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Categoria: Storie neroverdi
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Gli avvenimenti di quel periodo dopo il passato trascorso con lo spettro dello sfollamento, avevano già  condizionato il nostro vivere quotidiano. Si pensava che ci sarebbe stato qualcosa di storico e definitivo per il cambiamento e la diversa risoluzione della guerra che avevamo in casa  e che nessuno, dalla scorsa  estate potesse pensare di viverla in prima persona

Le riflessioni erano molte e già ci sembrava che il tempo volato troppo in fretta solo in apparenza, ci facesse dimenticare il passato trascorso solo di qualche mese.. Si pensava alla radio che la maggior parte aveva nascosto per le eventuali perquisizioni dei militari tedeschi. Cosa che avvenne una sera ma la radio non c’entrava .Un mezzo militare si fermò davanti casa a via Valignani e scesero dei militari. Noi ci ritrovammo in casa un soldato armato entrato forzatamente in casa. Si cercò di spiegare al militare che non avevano nulla da nascondere e dopo ancora colloqui anche con altro militare intervenuto, si convinsero e ci lasciarono, con grande spavento di tutti noi. Cercavano qualcosa che non abbiamo saputo neanche. I tempi erano confusi e anche contraddittori. La strada era la portante delle linee di rifornimento per il fronte a Miglianico-Tollo  e zone limitrofe. Questo episodio non è stato dimenticato e quando mi sono trovato,dopo tanti anni, in un Gruppo di lavoro Europeo con un collega tedesco, ecco l’occasione per raccontarlo. Mi disse che la guerra non era una brutta cosa e possono accadere momenti di estrema difficoltà. Poi per  dare forza al sua esternazione, mi disse che lui era un orfano di guerra, il suo papà morì nello sbarco in Normandia. Cosa rispondere!

 

Le trasmissioni radiofoniche non erano una prerogativa per tutti, ed avere un ricevitore allora  era già un primato e quasi un privilegio specialmente per le serate meno noiose.

Ma da periodo che sto descrivendo appunto la radio non era più di nostra compagnia e si pensava almeno alle trasmissioni che avevamo prima dell’6 settembre 1943.

Al tempo, i programmi erano due (A e B) ed unificati di mattina con radio scolastica, trasmissione per le forze armate poi canzoni e melodie e Radio sociale.Nel pomeriggio il programma UNO trasmetteva: musica sinfonica, orchestra classica, radio scuola, concerto di piano, musica per orchestra ed orchestrina.L’altro programma invece: orchestre classiche, concerti di piano, canzoni in voga, concerti sinfonici, musica varia.

Nei vari concerti sinfonici si cominciava a sentire alcuni grandi della lirica come Gino Bechi e Beniamino Gigli; veramente la sera queste trasmissioni erano ascoltate da mio padre.

Come si può vedere, le canzonette non ancora occupano completamente lo spazio nella radio e la musica classica e sinfonica la facevano da padrone. Le radio non ancora erano diffuse e le canzoni incise su dischi a 78 giri costavano, noi, però con la nostra CGE sentivano alla radio alcune canzoni in voga allora: “Maramao perché sei morto” “Pippo non lo sa” con i cantanti Ernesto Bonino, Silvana Fioresi, Natalino Otto e poi Alberto Rabagliati, che fecero furore.

Inoltre la cantante Memè Bianchi che, se non sbaglio, ho avuto il piacere di sentirla circa dodici anni dopo a un concerto dato per i militari della Cecchignola di Roma.

Si scoprirono le voci talentuose del Trio Lescano e di un quartetto “Cetra” senza Lucia Mannucci.

Le orchestre che suonavano erano dei maestri Barzizza e Angelini con il cantante Michele Montanari ma noi ragazzi, allora, apprezzavamo le canzoni di guerra tipo “La canzone dei sommergibili”, molto orecchiabile come una canzone, diciamo italo-tedesca, che diceva pressappoco “Camerata Richard, benvenuto ecc”.

 

In quegli anni i cinema Corso Cinema, Eden e Dopolavoro erano le nostre mete domenicali e le file per entrare erano all’ordine del giorno e noi ragazzi rischiavano di essere schiacciati nella calca che si formava.

La calca per assistere alla proiezione di un film importante era di prammatica al Corso Cinema.

L’ingresso era abbastanza ampio con un botteghino alla destra appena entrati.

