Stampa
Categoria: Le interviste
Visite: 1567

 

Alzi la mano chi, tra i tifosi neroverdi, non ha pensato ad un mago! Sì, un mago, uno di quei personaggi simpatici delle favole con barba lunga, cappello a punta e bacchetta magica: solo un mago poteva risollevare le sorti di un Chieti stracciato nell’anima e vittima di una involuzione tecnica che sa di incantesimo, palesatasi in forma virulenta con le ultime due sconfitte. Ore 17 di domenica 7 ottobre, i neroverdi, dopo aver perso in casa con il Miglianico sette giorni prima, hanno appena preso altre tre sberle in quel di Pratola Peligna e scivolano a -9 dalla testa della classifica: la dirigenza, fin troppo paziente con la gestione tecnica, capisce che è il momento di dare una sterzata decisa con un cambio in panchina per cercare di risollevare anima e cuore di un ambiente depresso. Seguono ore di concitata frenesia e la scelta finale, nella notte, cade su mister Lucarelli.
Alessandro Lucarelli da Avezzano arriva a Chieti lunedì 8 ottobre, senza bacchetta magica e cappello a punta ma con una gran voglia di fare bene. Persona seria e preparata ha convinto anche gli scettici portando in sole sei settimane o poco più i neroverdi dove sarebbero dovuto esseri dall’inizio della stagione, una rimonta incredibile da -9 al primo posto solitario e due punti di vantaggio sulle dirette inseguitrici. Appena arrivato aveva chiesto una quarantina di giorni per vedere il vero volto della squadra, oggi sono trascorsi 47 giorni dalla sua nomina e mi sembra di poter dire che siamo già a buon punto… «Decisamente! – esclama con convinzione il mister – difficile chiedere di più. Dividerei queste prime settimane di esperienza in due tranches: i primi venti giorni è stato fatto un lavoro di approccio psicologico alla squadra, fortunatamente supportato dai risultati positivi che ci hanno permesso di fare uno scatto in avanti dal punto di vista mentale, i secondi venti li definirei di gestione a causa del  numero di infortuni in ascesa. La qualità della rosa è riuscita a sopportare le assenze ed ha fatto sì che i risultati arrivassero ugualmente, spero di riavere tutti a disposizione durante la sosta natalizia e cominciare il lavoro sul campo che mi piace fare. Al momento mi sento ancora un gestore e non un vero allenatore e se ora siamo primi va fatto un plauso a tutti i ragazzi che non hanno mai mollato e ci stanno mettendo l’anima».

 

Ci racconti la genesi del suo arrivo a Chieti.
Devo riconoscere a Cristian (Pollio ndr) di aver fatto lo scatto fondamentale e decisivo nella serata di domenica 7 ottobre. Dopo un rimbalzo di telefonate mi ha chiamato chiedendomi di incontrarci e conoscerci di persona. Era mezzanotte inoltrata, ci siamo trovati con lui ed il presidente all’uscita autostradale di Pratola: abbiamo parlato, verificato che i nostri obiettivi collimassero ed il giorno dopo ero a Chieti. Passatemi la battuta, l’unica cosa che posso rimproverargli è di essere arrivato dopo di me all’appuntamento.


Torniamo appunto all’otto ottobre e a 19 punti fa. Come ha trovato la squadra fisicamente e mentalmente?
Psicologicamente molto preoccupata del futuro e dall’incognita della nuova gestione tecnica.
Anche i dirigenti lo erano ma per mia fortuna non è la prima volta che mi capita di subentrare in corsa e sapevo a cosa sarei andato incontro. Ho trovato una squadra a posto dal punto di vista fisico ma bloccata dal punto di vista mentale.

 

Le prime parole che ha rivolto ai ragazzi
Con precisione non ricordo quali siano state, ricordo di aver chiesto loro i motivi di quella situazione ma avendo di fronte uno sconosciuto hanno fatto fatica ad aprirsi ed esprimere le loro opinioni.
Ho cercato di sdrammatizzare la situazione, rimuovere il blocco mentale che le sconfitte avevano creato e la contestazione acuito, i ragazzi hanno capito che era meritata e che bisognava rimboccarsi le maniche e darsi una mossa.



A due giorni dal suo arrivo arriva una bella iniezione di fiducia con la rotonda vittoria casalinga contro l’Amiternina: a far lustrare gli occhi ai tifosi non è tanto il 3-0 finale quanto vedere in campo una squadra completamente diversa da quella di 72 ore prima.
Non mi sento di dare un giudizio sulla squadra nelle precedenti gare ma posso dire che i ragazzi al mio esordio hanno dato tutto, erano motivatissimi, è stata una risposta fondamentale. Ad un  subentro in panchina in corso d’opera la squadra può reagire in due modi: o riesce a darsi la scossa oppure finisce in una spirale di negatività e va ancora più giù. Per fortuna è andata bene. Sarei un pazzo se mi attribuissi meriti sul piano tecnico tattico per quella vittoria, è tutto merito dei ragazzi e della loro grande risposta.


