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Categoria: racconti teatini
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Dallo sbarco degli Alleati in Sicilia, le linee difensive tedesche sono state diverse e variabili. Alla metà del mese di settembre la linea difensiva si estendeva da Salerno a Bari, mentre noi eravamo già invasi dalle truppe tedesche e di questo abbiamo parlato prima.
Nel mese d’ottobre la linea partiva da nord di Napoli poi Caserta –Benevento-Termoli ed infine la linea difensiva che per prima interessava il nostro Abruzzo, da Gennaio si estendeva dal Garigliano al fiume Sangro passando per Alfedena, Villa S. Maria, Piane d’Archi e Fossacesia. 
Era chiamata “Linea Gustav” e la parte Adriatica era il fronte che interessava le nostre zone, mentre invece della parte Tirrenica faceva parte le zone della valle del Liri e Cassino. 
A dicembre gli alleati oltrepassarono il Sangro per attestarsi sul Fiume Moro e poco dopo la battaglia d’Ortona si fermarono su una linea quasi parallela alla “Gustav” con la zona d’Ortona più indietro rispetto alla “Gustav” tirrenica che era ferma a Cassino e nella Valle dell’Liri.

Aspettando che gli eventi maturassero, si pensava a vivere nell’inverno molto rigido. La temperatura era sempre gelida e nelle case mancava il riscaldamento, si adoperava già da qualche tempo il “braciere”. Era un recipiente di rame con della carbonella che bruciava e che poggiava su una pedana a corona circolare di legno e in mezzo era collocato questo recipiente. Ci si sedeva attorno come ad un focolare e lì c’era conversazione e ci si riuniva veramente. Però c’era un grandissimo difetto.
Quando si passava ad altra camera, vi era una differenza di temperatura che creava i famigerati “geloni” o con termine medico “pernione” che letteralmente era un processo infiammatorio che interessava alcune parti particolari quali le dita, gli orecchi ed anche le gambe. Non era bello vederli, si gonfiava il tutto e dava anche molto fastidio che era alleviato da qualche pomata. Ora questo processo infiammatorio non esiste più con i riscaldamenti attuali. Si continuava ad andare a scuola per noi ragazzi, ma parecchie persone che noi chiamavano i”grandi” s’ingegnavano a fare qualsiasi cosa per tirare avanti. Alcuni misero su alcuni laboratori o fabbrichette per la produzione di torroni di”fichi secchi” con mandorle, proprio così ed erano molti richiesti perché si mangiavano per fame. Veramente erano ottimi(la fame fa brutti scherzi!) che a dir il vero non ho ritrovato nei torroni di fichi e mandorle o nocciole che si vendono adesso sotto il Natale. 
Mi son chiesto da dove provenissero le cosiddette materie prime, forse da alcune provviste che molti sfollati provenienti dalle campagne aveva portato con se da casa? 
Forse si, so solo che la produzione cessò lentamente con il rientro nella vita normale di tutti noi. Ci ricordiamo com’era il pane? 
Con molta crusca diciamo grossolana ed oggi questo tipo di pane é venduto a chi ha problemi gastro-intestinali. Poi la pasta anch’essa con molta crusca non era poi tanto male perché la mamma faceva un ottimo sugo e il piatto era ottimo, ora magari é presentato come specialità regionale e leccornia da gustare nei migliori ristoranti. 
Allora c’era anche il problema del sale molto importante sia per la salute che per il gusto. Le nostre maggiori fornitrici di sale erano in Puglia e quindi si poteva solo trovare al mercato nero, certamente qualcosa si racimolava con il razionamento ma era insufficiente. 
Tanto c’era mia nonna che si dava un gran daffare a procurarci le cose essenziali che ci servivano sempre a prezzi che delle volte erano insostenibili. 
Io mi sono sempre chiesto da dove sono provenuti gli alimenti che poi trovavano in giro al mercato nero; venivano da depositi strani, dal Nord dove qualcosa si trovava ma non tanto. Non ho trovato in giro nessuna indicazione o studio o relazione che qualcuno abbia fatto luce su questo fenomeno importante della storia contemporanea. 
Se uno ci pensa bene, cose introvabili in momenti difficili escono fuori all’improvviso ma a prezzo diverso dal reale. 