Dopo una faticosa ed estenuante calca, appena avuto i biglietti si entrava nella seconda sala di aspetto munite anche di sedie per sedersi e si aspettava che finisse la proiezione del film e poi entrare nella sala da due ingressi, rigorosamente chiusi, e nella sala superiore attraversa una scalinata.

Quando lo spettacolo finiva, il pubblico sfollava da altra uscita sia quelli del parterre che quelli del piano superiore. Per il cinema Eden il discorso è leggermente diverso.

Dopo aver fatto il biglietto all’ingresso, si accedeva a un corridoio alla cui destra c’era una sala biliardo sempre affumicata e alla sinistra un caffè ampio e subito dopo c’erano delle entrate che conducevano ai balconi o palchetti che davano sulla sala proiezioni.

In fondo  c’era una scalinata a curva che conduceva in basso alla sala proiezioni o parterre abbastanza lungo e stretto. I sedili erano sei o sette a sinistra e altrettanto a destra, con mezzo un corridoio. Il problema, sempre quando c’erano film importanti, era quello di occupare i migliori posti e tutti si accalcavano lungo la scalinata nell’attesa della fine del film e solo allora gli addetti aprivano la porta d’accesso.

Naturalmente dopo che il pubblico era sfollato dalle uscite che davano su una strada interna stretta.

Naturalmente nell’attesa del film qualcuno entrava ai palchetti, ma era impossibile vedere perché era già affollato e le disponibilità di visibilità erano veramente critiche e si aspettava solo di entrare nel parterre o sala al pianterreno.

Per il Dopolavoro (poi Enal) invece il problema esisteva in minima parte perché l’ingresso con biglietteria era ampio. Non so perché ma la calca si sfoltiva subito e la sala d’aspetto così grande, che si poteva aspettare l’ingresso senza farsi schiacciare.

Poi la sala proiezione era molto grande e tutti trovavano posto a sedere e si poteva stare anche in piedi avendo spazio anche per la visibilità.I film proiettati erano quasi tutti italiani e dopo arrivarono film tedeschi ma per me importavano anche i film d’avventure e per ragazzi.

Mi divertivano quelli con Macario e anche di Totò che apparve sugli schermi in uno dei primi film: San Giovanni decollato.Cominciammo a conoscere i divi dell’epoca e anche da ragazzi avevamo ammirazione per loro.

Il film “una romantica avventura” con Assia Noris, Gino Cervi e Leonardo Cortese mi sono rimasti impressi per tanti anni per la sua trama e per la sua musica melodica, proiettò “Alfa Tau” che era un inno alla Marina Militare, poi”Giarabub” con Fosco Giochetti che affrontava i primi avvenimenti di guerra.

Nell’anno 1940 arrivò in Italia il film “Ombre rosse” con John Wayne e da allora sono diventato, ed ancora oggi, un appassionato dei “Western”. Non dimentico gli attori come Amedeo Nazzari, Vittorio De Sica, Rossano Brazzi, Massimo Serato e tutti quelli che sono menzionati nelle locandine. Alida Valli detta “la fidanzatina d’Italia” che entusiasmò con altri film tra cui “Piccolo mondo antico” di Mario Soldati e con un motivo “Ma l’amore no-l’amore mio non può” di un suo film, cantato anche da noi ragazzi, diventò più famoso perché canticchiato da tutti i soldati nei vari fronti.

 

Intanto continuavano i cannoneggiamenti e le “visite” del solito aereo  che ogni tanto sganciava qualche spezzone per colpire le strade di accesso al fronte.

I colpi di cannone che provenivano dalle batterie piazzate vicino al fiume Moro fin dal mese di ottobre, seguitarono a preoccuparci  anche dopo che questo “famoso” fiume fu attraversato per la battaglia di Ortona. Fino a quel momento per tutto l’inverno gli alleati si attestarono sulle sue sponde. Ci si chiedeva ancora  se la mancata avanzata fosse dipesa da ostacoli insormontabili sul terreno o a calcoli strategici (Cassino?).