L’ottima partenza dà il “là” ad un crescendo rossiniano: ad oggi il ruolino in campionato parla di 6 vittorie, un pareggio ed un unico passaggio a vuoto nella trasferta di Castelnuovo, dopo sessanta minuti dominati. Possiamo definirla una sconfitta salutare?
Nonostante la sconfitta abbiamo dato dimostrazione di essere piu forti di tutti, e l’ho anche dichiarato nelle interviste di fine match. Se la rigiocassimo per dieci volte probabilmente ne vinceremmo altrettante. Per 60 minuti abbiamo dominato e sfiorato molte volte la via della rete, poi nel calcio ci sta tutto: il loro eurogol del pareggio, la nostra frittata difensiva sul secondo gol e l’espulsione di Delgado senza la quale, visto che eravamo ancora sul 2-1, potevamo tentare il recupero.
Abbiamo peccato nella gestione della gara e forse sotto questo aspetto abbiamo meritato la sconfitta. Non ero affatto preoccupato e le partite successive mi hanno dato ragione: all’esordio in una situazione difficile la squadra ha reagito e vinto, dopo la Torrese i ragazzi hanno reagito alla grande, sono segnali forti che un allenatore non può non cogliere con estrema positività. Vuol dire che la squadra è capace di fare quadrato e di unirsi nelle difficoltà. Ci saranno ancora partite così, arriveranno altre sconfitte ma credo che fino ad ora abbiamo fatto qualcosa di importante. I punti che abbiamo li meritiamo tutti anche se ad essere onesti sono arrivati in maniera un po’ “scomposta”: contro il Sambuceto ci poteva stare il pareggio, contro Torrese e Acqua e Sapone meritavamo sicuramente qualcosa in più.


In 40 giorni, calcolando anche le partite di Coppa Italia, il Chieti ha disputato nove incontri.
Col senno di poi giocare tanto è stato meglio o peggio?

Visti i risultati direi che è meglio che io non lavori molto in allenamento, anzi non vedo l’ora di giocare ancora turni infrasettimanali! (…ride) In realtà ho trovato tanta disponibilità nei ragazzi, hanno subito cercato di mettere in pratica le piccole cose che abbiamo provato in allenamento col poco tempo disponibile. Causa infortuni sto impostando il discorso tattico a piccole dosi: svolgere un allenamento con tanti assenti non è semplice, spiegare schemi quando mancano tanti ragazzi non mi piace, i concetti si perdono ed il lavoro rallenta. Purtroppo al momento non sto lavorando come dovrei e come vorrei, sto solo cercando di infondere tranquillità ed equilibrio alla truppa.


E’ sotto gli occhi di tutti che la fase difensiva fosse il tallone d’Achille del “primo” Chieti, incertezze che in parte si sono palesate anche nelle prime giornate della sua gestione. Nelle ultime quattro gare però un solo gol subito, oltretutto su rigore: inversione di tendenza casuale o i suoi dettami tattici cominciano a dare frutti ?
Le mie squadre di solito prendono tanti gol e ne fanno tanti, direi che è un caso.
Penso che la fase difensiva sia soltanto una questione di attenzione e concentrazione: quando i difensori sono sul pezzo alzano la qualità della fase difensiva ed aumentano l’impenetrabilità della difesa. In questo momento i ragazzi ci stanno mettendo tanta applicazione e le cose stanno andando bene, di certo un domani subiremo qualche gol in più ma la cosa non deve preoccuparci.
In soldoni, spiegare la fase difensiva non è difficoltoso, i movimenti dello scivolamento o dello scalare sono abbastanza intuitivi. Quella offensiva, sulla quale io adoro lavorare, è molto più complicata, bisogna sempre trovare soluzioni nuove. Nel mio lavoro mi piace sempre essere aggiornato al massimo, studio molto e intrattengo rapporti con diversi allenatori di serie A e B ai quali faccio visita quando posso per sbirciarne i metodi di allenamento.