Il sale, quest’elemento essenziale della nostra alimentazione, era diventato merce molto rara e i soli soddisfatti potevano essere solamente chi soffriva d’ipertensione!
Intanto lo sfollamento era stato sospeso e in città girava la voce che la città poté essere dichiarata “Città aperta”, questo successe verso la fine del mese di marzo con diversi distinguo delle autorità tedesche. 
Si diceva che le truppe tedesche non potessero transitare dalla città, invece dalla mia strada (sempre Via Valignani) seguitò il traffico di truppe corazzate e motorizzate che si dirigevano verso sempre la stessa linea del fronte Ripa-Tollo- Miglianico, in pratica la parte adriatica del fronte. In città si camminava con qualche difficoltà per il numero enorme di persone, sembrava sempre un giorno di festa per i teatini che si ritrovavano nel Corso Marrucino. Erano le persone che erano presenti in città e si vedeva lampante, il problema igiene era sempre impellente e molte persone “bivaccavano” sotto i portici del Corso per mancanza di posti e per difendersi del freddo mettevano dei cartoni o simili come protezione. Si seppe che a Chieti Scalo fu requisito l’edificio dei Monopoli di Stato-chiamato dalla gente i “tabacchi”- ed adibito a centro di smistamento degli sfollati e poi erano trasferiti con carrozze ferroviarie al nord. Gli sfollati erano moltissimi e si viveva ormai con grande solidarietà e comunione e abbiamo conosciuto tante persone che poi sono rimaste in città residenti. Si sono strette amicizie poi coltivate con il tempo, conoscenze di persone semplici, leali e molto pazienti. 

A fianco al mio appartamento ve n’era uno più piccolo, allora vuoto, che poteva contenere pochissime persone, credo che fosse occupato da almeno 15 persone provenienti dalla zona di Tollo. Avevano portato con sé alcune provviste che ci offrirono e che noi non avevamo, ma avevano bisogno di tante cose e la lontananza dal loro paese era molto sentita. 
Rifiutammo per quanto ci offrirono e certamente noi ci sentivamo imbarazzati perché, forse, non potevamo offrire molto. In ogni caso la solidarietà era notevole e ci sentivamo legati ai loro disagi di un cambiamento notevole delle loro abitudini. Questa prima esperienza di situazioni disagevoli certamente ha fortificato tutti i ragazzi della mia età e ci hanno permesso, in seguito, di capire e comprendere meglio il problema della convivenza tra le genti.
Un appartamento a fianco al nostro con tre camere e cucina essendo vuoto, fu occupato da famiglie provenienti da Tollo e subito si instaurò tra noi del caseggiato e loro un rapporto durato poi nel tempo. Una ragazza si sposò con un funzionario dei VV.FF. la caserma era posta proprio sotto di uno dei balconi che guardava ad est. Questa famiglia rimase ad abitare in quell’appartamento e rimase una nostra cara vicina per moltissimi anni fino a quando io cambiai residenza per ragioni di lavoro. Si aveva notizie sui vari fronti e tutti erano convinti che la liberazione fosse più vicina di quanto noi pensassimo. Qualcuno già si preparava per il dopo e cercava di leggere sui giornali qualche spicchio di verità.
Il calcio riprendeva a vivere in spizzichi e dopo l’eliminatoria piemontese per il Campionato Misto Alta Italia, prese via alla fine di gennaio in Lombardia l’eliminatoria per il suddetto campionato. Alla stessa data hanno preso via i campionati interregionali Nord-Italia, Piemonte-Lombardia a 10 squadre. Fecero parte del girone l’Ambrosiana, L’Atalanta, Brescia, Cremonese, Fanfulla, Milan, Pro Patria e Varese. La classifica vide l’Ambrosiana vincente con 21 punti, seguito dal Varese che s’impose in uno spareggio con il Brescia. 
Il Varese aveva in forza tra i suoi giocatori l'ala Ottino che allenerà il CHIETI in 4^Serie Eccellenza/B nel campionato 1957-58. 
In Piemonte si svolgevano alcuni incontri e il Torino Fiat presentava una squadra con gli elementi che avrebbero formato il famoso “Torino”: Griffanti, Cassano, Piacentini, Gallea, Ellena, Cadario, Ossola, Loik, Gabetto; Mazzola V., Ferrarsi II° poi Bodoira, Piola, Giammarco.