Angelo Calisti con la maglia dell'Alessandria 


(di Franco Zappacosta)
Angelo Calisti all’inizio degli Anni 70 è stato splendido protagonista di un triennio che non diede importanti risultati solo per la fragilità della struttura societaria (un uomo solo al comando) e perché mancò il pizzico di fortuna sempre necessaria per realizzare grandi imprese. Così quel Chieti che, assieme a Calisti, ebbe attaccanti del calibro dei compianti Cavicchia e Peressin, o come Scicolone e il nostro Walter Berardi per non parlare di Vriz, riuscì soltanto a conquistare buoni piazzamenti finali, nulla di più.

Angelo Calisti, neroverde dal 1970 al 1973, è stato un attaccante (oggi si direbbe esterno alto) capace di giocare sia sulla fascia destra, suo territorio preferito, sia sulla corsia sinistra. Tecnicamente dotatissimo ha avuto una carriera al di sotto del suo grande talento. Infortuni di seria entità ne impedirono il decollo verso il calcio di alto livello. Napoli, Fiorentina, Roma furono destinazioni che saltarono a causa di perfidi agguati del destino. Avrebbe avuto bisogno di qualche provvidenziale sortilegio di un famoso personaggio vissuto nel ‘700, il Conte di Cagliostro, morto prigioniero nella fortezza di San Leo, la località (marchigiana prima, adesso romagnola) della quale Calisti è originario.

Calisti è nato il 16 febbraio 1948 a San Leo, la medievale capitale del Montefeltro, passata anni fa dalla provincia di Pesaro Urbino a quella di Rimini. Angelo ha frequentato la serie A con l’Ascoli, due stagioni, dal ’74 al ’76, con allenatori Mazzone e Riccomini. Il suo esordio in maglia bianconera avvenne il 12 gennaio 1975 in Ascoli-Bologna 1-3. Nove presenze complessive <poche, perché anche in quel periodo fui bersagliato da diversi infortuni, ho avuto un mucchio di problemi. Ma non ho rimpianti> sottolinea. Ecco il tabellino della partita che segnò l’ingresso nella massima divisione:

Ascoli: Grassi (dal 46’ Masoni); Minigutti, Legnaro; Colautti, Castoldi, Salvori; Macciò, Vivani, Zandoli, Gola (dal 46’ Calisti), Campanini. All. Mazzone

Bologna: Adani; Roversi, Cresci; Bulgarelli, Bellugi, Maselli; Ghetti, Pecci, Savoldi, Massimelli, Landini. All. Pesaola

Arbitro: Barbaresco di Cormons

Marcatori: 5’ Landini, 34’ Zandoli, 40’ e 84’ Savoldi

Calisti approdò ad Ascoli dopo l’eccellente esperienza chietina. In maglia neroverde collezionò 91 presenze illustrate da 21 gol. Bel bilancio. Prima stagione con Alberto Eliani (grande delusione) in panchina, esonerato nel finale e sostituito dal buon Ostavo Mincarelli. L’anno dopo la squadra venne affidata a Piero Castignani, infine toccò ad Antonio Valentin Angelillo, uno dei tecnici migliori passati a Chieti ma che Angelini esonerò risentito per il fatto che l’allenatore non era andato a fargli visita, nella sua casa di Pescara, durante gli oltre due mesi in cui era stato costretto a letto da una seria influenza.

Accadde tutto nel ’73, a metà maggio. Il comunicato del Chieti con l’annuncio ufficiale del licenziamento venne diramato mercoledì 16, Naturalmente entrambi i protagonisti (presidente ed allenatore) fornirono motivi diversi nelle due conferenze che convocarono in quei giorni agitati.

Angelillo, 80 anni, vive nella sua Arezzo ma purtroppo non può raccontare l’incredibile vicenda perché non sta bene, gli è amorevolmente accanto ancora la signora Bianca, la stessa compagna che era con lui a Chieti nel ’73. Abitavano in via Madonna degli Angeli, nella palazzina che sorge all’incrocio di via Gran Sasso dov’è oggi il terminal degli autobus.

Delle tre stagioni neroverdi di Calisti sono da incorniciare i due successi casalinghi nei derby con il Pescara (non ce ne fu un terzo per la retrocessione dei biancazzurri in serie D nel 1972): 2-0 il 14 febbraio 1971 con doppietta dell’indimenticabile Pasquale Cavicchia; 2-1 il 24 ottobre 1971 con gol di Calisti e di Vanni Peressin, altro neroverde che adesso gioca a pallone in cielo. Noi ricordiamo anche il gol decisivo realizzato dall’attaccante marchigiano a Messina (0-1) il 24 settembre 1972. Eccole queste tre fantastiche vittorie del Chieti.

