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Categoria: racconti teatini
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di Licio Esposito

Questa dedica è per il mio Rione di via Valignani-G.D’Aragona, Pietragrossa, nel nome delle memorie teatine


Non parlare della festa di Sant’Antonio da Padova è come non conoscere la storia del mio Rione (via Valignani – Pietragrossa - Gaetani D’Aragona - Istituto Industriale) e che va ad arricchire tutte quelle manifestazioni di carattere culturale della città. La chiesa del “Sacro Cuore in Chieti” rappresenta il complesso dei Frati Minori che è sito all’incrocio tra via Valignani e via Rossi.

Iniziati i lavori di sterro nell’aprile 1918 fino all’anno successivo nel mese di giugno cominciò la costruzione. Nel 1923 la chiesa non era ancora ultimata e a ottobre 1927 la inaugurazione ufficiale. La costruzione fu portata a termine successivamente dai padri che vennero successivamente.

Infatti, la facciata rimasta ancora incompleta, ma la sarà ancora per qualche tempo, fu ultimata dall’ingegnere A.Trinchese nel 1939.

Da piccolo abitavo in una casa che distava pochi metri dalla chiesa e la strada che adesso si chiama via Rossi, allora era e credo di non sbagliarmi, via generale Berardi. Dopo pochissimi anni la mia famiglia si trasferì qualche centinaia di metri lungo via Valignani, dirimpetto alla zona rimessa del tram. Molti lavori in atto, fin dalla posa della prima pietra nel 1919, furono ultimati ed altri lavori incompleti lo furono negli anni a venire. Alla fine degli anni 90’, alla sinistra il campanile piuttosto basso non c’è più, si vede invece sulla destra con cupola, da una recente ristrutturazione. La scalinata, com’è ora, non era proprio così, al tempo che vado per descrivere, precisamente dal 1940 al 1955.
La Chiesa del Sacro Cuore (foto da nonno enio, Chieti 2° Millennio)

 

Infatti, davanti al frontale c’era uno spiazzo uscendo dalla chiesa era delimitato sulla destra da un muretto e le scale erano cinque o sei. Da qui si vede che la scalinata é stata ridotta e delimitata dal ciglio della strada. Questi sono alcuni dettagli costruttivi perché la chiesa fu inaugurata ufficialmente nell’ottobre 1927 ma molte cose si dovevano costruire, come la facciata che fu ultimata nel 1963. Perché parlo di quel periodo e della chiesa del Sacro Cuore? Perché tutti i ragazzi e i giovani, o quanto meno la maggior parte, di quel periodo pur facendo parte della parrocchia di Sant’Antonio Abate, non avevano trovato lo spazio sufficiente per esprimere ciò che desideravano, cosa invece che riuscì ai giovani parrocchiani che abitavano nella zona Via Arniense, Villetta, Santa Maria Maddalena. Noi avevamo trovato nel Sacro Cuore un gruppo di Frati minori che si era dedicato ai ragazzi e giovani come una specie di Oratorio. Molti Laici del rione collaborarono a queste iniziative sfociate addirittura con una filodrammatica maschile e femminile. Avevamo anche un truccatore M.Solfanelli. che era del rione e che poi fondò una Casa Editrice..  

Il teatrino dei Frati era stata rimesso a nuovo nei fondamentali dal tendone sipario agli impianti di illuminazione sia del palcoscenico che della sala stessa. Padre Gregorio fu l’animatore-regista per le recite e portò questo piccolo complesse in giro per le province abruzzesi e particolarmente nei piccoli teatri dei frati e delle suore. Mi ricordo bene le nostre “trasferte” a Villamagna a Tagliacozzo ed altri centri abruzzesi.