A mio modesto avviso domenica scorsa il Chieti ha disputato la partita meno brillante della sua gestione dal punto di vista del gioco, ma ha portato a casa una vittoria da squadra spietata ed esperta, una di quelle vittorie che hanno un peso specifico doppio nell’arco di un campionato.
Assolutamente d’accordo. Essere cinici è una mentalità che si acquisisce nel tempo e non in allenamento, dobbiamo però essere più bravi a cercare di dominare le partite di quel genere.
Ho fatto rivedere ai ragazzi la gara contro il Delfino FP per evidenziare gli errori commessi: su
un campo pesante contro una squadra che gioca alla morte e si chiude per farti male sulle ripartenze non puoi permetterti di perdere palla a centrocampo e farti trovare scoperto nelle retrovie.
Questo tipo di partita sarà il leitmotiv di tutto il campionato e dovremo essere bravi ad esporci il meno possibile al contropiede avversario. Col Sambuceto è accaduto più o meno lo stesso: hanno sfruttano molto bene le ripartenze, è la loro abilità principe, la partita sullo 0-0 si è messa sul binario a loro più congeniale e abbiamo rischiato di subire la beffa.
Il campo sicuramente non ci ha aiutato, fortuna che è arrivato il gol di Rodia allo scadere.

Capitolo under, risorsa imprescindibile per queste categorie: Malandra, Marwan, Di Marco, Cellucci, Ronzino senza dimenticare i portieri si stanno ritagliando spazio e fiducia in squadra. Le chiedo, senza fare nomi perché sarebbe antipatico, se vede qualcuno di loro già pronto per un campionato di D.
Direi tutti. I fuoriquota che stiamo utilizzando hanno ampi margini di miglioramento, quest’anno per loro è un anno fondamentale, possono e devono dimostrare di poterci stare in un gruppo forte, senza fretta e con i giusti accorgimenti potranno lucidare al meglio le proprie capacità.
Sarà forse più dura per gli attaccanti in quanto, soprattutto in serie D, si tende a far giocare come terminali offensivi calciatori esperti e dirottare i fuoriquota in difesa, diciamo quindi che dovranno lavorare di più per emergere.

Quando si dice fare di necessità virtù: la scelta di posizionare Calvarese ad ala, nata da problemi contingenti di infortuni e squalifiche, si è rivelata una freccia in più al suo arco.
Per il mio modo di concepire il calcio è  faticoso pensare di schierare un terzino ad ala ma Eugenio, oltre ad essere un ragazzo intelligente, ha buone qualità offensive ed una gamba importante: è un terzino atipico con spiccate doti da esterno d’attacco. L’abbiamo schierato lì per la prima volta contro il Paterno, avevamo raggiunto il punto massimo di assenze e dovevamo pensare a qualcosa di alternativo, la sua grande disponibilità, cultura calcistica e conoscenze tattiche hanno fatto il resto.

 

Il suo Chieti è già pronto, in caso di necessità, a cambiare modulo tattico?
Sì, a patto che torni avere tutti a disposizione per lavorare bene in allenamento. Non mi piace improvvisare le cose e non sono un amante intransigente del 4-3-3: è il modulo che preferisco, la squadra lo ha ereditato dalla gestione Marino e mi sembrava giusto proseguire su quella strada.
Dobbiamo assolutamente essere in grado di presentare dal punto di vista tattico un piano B per avere sempre un’arma in più da poter sfruttare.

Il pubblico di Chieti: uno stimolo od un peso per lei?
Un grande stimolo! Sono sempre stato affascinato dalla piazza teatina, a cavallo degli anni 80 e 90  seguivo sempre in tv le partite del Chieti: uno stadio clamoroso, un grandissimo calore, un biliardo come terreno di gioco, grandi giocatori come Presicci e Pallanch.
I tifosi mi hanno accolto senza preconcetti, chiedendomi di uscire fuori dalle sabbie mobili di questo campionato, i ragazzi della curva mi rispettano, mi piace il loro modo di fare tifo per la squadra senza esaltare il singolo, nella mentalità ultras è una cosa importante e l’ammiro.
Mi diverto ad allenare e queste sfide in piazze importanti mi piacciono, il boato al gol contro il Sambuceto me lo porterò dentro per tanto tempo, probabilmente sono stato l’unico all’interno dello stadio che è rimasto immobile. Ho sempre desiderato arrivare ad allenare il Chieti e finalmente ce l’ho fatta, in città c’è un amore particolare per il calcio e a quanto mi dicono l’entusiasmo dei vecchi tempi si sta pian piano risvegliando, e non posso che gioirne. Anche il rapporto con i media è diverso, mi chiamano in continuazione, non ci sono abituato e non può che farmi piacere.


L’abbiamo sentita lamentarsi a ragione del manto erboso dell’Angelini ed immagino vi siate più volte già confrontati in merito con la società.
Si, ho fatto un’uscita forte al termine della gara contro il Sambuceto minacciando di andare a giocare altrove, credo ci penalizzi molto per il nostro modo di giocare. In eccellenza è fondamentale fare punti tra le mura amiche, il dover fare sempre la partita con un terreno di gioco in quelle condizioni non ci aiuta, senza contare il rischio che si corre per gli infortuni. Credo che non sarà una problematica di facile soluzione anche perché non dipende solo dalla società, ma spero si possa risolvere quanto prima.