A fine guerra dopo diversi anni, andai a visitare questo posto delle batterie, una mia parente si sposò con un cittadino di Villa Rogatti frazione di Caldari in quel di Ortona e l’abitazione distava  forse un chilometro più o meno da questo fiume che volevo vedere con i miei occhi. Infatti il fiume Moro è inserito tra due costoni ed un ponte collega il lato sud di Villa Rogatti-Caldari al lato nord della cittadina di Frisa. Giunti con l’auto all’imboccatura del ponte scendemmo (ero accompagnato da alcuni parenti del posto) e vidi in fondo un rigagnolo che fu il famoso Moro che impedì agli alleati di attraversarlo  e venirci a liberare a suo tempo!

                 Villa Rogatti di Ortona a Mare(Ch).

 

Strada che porta in fondo al vallone e al fiume Moro. Qui c’era la linea del fronte adriatico che con la sua dorsale raggiungeva la vallata del fiume Foro: di qui Villa Rogatti d’Ortona a mare(località dove a settembre il Re ed il suo seguito s’imbarcò sulla corvetta “Baionetta”). Di là Frisa e Lanciano dove era attestata la 8^Armata dove operava il generale VoKes comandante della Divisione Canadese che sostituì  il 2 dicembre 1943, la 78^ divisione già sul fiume Sangro.

Al di qua Villa Rogatti d’Ortona dove erano attestate …e Pfeiffer oltre ancora ad altre unità quali la 305^ Divisione di fanteria che si ritirò ai primi di giugno per dirigersi al NORD.

 

Mi risposero che quell’anno il clima fu inclemente e quando quel “ruscello” si ingrossava era molto difficoltoso attraversarlo e poi il terreno circostante era molto fangoso. Convenni che il terreno  si prestasse a ritardare qualsiasi spostamento ma esistevano i mezzi adatti di guerra  per passare oltre  e i  nostri timori, allora di ostacolo insormontabile da superare, erano alquanto infondati. In guerra ci sono stati attraversamenti di fiumi o corsi d’acqua veramente memorabili, per questo  sono sempre convinto che la mancata avanzata  sul fronte tirrenico abbia fatto ritardare lo sfondamento sul fronte adriatico e principalmente nella zona di Ortona. Da qualche mese la guerra di movimento stava diventando una guerra di posizione, inchiodati da diversi mesi e noi dietro le linee ad aspettare. L’aereo che spesso di sera veniva a farci visita e, che non abbiamo mai potuto individuare anche a cielo sereno, faceva sentire la sua presenza con il rombo del suo motore.

Io parlerò in modo meno circostanziato del famoso aereo solitario che molti l’hanno sentito e che pochi l’hanno individuato. A questo proposito c’è da dire che si è saputo dopo, che nel Nord d’Italia era apparso a suo tempo sempre un aereo solitario individuato nella serie, in un bimotore  “Bean Beanfighter” o “Martin A-30 Baltimore” o De Havilland DH 98 Mosquito della RAF e della SAAF(per speciali voli notturni) che praticamente si è comportato come il nostro solitario. La voce popolare l’aveva battezzato “Pippo”.

Non sono riuscito a trovare nessuna menzione nel periodo ottobre-novembre ed anche oltre che facesse menzione di “quest’azione di guerra” se non nell’Italia del Nord. Queste erano operazioni che si effettuavano esclusivamente per le zone sotto la R.S.I. ma anche noi eravamo tali. Comunque l’apparecchio c’era e come dicevano al Nord “rompeva le scatole” ma per noi era diventato anche fonte di preoccupazione abbastanza grave. I fatti che pochi hanno narrato ma noi vogliamo portare alla nostra gente i segni del tempo perché oltre che ripararsi(si fa per dire) dai cannoneggiamenti, c’era anche questo problema.

Ci affascinava il suo girare e guardando in lato un pensiero anche al suo pilota o piloti con i timori e responsabilità, ma nello stesso tempo ci si preoccupava per gli effetti disastrosi che potevano avere da un momento all’altro lo sganciamento di bombe anche se singole.

Due scoppi ci fecero sussultare e ci richiamava alla realtà, una bomba colpì  un grosso palazzo a noi molto vicino a fianco dell’Istituto Industriale ed un’altra nella zona del cimitero di S.Anna. Molto panico e scendemmo giù nella strada.  