Devo citare, Padre Giacomo ed altri Padri che ci insegnarono inoltre molte cose che sono rimaste impresse nelle nostre menti. Non ricordo l’altro padre cappuccino che era piuttosto esuberante e si spostava in bicicletta anche gli indumenti svolazzanti che gli costituirono anche delle difficoltà nel pedalare, non gli impedivano più di tanto per i movimenti. Ma andava quasi spensieroso ed esuberante, la sua bontà nei confronti di tutti era una sua costante.

Chi non ricorda l’umile frate Enrico (con la sua bisaccia sempre alla questua per rimarcare il dono della povertà? E poi Padre Settimio Zimarino, ascetico e insigne musicista e padre Isidoro (al secolo Isidoro Sebastiani di Ripa Teatina). Come potevo non parlare di questi fatti e solamente della Festa del Santo? Questa è una storia della Città e come questa, ce ne sono ancora altre.

Io intanto racconto la mia. Però la festa che si faceva a giugno alla Chiesa del Sacro Cuore non si può dimenticare. La preparazione in anteprima era spasmodica e tutto il quartiere si stava già preparando a questo avvenimento anche perché all’epoca a Chieti le feste erano diverse. Ognuno cercava di rendersi importante ed era anche il momento di avvenimenti sportivi che, da una parte impegnava la comunità rionale ma dall'altra apparivano dei grandi manifesti per le strade e già, leggendo il vasto programma, si poteva già stabilire se ci si aspettava un’organizzazione all’altezza dei tempi oppure troppo di stile casareccio o del contado.

La Chiesa del Sacro Cuore  (foto da nonno enio, Chieti 2° Millennio)

 

 Si leggevano soprattutto le bande musicali se erano quelle importanti o meno, le attività sportive annesse, ma principalmente, quale ditta era stata presa per i fuochi artificiali. Avevano ingaggiato la ditta D’Addario di Francavilla al mare, era una delle migliori in Abruzzo? Non sono sicuro dell’anno ma certamente ha partecipato senz’altro. La prima mattina e poi proseguendo le altre, una delle bande partivano dal piazzale del Sacro Cuore e imboccando Via Valignani a passo di musica si marciava verso la città, mentre uno stuolo di ragazzini vocianti si metteva in testa e subito dopo i soliti vigili urbani. Gli archi delle luminarie erano quasi a posto con qualche addetto che stava completando il montaggio. Le bancarelle ai lati della via Valignani avevano cominciato la preparazione per la giornata che stava per cominciare. La chiesa comunque rimaneva al centro della devozione popolare e la visita all’interno della stessa era un fatto di fede e di devozione. Eravamo di casa e molti si adoperavano all’interno della chiesa specie nell’occasione della festa. La processione era un fatto importante e si svolgeva attorno al rione stesso nel pomeriggio, partendo dalla chiesa passando davanti alle distillerie Barattucci poi via G.D’Aragona, Istituto industriale, poi via Valignani per ritornare indietro verso la Chiesa. I balconi e le finestre mostravano non bandiere, ma coperte di vari colori e molto vivaci che dovevano fare ala al corteo che era seguito da moltissimi fedeli con canti, preghiere e candele. La statua del santo, molto venerato, era seguito dalla folla, era sempre così tutti gli anni. Davanti alla Chiesa non mancava la Cassa armonica, dove si esibiva sempre una banda musicale che all’epoca era di rigore e che di sera presentava un’illuminazione super ma qualche volta si presentava il pericolo di sospensione o black out dell’energia elettrica. Poi le bancarelle sia su tutto il piazzale che lungo  via Valignani e alle altre vie contigue che arrivano sino alla caserma Berardi o nelle vicinanze dell’allora distilleria Barattucci. Le cosiddette “luminarie” non erano altro che degli archi, come se ne vedono ancora adesso anche se in versione più moderna, con lampadine di vario colore e dimensione. 

