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Categoria: Le interviste
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FrancescoDAddazio

 

Capitano per una stagione, quella del Torre Alex, e capitano anche del suo Penne che il Chieti affronterà domani per la penultima giornata d'andata. Francesco D’Addazio (nella foto prima della partita contro il Vasto Marina con Giuseppe Catalli, di spalle Andrea Giannini e a destra Elvis Felli) evidentemente è un leader nato e lo è stato anche di un Chieti che ha stravinto due anni fa il campionato di Promozione senza tifosi sugli spalti. Una squadra molto forte ed un’esperienza memorabile: «Essere capitano del Chieti – ricorda il forte difensore centrale vestino – dà sempre molto onore. È stato un anno fantastico perché si era creato un gruppo di persone eccezionali, con ragazzi bravissimi e staff prearato: c’erano tutti gli ingredienti per far bene. L’unica cosa che sono mancati sono stati i tifosi. Per fortuna poi si sono ricongiunti alla squadra e hanno fatto benissimo».

Ecco, essere capitano del Chieti al “Guido Angelini” senza i tifosi che sensazione dà?

«L’Angelini è veramente grande e se non riesci a riempirlo un minimo, perde un po’ del suo impatto. Comunque sia, quando ci entri con addosso la casacca di una squadra che si chiama Chieti fa sempre un grosso effetto e ti spinge a dare il massimo».

Invece ci sei tornato da avversario con i tifosi presenti. In quel caso che sensazione ti ha dato?

«È totalmente diverso. Spero che adesso la tifoseria sia cresciuta anche perché le cose in campionato vanno bene. Ovviamente Il Chieti non può fermarsi all’Eccellenza: bisogna fare in modo di poter riportare la squadra di nuovo tra i professionisti per poter riaccendere davvero tutta la Città».

C’erano un bel gruppo, uno staff preparato e una bella avventura da affrontare. Allora come mai non sei rimasto dopo il primo anno?

«La questione era di carattere prettamente lavorativo. Avevo ricevuto una proposta nelle Marche e sarei andato a giocare in una squadra locale. Il caso ha voluto che, la sera stessa nella quale avevo comunicato la mia intenzione al mister Gabriele Aielli, saltò tutta la trattativa. E così mi sono ritrovato anche senza squadra, ma ho trovato subito dopo il Penne che è la squadra della mia Città».

Domenica incontrerai di nuovo il Chieti come avversario. In quali altre occasioni ti era capitato?

«In Interregionale con il Casoli, quando facemmo i playoff, ma non potei giocare perché avevo una costola rotta. È successo sempre in serie D con la Maceratese e anche in Serie C in occasione di un Chieti-Pescara: ero giovane e il mister mi portò in panchina».

Ti ricordo però che ci fu un’altra occasione: nella stagione 2009-2010, quando tu giocavi nel Centobuchi e nella partita di ritorno vincemmo fuori casa (reti di Safon e Scibiglia, ndr), ma tu non eri presente per infortunio…

«Hai ragione! Giocai invece all’Angelini e stavamo vincendo fino a 15 minuti dalla fine, poi il Chieti vinse 2-1».

Ora sei a Penne, dove vivi, per il terzo anno consecutivo. Che cosa vuol dire essere capitano della squadra della propria Città?

«È sempre un valore aggiunto. Io poi sono capitano da quando avevo 23 anni e vincemmo il campionato di Eccellenza (2004-2005, ndr). E quindi una liaison che continua da 15 anni a questa parte. In seguito, ho peregrinato un bel po’ nella mia vita, ma alla fine sono tornato a Penne e ho riabbracciato i miei colori. Sicuramente esserne capitano è qualcosa in più».

Lo scorso anno hai incontrato qualcuno dei tuoi ex compagni, quest’anno non ne rivedrai nessuno. Però conosci bene queste categorie e sicuramente alcuni dei giocatori che oggi vestono il neroverde. Quali temi e apprezzi di più?

«Un nome su tutti: Mattia Rodia, che lo scorso anno giocava da noi e sta facendo di nuovo bene. Oltre a lui, il Chieti ha una rosa di categoria superiore, a cominciare da Micciché e Delgado e anche il centrocampo è di un altro livello. È difficile dire chi temiamo di più, ma noi non dobbiamo pensarci e fare la nostra partita».

Sarà la penultima giornata di andata e quindi le squadre le avete incontrate quasi tutte. Quale ti ha impressionato di più?

«Secondo me la squadra che ci ha impressionato di più deve ancora arrivare ed è il Chieti. Ho visto bene anche la Torrese e penso che sarà quella che se la giocherà con i neroverdi fino all’ultimo. All’inizio dell’anno vedevo bene anche il Nereto, ma poi ha avuto qualche battuta d’arresto. Credo però che si rafforzerà e bisognerà vedere in generale come andrà il mercato di dicembre. Per il resto è un campionato molto equilibrato e sarà molto difficile. In alto ora sta uscendo il Chieti, ma in basso c’è ancora incertezza».

Quali sono i punti di forza del Penne, oltre ovviamente a D’Addazio…

«No, D’Addazio è solo il vecchio della situazione! Il punto di forza del Penne è la spensieratezza e il non avere troppi assilli. Noi dobbiamo fare il nostro percorso che è una salvezza tranquilla e per il momento siamo a 4 punti dai playout. Dobbiamo giocare senza assilli e prendere quello che arriva in più. Il rammarico semmai è per i 3-4 pareggi nelle ultime partite che erano alla nostra portata e dove meritavamo molto di più. Se avessimo ottenuto quei punti, potremmo parlare di una partita un po’ più avvincente per la classifica».

Per concludere: che cosa ti porti dentro dell’esperienza fatta a Chieti?

«Mi porto un bel gruppo, una Città che deve risorgere e rapporti umani che vanno ben oltre il calcio».

Grazie Francesco, in bocca al lupo per tutto…

«Grazie a voi e viva il lupo!»