Arezzo, Ravanelli e Di Livio nella seconda esperienza in terra umbra (giusto per citarne alcuni). Chi ti impressionò maggiormente dal punto di vista tecnico?
Sarebbe troppo facile dire Ravanelli o Di Livio...Come detto prima Chiesa era fortissimo, ma anche Rambaudi che arrivò a Perugia nel 1988 non era da meno. I due però che mi hanno più impressionato li ho avuti come compagni ad Arezzo; Fabrizio Di Mauro, che poi giocò tra le altre con Roma, Fiorentina e fece tre presenze in nazionale maggiore, e Francesco Dell'Anno ex Udinese ed Inter. Lui era fenomenale dal punto di vista tecnico ma purtroppo non aveva una gran testa, altrimenti avrebbe fatto una carriera folgorante.
Altro grandissimo era Carlo Muraro; lo avevo visto giocare in tv quando era all'Inter ma non immaginavo fosse cosi forte, mi impressionò tantissimo.

 

Se non erro torni a Chieti da “avversario” per la prima volta il 29 aprile del 2001 sulla panchina del Gualdo. Cosa hai provato nell’entrare sul terreno di gioco dell’Angelini? E’ stato più emozionante ricevere l’abbraccio del pubblico neroverde o trovare sulla panchina del Chieti il tuo capitano Gabriele Morganti?
Fu tutto bello, sicuramente ricordo con affetto l'abbraccio fraterno con Gabriele. Sono tornato tante altre volte a Chieti, col Trapani con l'Aquila..insomma torno sempre molto volentieri.


Ti piacerebbe allenare il Chieti? In questi anni non c’è mai stata la possibilità? 
Sarò sincero; ci sono stato molto vicino l'anno che andai all'Aquila, nel 2013. Mi contattò Battisti, parlai anche con Bellia e sembrava tutto fatto. Poi alla fine il presidente decise di dare ancora fiducia a De Patre ed io andai all'Aquila. Il caso ha voluto che fui proprio io ad eliminare il Chieti dalla corsa playoff.


Raccontaci un episodio di campo sconosciuto alla massa relativo ai tuoi trascorsi neroverdi
Non è un vero e proprio episodio ma è uno dei ricordi più belli che ho. Ogni venerdì pomeriggio intorno alle 18, dopo l’allenamento , ci si trovava con gran parte della squadra tutti in centro. Dopo le solite “vasche” in corso Marrucino e le visite nei nostri negozi preferiti si andava a cena al Magico Alverman dai tre fratelli Di Gregorio. Non sgarravamo mai l'orario, alle 20 in punto si mangiava!! Eravamo minimo in dieci, io portavo sempre la mia chitarra e passavamo la serata allegramente.
Notate bene: era venerdì sera, il giorno dopo magari si partiva per una trasferta lunga, ma quella era una tradizione che abbiamo sempre onorato!

 

Grazie mille Giovanni per la tua disponibilità. A nome di tutta la redazione di TifoChieti ti ringrazio per il tempo che ci hai dedicato e ti auguro il meglio possibile per la tua carriera da allenatore.
Grazie ancora per quello che hai saputo dare con addosso la nostra maglia!
Grazie a te per la bella chiacchierata, un saluto a tutti i tifosi neroverdi.


 

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