La Navata (foto da nonno enio, Chieti 2° Millennio)

 

Era un’inondazione di prodotti vari e consumistici poi con piccoli motori a gas o a petrolio che alimentavano o qualche lampada oppure il forno tosta nocelle. L’odore caratteristico ci ricordava la festa che era in atto e che stava passando ancora un altro anno. Insomma lupini e nocelle la facevano da padrone e allora cominciano ad apparire anche qualche bancarella che esponeva qualche articolo diverso. I lupinai erano dei personaggi perché presentavano una grande tinozza in legno e all’interno erano i lupini misti all’acqua. Ma come si gustavano questi lupini? Con la famosa carta da avvolgere ad imbuto giallo di mais, all’epoca si usava questa carta anche per gli altri prodotti quali carne e pasta. Era molto resistente, pesante e quasi impermeabile. I lupini ci venivano serviti con questa carta ed allora era una caratteristica a cui nessuno voleva fare a meno. C’erano anche i venditori di castagne che, a mio parere, non hanno mutato affatto il loro modo di preparare le castagne. Forse il prezzo che paragonato al tempo odierno era veramente differente.

Una commissione si incaricava dell’organizzazione, promotore era un noto commerciante ed industriale che abitava a pochi passi dalla chiesa e che in quegli anni divenne presidente del Chieti Calcio, il sig. D’Alessio Nicola.. La raccolta dei fondi era fatta, come si dice adesso, porta a porta e le offerte degli abitanti avevano un riscontro di ritorno o una ricevuta.

Non possiamo non citare che dalla zona del Sacro Cuore-Rione Gaetani all’epoca ci fu un altro presidente, Barattucci, come accennato prima, del famoso liquore CORFINIO e la cui distilleria distava poche decine di metri dalla Chiesa.

Tuttavia da questo rione provenivano altri due presidenti, anche se non proprio residenti ma erano responsabili l’uno, Arrigo Chiavegatti del Molino. Pastificio De Luca il e l’altro direttore sanitario dell’Ospedale civile, Prof. Marinelli, situati nel Rione Valignani-D’Aragona. La festa era molto importante e, secondo me, non aveva niente da invidiare alla festa principale della città che era quella di San Giustino. Tutto erano all’altezza, forse la distinzione era rionale, periferico più contadino o villico che, in un certo senso, era simile all’altra festa anch’essa rionale che era quella di Sant’Anna quasi confinante a qualche centinaio di metri. Quasi un prolungamento di date, perchè la distanza temporale era solamente di un mese. Dicevo delle bancarelle che erano ai lati della via Valignani e delle altre strade limitrofe, per tutta la sua lunghezza appunto fino a Sant’Anna ed anche mista a delle sagre paesane con prodotti locali e della campagna vicina, mi riferisco all’esposizione, per esempio del basilico. In occasione di queste manifestazioni, particolare attenzione era rivolta all’addobbo delle strade e del piazzale circostante la chiesa. Cosa dire dell’illuminazione con quegli archi che retti da due montanti erano come il trionfo che gli antichi dedicavano ai propri guerrieri. Una festa di luci variopinte che faceva allegria e tradizione e fortemente amata da tutti per tradizioni radicate nella nostra cultura. C’era anche il Luna Park che si sistemava o nella villetta oppure nell’ex piazzale del tram, sgombro e libero. Mi ricordo l’anno che l’avevano montato proprio nel piazzale c’era un frastuono incredibile che, a dir il vero, mi disturbava parecchio perché abitavo dirimpetto e dovevo prepararmi per gli esami. Anche adesso nei complessi di divertimenti il suono è tenuto ad alto volume e facevano a gare per tenerlo il più alto. Sono passati gli anni ma nulla è cambiato, più confusione si faceva allora e meglio è, lo stesso si fa adesso.