 

La bomba che aveva colpito il tetto del palazzo a noi vicino, non aveva creato grandi danni ma, sembrava che nessun civile fosse coinvolto. C’erano già voci che davano per sgomberate alcuni fabbricati  nella zona di S.Anna e che l’altra bomba (era uno spezzone) aveva colpito un fabbricato e si diceva che gli abitanti erano stati avvertiti. Si passò la notte non  molto tranquilla e la mattina abbastanza presto ci svegliammo e ci affacciammo al balcone posto ad est e che guardava il mare e cercammo di vedere la zona di S.Anna che  era a poche centinaia di metri.

Si poteva vedere benissimo le due palazzine delle case popolari che c’erano state dette sfollate per il pericolo di una bomba inesplosa. Eravamo intenti a guardare e commentare sulla presenza di una famiglia che in precedenza abitava sotto il nostro appartamento, quando improvvisamente un gran boato e un’ala dell’edificio precipitò con gran fragore e si alzò una gran nube  di polvere e calcinacci. Dopo un po’ scendemmo per strada e una folla commentava questo crollo e tra loro c’erano i membri della famiglia in questione  che abitavano nell’ala precipitata ma allontanati in tempo, stavano raccontando la loro piccola odissea. Il figlio, mio amico d’infanzia, sposato con una ragazza del nostro rione che ora risiede a Milano, mi raccontò i fatti.

Cos’era successo? La sera prima l’aereo sganciò un terzo spezzone che s’infilò nella cantina di uno dei due edifici, la cosa fu notata dal rumore o altro, da una pattuglia tedesca che fece sgomberare tutte e due le palazzine. Quella notte tutti furono costretti a lasciare l’abitazione in fretta perché si supponeva che la bomba fosse a scoppio ritardato,  Cosa poi che si avverò ma non se ne scoprì la causa. Le persone non fecero in tempo a portare qualcosa con loro e questa famiglia passò la notte presso conoscenti, poi la mattina  dopo il crollo dello stabile, le autorità  assegnarono loro un alloggio nei locali del Convitto nazionale all’uopo attrezzato per sfollati e senza tetto. Da quell’esplosione non ci furono feriti gravi ma si venne a sapere che nell’altra bomba caduta nella stessa zona  e descritta prima, morì  una  persona. Lo sgombero della città era una cosa seria e su questo  uscì un manifesto del Comando tedesco che intimava ai “cittadini sfollati” di abbandonarla  entro il 15 febbraio, mentre i residenti di Chieti, borgate e di Chieti Scalo  entro il 15 marzo. Seguì poi un altro manifesto con i dettagli dell’operazione. 

Noi dovevamo sfollare per primi: 7 febbraio-1^Sezione.

Era richiesto lo sgombero di quanti abitavano in Via Padre Alessandro Valignani fino all’incrocio con la Via Generale Berardi. Le autorità civili e militari preparavano i permessi d’esenzione a vari strati di popolazione e noi studenti avevamo una specie di lasciapassare (tessera verde)  poiché eravamo considerati(dai 12 ai 16 anni)non adatti ad un tipo di lavoro faticoso. Le trattative per lo sfollamento della città continuavano, nel frattempo il comando tedesco aveva fatto imporre negli ingressi principali della città dei cartelli fissi piantati nel terreno, dove si diceva che l’ingresso era vietato alle truppe tedesche.

              Via Padre Alessandro Valignani con incrocio via Berardi

 

Una mattina collocarono un cartello all’ingresso di Via Arniense all’altezza della scuola elementare  e per passare eravamo obbligati a mostrare i permessi.  I controlli erano effettuati, se non ricordo male, da carabinieri arruolati dal nuovo governo della repubblica sociale ed anche da elementi della  Guardia Nazionale. Tutto questo non bastò perché alla fine di gennaio il comando tedesco fece affiggere un manifesto che annunciava lo sgombero della città entro la metà di marzo.

Dopo l’uscita del primo manifesto inerente lo sgombero della città  apparve un nuovo manifesto, questa volta del podestà  che invitava di presentare domande per gli ammalati non trasportabili che dovevano rimanere in città. Insomma ci fu una serie di provvedimenti sia da parte delle autorità tedesche che di quelle italiane. Noi sapevamo che c’erano delle trattative in corso tra autorità civili italiane,

Arcivescovado con l’arcivescovo Venturi, comandi tedeschi ed autorità Vaticane. Ai primi di  marzo Chieti fu considerata “Città aperta”. Fu un’emozione grandissima! 

