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Il nuovo mister del Chieti nella sua "vecchia" sala stampa

 

di Franco Zappacosta

Da oggi al lavoro. Saranno giornate durissime, frenetiche quelle che attendono Alessandro Grandoni il nuovo allenatore del Chieti. Non sarà facile recuperare il tempo perduto con la lunga telenovela del passaggio di proprietà, che nemmeno è il termine giuridicamente esatto perché c’era un‘associazione sportiva dilettantistica il cui legale rappresentante (Filippo Di Giovanni) è uscito di scena ed ora a sostituirla è nata una società a responsabilità limitata con quote di capitale sottoscritte da alcuni soci (tra i quali c’è anche Giulio Trevisan). Ne è presidente Antonio Mergiotti. Ma questa è un’altra storia raccontata tanto per essere chiari e che qui non interessa più di tanto.

Quello che interessa è che ieri, domenica, quando pensavamo che tutti i plenipotenziari del Chieti si fossero concessi la meritata pausa, con un’improvvisa (e inattesa) accelerazione sulla tabella di marcia è spuntato il nome del tecnico. La scelta è caduta sul candidato che effettivamente aggregava attorno a sé i maggiori consensi.

Alessandro Grandoni, ternano, 42 anni da compiere il 22 luglio, ha un rispettabile passato da difensore. Dopo gli inizi con la maglia rossoverde della sua città, ha giocato in serie A (con Lazio, Sampdoria, Torino, Modena e Livorno) e in serie B. In A ha totalizzato 227 presenze e 4 reti, in B 149. Eccellente stato di servizio. Ha giocato anche nell’Under 21. Ha sempre bruciato le tappe: basti pensare che ha esordito in A quando nemmeno aveva 19 anni e in una partita non certo banale: 18 febbraio 1996 Lazio-Roma 1-0. Di lui si ricorda la famosa testimonianza davanti ai giudici sportivi con la quale evitò la squalifica all’interista Adriano.

In panchina ha cominciato dalla gavetta (settore giovanile Fiorentina, Pisa). Poi la serie D a Scandicci e l’anno scorso ha lavorato in un club importante com’è il Savona. Ha ottenuto un terzo posto finale sia pure a distanza siderale dalla corazzata Lecco. Bene nel girone di andata, meno bene al ritorno quando la squadra ligure ha accusato una netta flessione. Ma dissensi in ambito societario, con la conseguenza di stipendi ai tesserati a lungo non pagati, hanno avuto il loro peso.

Adesso Grandoni arriva a Chieti in un ambiente altrettanto difficile che ha sete di rilancio dopo stagioni di grandi stenti (neanche il successo nell’ultimo campionato di Eccellenza ha sanato le ferite di passate esperienze). Tempo ce n’è poco e l’obiettivo dichiarato è quello di “conservare la categoria”. Traguardo che la gente neroverde è disposta a condividere perché non vuole più promesse poi puntualmente disattese, impegni roboanti che non vengono mantenuti. Insomma al profilo cosiddetto basso poco ci manca.

Conosciamolo da vicino Alessandro Grandoni al suo primo giorno da nuovo tecnico del Chieti, ultimo di uno sterminato elenco di professionisti che hanno fatto la storia del calcio neroverde: alcuni con ottimi risultati e che perciò restano scolpiti nella memoria collettiva, altri hanno fatto meno bene, altri sono finiti nell’oblio. Tutto normale se è vero che il calcio è metafora della vita.


Contento per l’incarico?
“Sì, molto. Vengo a lavorare per una squadra che dà grande visibilità a un allenatore, in una piazza calda, che ha un profondo senso di appartenenza e un solido attaccamento ai propri colori. Il primo contatto l’ho avuto a metà maggio, è da allora che ho in testa il Chieti. Ci speravo, ci credevo, ho desiderato questo ingaggio e adesso che è fatta sento dentro di me che sarà un’esperienza stimolante”.