L'altare maggiore (foto da nonno enio, Chieti 2° Millennio)

 

Naturalmente c’era un via vai di gente e di ragazzi per l’auto scontro o altre baracche o per i giochi tradizionali, come sparare con la carabina o con il lancio di palle per abbattere i barattoli. La prova del trenino che bisognava lanciarlo su dei binari che s’impennavano su un percorso circolare e contare i giri che doveva fare, poi il trenino d’acciaio con ruote a cuscinetto ritornava indietro al posto di partenza e lì l’addetto era pronto a fermarlo e disporlo per un altro lanciatore. Anche adesso alcuni luna Park hanno di questi aggeggi che vanno esaurendosi nel tempo. Forse non sono divertenti ma era quasi una prova di forza. Certamente adesso tutto é più moderno con altri giochi, magari più complicati e sempre computerizzati. Lo spazio é molto importante per ospitare il parco per divertimento ma la sostanza é sempre uguale, l’autoscontro aveva la sua massima attenzione e frequenza anche perché all’epoca si poteva avere la facoltà di guidare quando, appunto, le auto erano un sogno degli italiani. Anche adesso, specie i giovani affollano l’auto scontro con vetture ultimo grido del design ma comunque mi riportano indietro di molti anni, non è cambiato il modo di divertirsi e magari sentire la musica dei tempi attuali e con volume alle stelle, sempre così e dappertutto. Non mancava mai la giostra per i bambini, per me il simbolo del Luna Park, con i suoi cavalli a dondolo, la barca oscillante e altre occasioni di distrazione per i piccoli. Tutto é rimasto come prima su questa giostra, quasi nulla é variato e allora la nostra mente ci riporta al passato quando ancora bambino stavo sul cavallo con fianco uno dei miei genitori.

La fermata del tram alla stazione dello Scalo

 

Cosa che tutti noi, poi diventati genitori, abbiamo fatto per i nostri figli. Il pubblico numerosissimo, specialmente la sera, affollava tutte le strade che conduceva alla chiesa e poi quando c’era l’avvenimento sportivo ancora folla. Un anno fecero, non ricordo bene contemporaneamente o in anni diversi, una corsa ciclistica dilettante ed una corsa motociclistica. Il circuito era lo stesso percorso per entrambe le discipline. Partenza dal Sacro cuore, via Valignani, Piazza Garibaldi si allacciava a via F.Salomone (….e arrete a lu Stallone. come diceva il nostro poeta dialettale Renato Sciucchi) e poi giù fino alla Pietragrossa per poi risalire sino alla “voltata delle carrozze” per riallacciarsi a via Valignani e Sacro Cuore. Io chiamo “la voltata delle carrozze” (questo per i residenti del posto) perché una curva stretta a gomito che riduceva sensibilmente la velocità di qualsiasi mezzo, questa curva è stata immortalata sempre dal nostro poeta Renato Sciucchi  …a la curve d’le Carrozze. Tratta dalla poesia “La Scole ‘Ndustriale” .  Allora le corse ciclistiche erano molto seguite ed avevamo un ciclista dilettante della Civitella che partecipava a queste competizioni che erano sempre popolari. La partenza e arrivo era sempre dalla chiesa dei Frati. Il nostro “idolo locale” non vinse ma fu abbastanza acclamato con la sua bicicletta da corsa che allora, erano abbastanza scarse. Ricordiamoci che si era appena usciti da un conflitto ed eravamo in pieno dopoguerra. Il circuito veniva percorso in senso orario ma con le sue numerose curve era abbastanza impegnativo. Però quello che poi aveva attirato l’interesse di tutti era la corsa motociclistica con qualche concorrente della città-rione.

Il liquore Barattucci (foto donata da nonno enio, da Chieti 2° Millennio.)