Le scuole erano già riaperte dai mesi scorsi e le notizie sul fronte si facevano più rare perché i tedeschi avevano imposto una specie di coprifuoco sulla radio, c’erano state delle perquisizioni in diverse abitazioni ed anche nel nostro appartamento. Non sono andati a fondo ma, secondo noi, era un preciso avvertimento. In pratica  era vietato ascoltare Radio Londra! Si sapeva che molti avevano attraversato il fronte per andare dall’altra parte. Qualcuno disse che c’erano stati degli attraversamenti via mare con gomme da camion per approdare ad Ortona, ma si pensava che per l’invernata gelida fosse abbastanza difficile. Non abbiamo saputo se la cosa fosse stata portata a termine. I bombardamenti aerei e cannoneggiamenti erano intervallati ma continui.   Poi ancora i razionamenti. Eravamo ormai cresciuti dal 1940 con il sistema razionamento e ci eravamo anche abituati. Tutto  razionato, quando dico tutto è proprio così. Ho visto fare la fila, con sistema del razionamento, per sigarette, vino, vestiti ed altri generi.

          Fac-Simile di Carta   Annonaria.

 

 Non ero mai andato in un negozio senza tessera e  pensavo:  come sarebbe bello andare al forno e comprare liberamente del pane, dire semplicemente “ne vorrei un chilo” e pagare. Evidentemente  stavo diventando grande! 

Alcuni sportivi cominciarono a pensare al calcio e con alcuni giocatori cercarono di riportare il calcio in città, forse per distrarre la gente che sembrava subire le vicende che si stavano sviluppando. La squadra messa su alla peggio, dopo allenamenti alla Civitella, disputò vari incontri amichevoli con formazioni dai nomi originali: Liberi calciatori, Siculi-Calabresi, Audace Sfollati Pescara-Francavilla

con elementi che si trovavano in città per lo sfollamento.

 

La squadra del Chieti  cercò di attrezzare alla meglio queste squadre ma all’epoca avere indumenti da giochi, specie le scarpe, era una bell’impresa. Si giocò cercando di dimenticare i disagi  e specie quelli che erano sfollati lontani dalle proprie case. La squadra del Chieti era formata da  giocatori dei campionati passati che ancora erano residenti in città  con l’aggiunta di qualche giovane.

Ricordiamoci che molti giovani avevano dei permessi speciali per circolare in città, specie per tutti gli studenti.  In diverse regioni del nord molte squadre giocarono tornei provinciali e in altre quali la Lombardia, Veneto ed Emilia si giocarono tornei ed i vincitori si dovevano affrontare per poi giocare con chi avrebbe vinto il Campionato Alta Italia

 

Dallo sbarco degli Alleati in Sicilia, le linee difensive tedesche sono state diverse e variabili. Alla metà del mese di settembre la linea difensiva  si estendeva da Salerno a Bari, mentre noi eravamo già invasi dalle truppe tedesche e di questo abbiamo parlato prima.

Nel mese d’ottobre la linea partiva da  nord di Napoli poi Caserta –Benevento-Termoli ed infine la linea difensiva che per prima interessava il  nostro Abruzzo, da Gennaio si estendeva dal Garigliano al fiume Sangro passando per Alfedena, Villa S. Maria, Piane d’Archi e Fossacesia.

Era chiamata “Linea Gustav” e la parte Adriatica era il fronte che interessava le nostre zone, mentre invece della parte Tirrenica  faceva parte le zone della valle del Liri e Cassino.

A dicembre gli alleati oltrepassarono il Sangro per attestarsi sul Fiume Moro e poco dopo la battaglia d’Ortona si fermarono su una linea quasi parallela alla “Gustav”  con la zona d’Ortona più indietro rispetto alla “Gustav” tirrenica che era ferma a Cassino e nella Valle dell’Liri.

FRONTE ADRIATICO-TIRRENO. La Linea “GUSTAV” è rappresentata dalle linee a tratteggio.

Aspettando che gli eventi maturassero, si pensava a vivere nell’inverno molto rigido. La temperatura era sempre gelida e nelle case mancava il riscaldamento, si adoperava già da qualche  tempo il  “braciere”. Era un recipiente di rame con della carbonella che bruciava e che poggiava su una pedana a corona circolare di legno e in mezzo era collocato questo recipiente. Ci si sedeva attorno come ad un focolare e lì c’era conversazione e ci si riuniva veramente. Però c’era un grandissimo difetto.  Quando si passava ad altra camera, vi era una differenza di temperatura che creava i famigerati “geloni” o con termine medico “pernione” che letteralmente era un processo infiammatorio che interessava alcune parti particolari quali le dita, gli orecchi ed anche le gambe.