14 febbraio 1971 Chieti-Pescara 2-0

Chieti: Garzelli; De Pedri, Ivo Di Francesco; Lancioni, Campagnola, Giovanardi; Calisti, Scicolone (68’ Cassin), Cavicchia, Flaborea, Peressin. 12 Bedendo All. Eliani

Pescara: Lamia Caputo; De Marchi, Moro; Simeoni, Palanca, Carrano; Cicogna, Giagnoni, De Carolis, Maio, Leonardo Di Francesco. 12 Ventura, 13 Tancredi All. Capocasale

Arbitro: Levrero di Genova

Marcatori: 22’ e 85’ Cavicchia

Note: all’89’ espulsi Lancioni e Maio per reciproche scorrettezze

24 ottobre 1971 Chieti-Pescara 2-1

Chieti: Garzelli; Rossetto, Lancioni; Bacchi, Campagnola, Marongiu; Peressin, Taddei, Cavicchia (87’ Zanotti), Pinna, Calisti All. Castignani

Pescara: Tampucci; De Marchi, Cialini; Moro, Piccinini, Ceccardi; Paglialunga, Prosperi, Arditi, Maio, Marcolongo All. Falini/Patricelli

Arbitro: Barboni di Firenze

Marcatori: 5’ Paglialunga, 7’ Calisti, 38’ Peressin

24 settembre 1972 Messina-Chieti 0-1

Messina: Cinelli; Lo Bosco, Giacomin; Caligiuri, Metallo, Cioncolini; Di Giusto (65’ Pizzi), Tripepi, Curcio, De Maria, Ferrara. 12 Nastasi All. Massei

Chieti: Fontana; Rossetto, De Pedri; Bisiol, Monico, Anelli; Doffo, Zanotti, Cavicchia, Vriz, Calisti. 12 Rulli 13 Cerone All. Angelillo

Arbitro: Sansò di Lecce

Marcatore: 73’ Calisti

Di quel campionato merita inoltre una rilettura lo storico 7-1 (con tripletta di Angelo) inflitto al Potenza il 20 maggio 1973, la domenica dopo il clamoroso esonero di Angelillo. Ad ogni gol i neroverdi si portarono sotto la tribuna dov’era spettatore il loro tecnico, rivolgendogli un saluto che era il modo plateale per testimonargli la propria solidarietà in polemica contrapposizione alle scelte della società.

Chieti: Rulli (69’  Fontana); De Pedri, Sena; Anelli, Bisiol, Fellet; Calisti, Zanotti, Berardi, Vriz, Omizzolo (26’ Cavicchia)

Potenza: Galantucci; Urgesi, Molfese; Cillis, Luongo, Cavazza; Polino, Gaddi, Cosenza (47’ Aliandro), Foresti, Barone

Arbitro: Bertoldini di Venezia

Marcatori: 3’ Vriz, 14’ Vriz, 18’ Calisti, 33’ Anelli, 38’ Zanotti, 47’ Foresti, 80’ Calisti, 88’ Calisti

L’interessato invece conserva nel cuore (e nella mente) soprattutto la rete che realizzò il 18 aprile 1971 contro la Salernitana di Tom Rosati (1-0) e una ragione c’è. Ce la racconta proprio il protagonista: <Alla vigilia dell’incontro avevo un po’ di febbre e non ero sicuro di giocare. Il sabato incrocio lungo corso Marrucino proprio Tom che conoscevo bene. Lui mi saluta e in dialetto chietino che tento di imitare mi chiede: “Oh, tu duman juc?”. “Non lo so, non sto tanto bene”. “Beh, nun jucà, è meje”. Era in fondo una dimostrazione di stima, mi temeva come avversario. La domenica andai in campo. Passati meno di cinque minuti dall’inizio misi a segno il gol della nostra vittoria. La Salernitana infatti attaccò a lungo per rimontare ma il risultato non cambiò (alla fine Rosati per la rabbia prese a pugni la panchina n.d.a.). Un po’ mi dispiacque perché la sconfitta costò a Rosati la promozione in serie B e al termine della gara i tifosi salernitani che erano arrivati in gran numero assediarono la squadra chiusa negli spogliatoi del nostro stadio. Ma nello stesso tempo ero contento per me stesso e per il Chieti>. In serie B andò il Sorrento per un solo punto di vantaggio nei confronti dei rivali granata.

Angelo Calisti parla di Chieti con enorme affetto. <Grazie a quei tre anni mi sono innamorato dell’Abruzzo. A Chieti come nelle altre città abruzzesi dove sono stato anche durante la mia attività di allenatore, da Atri fino ad Ortona, mi sono trovato sempre bene. L’amicizia era amicizia, un valore vero e sentito, e ancora oggi è così. A Chieti in particolare vivevo in un ambiente che potrei definire famigliare, avvertivo nei rapporti una cordialità e una sensibilità d’animo che ho molto apprezzato e il cui ricordo conservo tuttora. Tant’è, devo confessarlo, che quando tempo fa sono stati celebrati gli 80 anni di vita del club ci sono rimasto male per non aver ricevuto l’invito. Si erano dimenticati del mio nome e si sono scusati. Ho capito, tutto a posto. Adesso la città è cambiata, è diventata una affollata sede universitaria, ma il suo tratto principale resta quello che ho colto al mio arrivo quasi cinquant’anni fa. Gli amici di allora restano ancora amici e quelli con i quali ho stretto legami negli anni seguenti lo sono altrettanto. Adesso, per esempio, ti sto parlando da Atri dove sono ospite a pranzo a casa di un mio ex giocatore. Anche con molti compagni di quel Chieti sono tuttora in contatto. C’è un episodio che devo raccontare>.