 

Le moto non erano elaborate ma avevano sempre avuto dei ritocchi per aumentare la velocità ed anche del frastuono indiavolato. Il pubblico numerosissimo era assiepato ai margini con delle specie di transenna. Alle curve erano state poste delle balle di paglia. Nulla a che vedere con le moto e i relativi centauri di adesso, però per noi era appassionante dover assistere all’avvenimento. Occhialoni alla “Nuvolari”, così si diceva, con guanti di pelle e giubbino sempre di pelle e pantaloni allacciati alle caviglie. Però sfrecciavano abbastanza veloci e si cominciò a delineare qualche duello tra piloti, con quei rombi dei motori che sembravano musica per i nostri orecchi. Il brigadiere dei VV.VV, quindi del mio rione, signor Di Labio. Era per natura abbastanza spericolato, sposato con figli cominciò a dare segno della sua destrezza sul circuito e mano a mano la gente cominciò ad incitarlo. Infatti, vinse abbastanza bene e fu acclamato come eroe e accompagnato dai suoi tifosi e familiari, l’arrivo posto in via Valignani, nelle vicinanze del mio caseggiato, passò sotto il nostro balcone nell’edificio dov’era il tabaccaio e il barbiere. Scendendo le scale che conducevano a via Lucio Camarra per ritornare a festeggiare nella Caserma VV.FF, rispose festante ai nostri saluti fatti da noi e dagli altri astanti presenti nel balcone.   Credo che quella vittoria gli creasse una fama da sportivo non so fino a quando. Certamente raccontare queste cose adesso che molto è cambiato nello sport, sembrerà anacronistico. Ma tant’é. Ma le automobili circolava allora? Certamente, ma erano così poche che le strade occupate dalla festa non erano chiuse al traffico. 

Via Padre Alessandro Valignani

 

Via Lucio Camarra-In fondo la Caserma Vittorio Emanuele.Sulla destra, dopo il fabbricato con balconi, la Caserma dei Vigili del Fuoco,allora.

 

In questa strada nei giorni della festa, si volgeva inoltre la Fiera del bestiame che ribadiva la data del martedì, giorno designato per l’esposizione  del bestiame. Nei giorn della festa e in particolare del Sacro cuore, non poteva mancare. Naturalmente, all’epoca, le macchine in sosta non c’erano. Sulla destra la Caserma, aveva un garage dove era posteggiato il camion-serbatoio antincendio, ma era molto differente da quello che si vedono adesso. Qui non si vede ma alle spalle dell’edificio c’era un piazzale dove la maggior parte dei mezzi antincendi erano posteggiati per uscire poi da un cancello che sbucano nello stradone principale di via Salvino  Olivieri che collegava la Pietragrossa con piazza Garibaldi (Villetta).

Ritornando a via Lucio Camarra, posso solo dire che noi che abitavamo sulla destra in alto, palazzo più alto, ultimo piano e da lì oltre che assaporare la vita, anche se lontano, del mar Adriatico, eravamo con la visione sopra il mercato. La mattina muggiti dei bovini e ovini ci risvegliavano con il senso di essere in campagna. Una folla di acquirenti già discutevano sugli acquisti. Un parlottare delle volte molto animate finiva con una stretta di mano. La vendita era stata effettuata. Naturalmente gli animali lasciavano i loro sterco e ricordo che c’era qualche addetto che cercava di recuperare, ma la folla delle volte era strabocchevole e questi servizi potevano generare alcune scene  non molto gustose.

Ma la festa era a pochi passi  e molti avevano addobbato i loro buoi o altro bestiame  con coccarde e simili. Ma l’atmosfera era sempre festosa e diciamo, molto agricola. Non so se ancora  si organizzano queste manifestazioni.Sono passati tanti anni!

Intanto nel Rione durante la festa, qualche rara auto si avventurava nelle strade addobbate, sfilava lentamente tra la gente ma delle volte le vigili erano costretti a deviare il traffico pedonale.. Qualche vespa o motorino (allora era anche un lusso avere questo mezzo di locomozione) si avventurava tra la folla, ma non c’erano problemi seri.

Quella bandistica con brani sinfonici o di motivi o melodie di successo popolari più conosciuti. Assistere a un concerto bandistico, specialmente di sera con quelle luci, é qualcosa di esaltante, però devo confessare che ai tempi non apprezzavo molto la musica delle bande. Mio padre ha cercato di spiegarmi la differenza tra banda musicale e orchestra sinfonica e così mi sono avvicinato molto a questo tipo di cultura per conoscerla meglio. 