Non era bello vederli, si gonfiava il tutto e dava anche molto fastidio che  era alleviato da qualche pomata, se si riusciva a trovarlo.. Ora questo processo infiammatorio non esiste più con i riscaldamenti attuali. Si continuava ad andare a scuola per noi ragazzi, ma parecchie persone che noi chiamavano i”grandi” s’ingegnavano a fare qualsiasi cosa per tirare avanti. Alcuni misero su alcuni laboratori per la produzione di torroni di”fichi secchi” con mandorle, proprio così ed erano molti richiesti perché si mangiavano per fame.

 

Veramente erano ottimi che a dir il vero non ho ritrovato nei torroni di fichi e mandorle o nocciole che si vendono adesso sotto il Natale.

Mi so chiesto da dove provenissero le cosiddette materie prime,forse da alcune provviste che molti sfollati provenienti dalle campagne aveva portato con se da casa?

Forse si, so solo che la  produzione  cessò lentamente con il rientro nella  vita normale di tutti noi.Ci ricordiamo com’era il pane?

Con molta crusca diciamo grossolana  ed oggi questo tipo di pane é venduto a chi ha problemi gastro-intestinali. Poi la pasta  anch’essa con molta crusca  non era poi tanto male perché la mamma faceva  un ottimo sugo e il piatto era ottimo, ora magari é presentato come specialità regionale e leccornia da gustare nei migliori ristoranti. Allora c’era anche il problema del sale molto importante sia per la salute che per il gusto. Le nostre maggiori fornitrici di sale erano in Puglia e quindi si poteva solo trovare al mercato nero, certamente qualcosa si racimolava con il razionamento ma era insufficiente.

Tanto c’era mia nonna e la mamma che si davano un gran daffare a procurarci le cose essenziali che ci servivano sempre a prezzi che delle volte erano insostenibili.

Io mi sono sempre chiesto da dove sono provenuti gli alimenti che poi trovavano in giro al mercato nero; venivano da depositi strani, dal Nord dove qualcosa si trovava ma non tanto. Non ho trovato in giro nessuna indicazione o studio o relazione che qualcuno abbia fatto luce su questo fenomeno importante della storia contemporanea. Se uno ci pensa bene, cose introvabili in momenti difficili  escono fuori all’improvviso ma a prezzo diverso dal reale. Il sale, quest’elemento essenziale della nostra alimentazione, era diventato merce molto rara e i soli soddisfatti potevano essere solamente chi soffriva d’ipertensione! Però anche il gusto ha la sua importanza, ma allora non si andava tanto per il sottile.

Intanto lo sfollamento era stato sospeso e in città girava la voce che la città poté essere dichiarata “Città aperta”, questo successe verso la fine del mese di marzo con diversi distinguo delle autorità tedesche. Si diceva che le truppe tedesche non potessero transitare  dalla città, invece dalla mia strada (sempre Via Valignani) seguitò il traffico di truppe corazzate e motorizzate che si dirigevano verso sempre la stessa linea del fronte Ripa-Tollo- Miglianico, in pratica la parte Adriatica del fronte.

In città si camminava con qualche difficoltà per il numero enorme di persone, sembrava sempre un giorno di festa per i teatini che si ritrovavano nel Corso Marrucino. Ma non era veramente così, ho visti tante cose e scene quasi da film. Erano le persone che erano presenti in città e si vedeva lampante, il problema igiene era sempre impellente e molte persone  “bivaccavano” sotto i portici del Corso per mancanza di posti e per difendersi del freddo mettevano dei cartoni o simili come protezione. Si seppe che a Chieti Scalo fu requisito l’edificio dei Monopoli di Stato-chiamato dalla gente i “tabacchi”- ed adibito a centro di smistamento degli sfollati e poi erano trasferiti con  carrozze ferroviarie al nord.

 

Gli sfollati erano moltissimi e si viveva ormai con grande solidarietà e comunione e abbiamo conosciuto tante persone che poi sono rimaste in città residenti. Si sono strette amicizie poi coltivate con il tempo, conoscenze di persone semplici, leali e molto pazienti.