Siamo curiosi di conoscerlo.

<Con me giocava un difensore molto bravo. Un centrale forte fisicamente e tecnicamente, mi riferisco a Campagnola (Romeo Campagnola nato a Giavera del Montello, in provincia di Treviso, il 17 gennaio 1945: 147 presenze in neroverde! n.d.a.). Nel ’71, finita la preparazione estiva, mi  dice che avrebbe lasciato il Chieti perché non aveva trovato l’accordo economico con Angelini. Sai di quant’era la differenza che impediva di firmare il contratto? Diecimila lire. Andai da Angelini e gli dissi: “Non si può mandare via un giocatore forte e per giunta sposato. Presidente tolga diecimila lire dal mio stipendio e li dia a Campagnola”. Angelini, da persona intelligente e generosa, capì e apprezzò il mio gesto. “Va bene, non tolgo niente a te e accontenterò Campagnola”. Incredibile. Il terzo anno ero indeciso sul tornare a Chieti, dopo due anni pensavo fosse giusto cambiare aria. Il presidente mi mandò a San Leo un autista con il contratto in bianco>.

Guido Angelini come Costantino Rozzi?

<Due grandi personalità con diversi punti in comune. Per carattere si somigliavano molto. Rozzi ha avuto la fortuna di conquistare la serie B e poi la A. Per traguardi importanti lottò molto e a lungo anche Angelini, investendo grandi risorse. Angelini aveva un modo di fare da molti criticato ma portò a termine tutti i campionati. Nell’arco della sua lunga gestione della società non lasciò mai una pendenza in giro, un debito per il quale qualcuno, giocatore o no, abbia mai potuto sollevare una polemica. Era di una correttezza unica, i calciatori sapevano che a Chieti sul piano economico non avrebbero avuto problemi e così è sempre stato. I risultati tecnici dipendono da mille fattori, ci vuole anche fortuna, ma i comportamenti rispecchiano quello che sei. Presidenti del genere, come lui e Rozzi,  non ce ne sono più. Chieti gli deve riconoscenza>.

La tua carriera, dopo Ascoli, non ha avuto il decollo che le tue qualità lasciavano prevedere.

<Sono stato condizionato dagli infortuni nei momenti fondamentali. Sempre, quando si sono delineate possibili svolte, la sorte si è accanita contro di me. Facevo parte della nazionale di serie C, eravamo a Pistoia in campo contro la Francia. Bearzot, il nostro tecnico, alla vigilia mi aveva presentato Chiappella, allenatore del Napoli. Il mio trasferimento in maglia azzurra sembrava deciso. Purtroppo proprio all’ultimo minuto della gara mi ruppi il malleolo e il mio passaggio al Napoli sfumò. Allo stesso modo svanì la possibilità di giocare nella Fiorentina allora allenata da Nils Liedholm. In una gara non ufficiale tra la squadra viola e una mista con calciatori in prova che Liedholm voleva visionare feci gol dopo dieci minuti, poi Della Martira intervenne da dietro con un’entrata terribile e addio Firenze. All’Aquila, sul campo dove giocava anche la squadra di rugby, misi il tallone in una buca di quelle usate per l’irrigazione del terreno e mi saltò il ginocchio. Il professor Perugia sbagliò l’intervento, restai fermo un anno. Anche la prospettiva di giocare nella Roma di Helenio Herrera si dissolse. Mi allenai per dieci giorni con la squadra giallorossa ma Angelini chiedeva 130 milioni, la Roma era disposta a sborsarne 90 e la trattativa fallì. Questa è la mia storia. Ma è il passato, pazienza, sono comunque contento per quanto il calcio mi ha dato e orgoglioso per quel che ho fatto vedere sui campi. Il pubblico, dappertutto, mi ha sempre stimato e apprezzato. Vivo ad Ascoli da quarant’anni e tutti mi vogliono bene come tanto affetto ho avuto ed ho ancora dalla gente di Chieti>.

Il Chieti adesso se la passa non benissimo.

<Ad Ascoli è arrivato Benigni, dicevano fosse un avventurierio, ma sta assicurando stabile vita in serie B alla squadra. Guardate cosa è accaduto in altre piazze delle Marche: Ancona, Macerata, a San Benedetto qualche anno fa. A Chieti dovete avere fiducia in Trevisan, è un imprenditore che lavora lì e uno del posto non rischia mai di fare una brutta figura, non gli va di infangarsi, si impegnerà sempre al massimo per ottenere il migliore risultato possibile. L’importante è crederci>.

Col calcio hai chiuso. E adesso?

<Dedico tutto il mio tempo ai miei nipotini. Ne ho tre e un quarto arriverà a gennaio>.

Il tuo messaggio ai sostenitori neroverdi.

<Non saluto soltanto i tifosi del Chieti, sarebbe limitativo. Voglio invece mandare un abbraccio affettuoso a tutta la città, a tutti i chietini>.

 

Condividi
Pin It