Chieti - Istituto Tecnico Industriale

 

Così ho saputo che Chieti aveva avuto una banda importante a cavallo della Grande guerra e si presentò anche in America. Mio padre mi spiegava che nelle bande di un certo valore c’era la posizione della tromba-cornetta che, doveva rappresentare il tenore, che era molto importante; la caratteristica tecnica di questi suonatori solisti, per la maggioranza, era il non leggere la musica, ma saperle a memoria. Una sera c’era un famoso complesso, credo di Gessopalena, che allora andava per la maggiore e stava suonando un pezzo importante, dove doveva esserci un passaggio musicale difficile. Improvvisamente andò via la luce, c’era moltissima gente che rimase un po’ interdetta anche perché doveva cominciare l’assolo. Potei notare che molti erano attentissimi all’ascolto e a me sembravano degli intenditori. Forse da ragazzo le cose non vengono prese come si dovrebbe prendere e si può solo apprezzare le novità che ci interessano di persona. Dopo nel tempo si possono apprezzare  tante cose anche perché i mezzi di comunicazioni erano pochi.La radio esisteva ma in pochi l’avevano. Alla nostra età non era il tempo dei dischi.Dopo si potè apprezzare qualche disco di Frank Sinatra o delle melodie  americane. Ma di banda?Dovevi farti tutte le feste e, come scrivevo prima, le bande erano di modo.

Nel buio improvviso il complesso seguitò a suonare e poi si sentì l’assolo della tromba-tenore che,come se nulla fosse, affrontò la momentanea oscurità e superò brillantemente il passaggio musicale. Dopo poco ritornò la luce e ci fu un’ovazione per quest’artista. Certo gli strumenti a fiato sono una cosa e le Filarmoniche un’altra, ma la musica si apprezza sempre se piace. Dopo qualche anno le bande impegnate in queste festività, presentavano brani sempre impegnativi e le novità erano che erano dei propri concerti con soprano e tenori che ci richiamavano alla bellezza delle opere più famose che potevano esser apprezzate da un pubblico sempre  numeroso. 

Chieti - Veduta con tram

 

I fuochi d’artificio chiudevano le feste ma era la famosa “pupa”, celebre ballo tradizionale della nostra regione che con i suoi minifuochi pirotecnici, ma per me molto pericolosi, metteva il sigillo finale alle feste patronali e tradizionali. Ma cos’era questa Pupa?Aveva le dimensioni di una statua di cartapesta e nel vuoto interno si collocava un addetto che doveva danzare e fare dei movimenti per dare l’impressione del movimento di questa figura. Le braccia di questa enorme bambola erano distese orizzontalmente verso l’esterno e le girelle vi erano collocate.La folla si disponeva attorno facendo circolo. Mi sembrava una festa pagana anche perché i movimenti erano ritmati da un tamburo e da una tromba o anche da altro strumento di un componente della banda presente nella manifestazione. Dopo diversi giri di danze, un altro addetto accendeva altri girelli e così via. Da allora non ho più avuto occasione di rivedere “questo rito” e già mi domandavo del tempo che, talvolta, cancella abbastanza. Ma come si capiva che la festa era propria chiusa? Aspettando i famosi colpi finali che sembravano

addirittura delle bombe e quando credevamo che fosse tutto finito con un ultimo boato ecco che si sentiva il colpo del mortaio che espelleva il cartoccio dell’ultimo colpo. 