Qual è il suo sistema di gioco preferito?
“Naturalmente la scelta dipende dai giocatori che hai a disposizione. Di solito applico il 4-3-3 oppure il 4-2-3-1. Ecco i miei concetti basilari. Ma non mi considero un integralista. Cerco di essere duttile e di adattarmi, nel caso, a uomini e circostanze. Anche perché sono tra quelli che pensano che i giocatori sono gli attori principali e che un allenatore deve metterli nella condizione di rendere al meglio magari rinunciando o modificando i propri principi tattici. Il dogma non esiste”.


L’organico della scorsa stagione sarà ristrutturato in quale misura?
“Qualche ragazzo che ha meritato, che è stato protagonista di un ottimo campionato sarà confermato. Non manca nel gruppo chi può proseguire il percorso con la maglia neroverde. Questo è sicuro. Ma vedrete parecchi volti nuovi perché il livello della serie D è più alto, la categoria impone cambiamenti radicali. In D giocano molti che potrebbero figurare benissimo in Lega Pro”.


Peraltro il girone nel quale dovrebbe essere inserito il Chieti presenta rischi enormi: numero elevato di derby, agguerrite formazioni marchigiane, nobili in cerca di rilancio…
“Altra ragione che impone l’allestimento di un certo tipo di squadra. E’ un campionato molto tosto, impegnativo ma a questo tipo di difficoltà sono abituato nel senso che al mio primo anno di allenatore in D ho conosciuto un girone ruvido come quello con le toscane, nella scorsa stagione invece ho affrontato una bella lotta in quello ligure-piemontese-lombardo dove di sicuro la domenica non si va a passeggio”.


Dello staff faranno parte i collaboratori che ha avuto a Savona?
“Inizieremo subito a parlarne già lunedì nella prima riunione tecnica che abbiamo in agenda. Voglio al mio fianco persone che abbiano il piacere e la passione di far bene. In particolare a Chieti penso a un collaboratore che conosca a fondo l’ambiente, che mi aiuti in un veloce processo di inserimento”.


Come immagina il progetto tecnico, cioè la costruzione della nuova squadra?
“Sarà un mix tenuto conto dei vincoli relativi all’utilizzo degli under. Nei ruoli chiave privilegio gente di esperienza, che sappia prendere in mano la situazione nei momenti topici della partita. Ho già indicato la tipologia di giocatore che vorrei. Senza fare nomi, beninteso”.


In carriera ha avuto tanti allenatori. Ha un modello di riferimento?
“In genere non amo scimmiottare gli altri. Ho avuto molti tecnici bravi e preparati e da tutti ho cercato di prendere qualcosa, ma senza precisi riferimenti. Un allenatore deve avere conoscenze tecniche e tattiche, su questo non ci piove, ma deve essere soprattutto bravo nella gestione dei rapporti con i propri calciatori. Avrò un gruppo di 22-23 ragazzi, qualcuno inevitabilmente resterà fuori, a quelli devi dedicare attenzioni particolari per non perderli. C’è sempre bisogno di tutti in una lunga maratona come quella che ci attende e tutti devono essere pronti a dare il personale contributo alla causa comune, in qualsiasi momento si venga chiamati. Perciò non copio nessuno, cerco di essere sempre me stesso. Perché quando uno si comporta diversamente, la maschera alla fine cade e non è mai un bel momento”.

A parte il mercato, ci sarà da porre mano all’organizzazione del ritiro, al miglioramento delle strutture di allenamento, e via di questo passo…
“Già previsto un sopralluogo ad Alfedena per i dieci giorni di preparazione che svolgeremo lì in montagna. Stadio e campo di allenamento sono già in cima ai miei pensieri perché si tratta delle fondamenta sulle quali costruisci una stagione. Se funzionano, il lavoro viene in larga parte agevolato. Avendo il problema presente sin da subito, c’è tempo per risolverlo. Dovremmo dunque evitare sorprese in seguito”.


Firmato un contratto che durerà…
“Un anno. Ma se le cose dovessero andar bene… Sì, spero di restare a Chieti a lungo”.