Aggiungo che è anche un biglietto da visita poco edificante per la già vituperata città di Chieti….
Passiamo ad altro. L’abbiamo sentita più volte ribadire che il Chieti è la squadra più forte del campionato. Da domenica scorsa non siamo più cacciatori ma lepri, quanto cambia dal punto di vista psicologico? Quali insidie può creare essere padroni del proprio destino?
Cambia tantissimo! Ho detto alla squadra che ora siamo primi e dobbiamo fare una cosa semplicissima, rimanerci fino alla fine! Dovremo dimostrare tutte le domeniche di meritarlo, sarà un cambio radicale di mentalità, bisogna abituarsi a guardare avanti senza guardare dietro. Le partite non si possono vincere tutte ma siamo in grado di poterne vincere tante.


Lei conosce molto bene il campionato di Eccellenza, avendolo vinto nel 2015 con la squadra della sua città e sfiorato il bis nel 2017 guidando il Paterno. Il campionato di quest’anno è molto diverso da quelli da lei già vissuti in prima persona?
La differenza sostanziale è che negli altri campionati c’era una lotta a due, testa a testa fino alla fine. Quest’anno ci sono tre o quattro squadre di buona caratura ed il livello generale si è un po’ alzato: questo può essere un male perché aumenta la concorrenza ma un bene perché le varie pretendenti possono togliersi punti a vicenda negli scontri diretti.


Capitolo stretta attualità: le chiedo la situazione dell’infermeria, soprattutto in merito agli infortuni della legione straniera.
Leccese, in accordo con la società, è attualmente in Argentina, per evitare di farlo partire durante il periodo natalizio, quando spero di riaverlo a disposizione. Si è preferito mandarlo adesso in quanto la terapia riabilitativa può essere facilmente svolta anche a casa.
Siamo in diretto contatto telefonico, lo aspettiamo qui a Chieti il  il 10 dicembre, sperando che al rientro stia bene e sia in grado di correre.
Tato avrà bisogno di un’altra settimana, verosimilmente sarà a disposizione contro il Penne.
Delgado è tornato in Spagna per curarsi il ginocchio, rientrerà a Chieti venerdì mattina (oggi ndr) e ne valuteremo le condizioni. Purtroppo anche lui dovrà svolgere di nuovo una piccola preparazione visto che è tanto tempo che è fermo, diciamo che l’optimum sarebbe avere lui e Tato entrambi disponibili contro il Penne.


Cosa si aspetta dal prossimo mercato di riparazione dicembrino.
La società sa quello di cui ho bisogno, ne abbiamo già parlato. Sicuramente un attaccante, poi bisogna valutare la situazione infortuni: se rientrano tutti credo che un centravanti sia sufficiente ma se le condizioni dei lungodegenti non dovessero migliorare le cose si complicano e ci potrebbe essere la necessità di intervenire in maniera più copiosa sul mercato.


Domenica all’Angelini arriva il Nereto, scherzi del calendario che in tre giorni ci metterà di fronte per due volte i rossoblù (mercoledì c’è l’andata della semifinale di coppa Italia in terra teramana). La compagine vibratiana, probabilmente, non ha ancora espresso tutto il suo potenziale.
D’accordissimo, il Nereto ha un potenziale ancora inespresso ed un organico importante con i vari Veccia, Antonacci, Chiacchiarelli e Pagliuca.
Può certamente dire la sua insieme a Torrese, Spoltore, Sambuceto e Capistrello per le prime posizioni: sarà una gara molto insidiosa da prendere con le molle.


Concludo con un augurio: mister, lei è in possesso del patentino Uefa di seconda categoria che permette di allenare sino al primo gradino dei professionisti.  “C” arriviamo insieme?
Dipende da domenica prossima! La mia è una battuta ma è per farvi capire che a me piace lavorare per obiettivi ed il mio prossimo, ora, è la sfida contro il Nereto. Tutte le mie attenzioni ed i miei pensieri sono rivolti alla gara di domenica. Sono un tipo ambizioso, mi piace prendere il mio lavoro molto seriamente ma col sorriso, con leggerezza e cercando di divertirmi il più possibile. Sognare non costa nulla, è ovvio che immagino di arrivare in alto e farlo col Chieti sarebbe forse chiedere troppo, ma sono cose che tengo per me. Siamo a novembre, il campionato è lungo e non abbiamo ancora fatto nulla: piedi per terra, testa bassa e tanto lavoro, queste sono le mie uniche ricette.

 

Grazie mister per la disponibilità ed in bocca al lupo per domenica.
Grazie a voi per la visibilità che mi concedete, un saluto a tutti i tifosi neroverdi!