La Chiesa del Sacro Cuore - 1950

 

Quando questo saliva verso il cielo una piccola fiammata un boom che voleva dire : la Festa è finita! I fuochi si svolgevano nella zona “del tiro a piccione”, allora era uno spiazzo in fondo alle mura della caserma Berardi senza erba dove si andava a giocare a pallone. Solamente era molto pericoloso perché  questo spazio, senza delimitazioni o protezioni, dava su un piccolo burrone. Tra questo spiazzo e le mura della caserma transitava il tram che da Chieti andava a Chieti Scalo. Quindi allora era una zona pericolosa perché i binari del tram erano li anch’essi senza protezione e la delimitazione del campo aveva sempre questa china ripida e scoscesa. Sono ritornato anni fa ma le costruzioni avevano avuto il sopravvento, i binari non ci sono più e il paesaggio ha cambiato letteralmente visione. Adesso non so come stanno le cose. Si andava lì con l’intento di vedere un grande spettacolo.  Questa sintetica storia finisce qui. Certamente si ha sempre da raccontare su avvenimenti passati e sono sicuro che le cose passate rimangono sempre e saranno sempre ricordate. Festa da me amata, ma dopo qualche tempo non potei più partecipare perché avevo cambiato residenza per ragioni di lavoro.

Nella nuova città,Varese, ho ritrovato una  festa con una nuova tradizione e cultura. A gennaio la Festa di Sant’Antonio Abate rimane anch’essa un simbolo della città, con tradizioni che richiamano sempre una folla di fedeli. La chiesa si trova al centro della città e quindi molti erano coinvolti specie quando si accendeva, al temine, un enorme falò sul piazzale davanti alla chiesa. Con i VV.FF. pronti ad intervenire, si bruciano legna a tutto andare ma la catasta che bruciava aveva un significato particolare. Nel fuoco vengono buttati i bigliettini che i giovani compilano le proprie richieste d’amore con l’invocazione a Sant’Antonio Abate. E’ una tradizione passata che riguardava il periodo di emigrazione in Germania e in Svizzera,qui dista solo pochi chilometri, e tornavano a casa e le donne chiedevano a Sant’Antonio di fargli trovare un uomo per il matrimonio. Naturalmente la festa era allietata dalle bancarelle e ho potuto riassaggiare ancora i lupini e le nocelle negli stand modernissimi ma niente cassa armonica, niente banda ma come dicevo e non sempre, concerti sinfonici da complessi musicali. Niente luminarie ad archi ma luci nella piazza e nelle strade adiacenti di stile natalizio. Si capiva che eravamo in un periodo diverso da quello trascorso nel mio rione. All’interno della chiesa migliaia di candele e poi la benedizione, il giorno della festa, di  tutti gli animali perché Sant’Antonio abate,eremita egiziano, era patrono degli animali domestici e di tutti quelli che lavorano il fuoco e qui la leggenda parla del Santo che con il suo maialino creava scompiglio all’inferno.

Da qui poi la leggenda popolare del “Fuoco di Sant’Antonio” che è una malattia epidermica ma che è abbastanza da tenere sotto controllo Ancora un festa di religione, di chiesa ma di tradizioni e… di gente e di bancarelle che si estendono nelle via adiacenti e alla piazza principale dove si svolge una specie di mercato. I fuochi artificiali ormai non sono più prerogativa di particolare zone, si possono ammirare le molte variate sequenze di figure dell’arte pirotecnica. A dir il vero qui si “spara” moltissimo in tante occasioni anche di piccole ricorrenze e devo dire che solamente di tempi sono diversi, come ricorrenze diverse. Forse già rivedere  questo spettacolo di colori variopinti e di botti tremendi, mi riportano indietro,sempre, di molti anni e luoghi.

Come si dice tutto il mondo è paese! Molte cose sono rimaste nelle tradizioni popolari, ci sono delle culture diverse,come in questo caso, ma in fin dei conti poco è cambiato in questo tipo di feste popolari.

 

Riedizione scritta da Licio Esposito, Ottobre 2018.

Si ringrazia l’amico nonno Enio per le foto dell’interno della chiesa (da Chieti 2° Millennio)

Alcune notizie tratte da <<La Chiesa del Sacro Cuore in Chieti>> di Mario Angelini,tip.Zappacosta,9-67,Chieti