A fianco al mio appartamento ve n’era uno più piccolo, allora vuoto, che poteva contenere pochissime persone, occupato da almeno 15 persone provenienti dalla zona di Tollo. Avevano portato con sé alcune provviste che ci offrirono e che noi non avevamo, ma avevano bisogno di tante cose e la lontananza dal loro paese era molto sentita. Abbiamo detto di no ai loro inviti.

Rifiutammo per quanto ci offrirono e certamente noi ci sentivamo imbarazzati perché, forse, non potevamo offrire molto. In ogni caso la solidarietà era notevole e ci sentivamo legati ai loro disagi di un cambiamento notevole delle loro abitudini e anche delle nostre

Questa prima esperienza di situazioni disagevoli certamente ha fortificato tutti i ragazzi della mia età e ci hanno permesso, in seguito, di capire e comprendere meglio il problema della convivenza tra le genti.

                                        Cento Lire dell’epoca

 

    Si instaurò tra  noi del caseggiato e loro un rapporto durato poi nel tempo. Devo dire che essendo in olti il problema igiene diventò imbarazzante perché esisteva una sola cucina e un solo bagno.Cioè una sola tazza WC, perché allora si costruiva così, il lavabo era quello che stava in cucina.Una ragazza si sposò con un funzionario dei VV. FF., la caserma era posta proprio sotto di uno dei balconi che guardava ad est. 

 

La nuova famiglia rimase ad abitare in quell’appartamento  per moltissimi anni fino a quando  io cambiai residenza per ragioni di lavoro. Si aveva  notizie sui vari fronti e tutti erano convinti che la liberazione fosse più vicina di quanto noi pensassimo. Qualcuno già si preparava per il dopo e cercava di leggere sui giornali qualche spicchio di verità.  Ma le notizie lette non davano segni di speranza, almeno per quello che si poteva capire nelle lettura o interpretazione degli avvenimenti. Si aspettava.

 

Il calcio riprendeva  a vivere in spizzichi e dopo l’eliminatoria piemontese per il Campionato Misto Alta Italia, prese  via  alla fine di gennaio in Lombardia l’eliminatoria per  il suddetto campionato. Alla  stessa data hanno preso  via i campionati interregionali Nord-Italia, Piemonte-Lombardia  a 10 squadre.

Fecero parte del girone l’Ambrosiana, L’Atalanta, Brescia, Cremonese, Fanfulla, Milan, Pro Patria e Varese. La classifica vide l’Ambrosiana vincente con 21 punti, seguito dal Varese che s’impose in uno spareggio con il Brescia. Il Varese aveva in forza tra i suoi giocatori l'ala Ottino che allenerà il CHIETI in 4^Serie Eccellenza/B nel campionato 1957-58. In Piemonte si svolgevano alcuni incontri e il Torino Fiat presentava  una squadra con gli elementi che avrebbero formato il famoso “Torino”: Griffanti, Cassano, Piacentini, Gallea, Ellena, Cadario, Ossola, Loik, Gabetto; Mazzola V., Ferrarsi II° poi Bodoira, Piola, Giammarco. In Umbria si stava organizzando un campionato umbro con tre gironi.

Il mese di Aprile fu un mese in cui la S.S.Chieti disputò diversi incontri con questo calendario:

9 Aprile CHIETI-Liberi Calciatori 0-0;  16 Aprile CHIETI-Aspromonte- sfollati Siculi-Calabresi 9-0; 23 Aprile CHIETI-Audace sfollati Pescara-Francavilla 3-3; 30 Aprile CHIETI-Rappresentativa Militare  di Chieti 6-1. In questa partita io c’ero e la cosa non fu abbastanza piacevole, perché molti giocatori erano dei militari tedeschi che  essendo perdenti nella partita fecero di tutto per creare scompiglio e dovette arrivare la Gendarmeria tedesca. Alcuni disordini scoppiarono dietro la porta lato Seminario e nelle vicinanze degli spogliatoi. Io ero dalla parte opposta,lato porta  Gran Sasso e non si potè osservare tutto e distinto..

 

La locandina rappresenta la squadra 1942-43-cioè l’ultima prima della sospensione per la guerra.
Scritto   da  Licio  Esposito il 25 aprile  2016