Il 23 luglio 2017 Michele La Sorsa, grande tifoso, amico e collaboratore di TifoChieti.com, scriveva una lettera aperta a Giulio Trevisan che rispose pochi giorni dopo. Ve le riproponiamo entrambe.

Caro presidente sono un semplice tifoso del Chieti che segue i colori neroverdi dall’età di sei anni subendo pressioni, mortificazioni, minacce e quant’altro per seguire nel tempo questa fede o per aver scritto alcune verità sul sito www.tifochieti.com.

Sono qui a scriverle per farle capire che cosa significa tifare il Chieti, la squadra della propria Città, essere orgoglioso dei colori neroverdi e portarne in giro per l’italia l’amore e la fede. Anche se molti non possono capirlo, amare questi colori non è come idolatrare il Milan, la Juve o altre realtà per moda. Amare questi colori ha una valore particolare, ha un sapore unico. Mi piacerebbe che lei vedesse qualche video relativo al passato per rendersi conto che cosa significa l’amore e la fede per la maglia neroverde. Dott. Trevisan, la seguo dallo scorso anno e ho anche avuto contatti anche con alcune delle persone che l’hanno aiutata a costituire la nuova società, ma non voglio annoiarla su questo argomento. La tifoseria neroverde è da anni presa in giro, costretta a passare da momenti di illusione, in vista del definitivo salto di qualità, al classico pugno in faccia, senza parlare che questa volta il pugno in faccia arrivato dalla capitale è figlio di gente che si dichiarava Teatina. Anche su questo argomento, potremmo stare a parlare per ore, per fortuna però ognuno è tornato a fare il proprio lavoro: dalla gestione rifiuti, al riparatore di termosifoni al nulla facente.

Ora c’è lei, imprenditore Teatino capace, che ha una grande azienda e che lascia parlare i fatti. L’azienda calcio però è un’altra cosa. Quindi, se mi permette, vorrei in questa lettera anche darle alcuni consigli perché, vede: il tifoso vuole e deve essere anche accarezzato oltre che tutelato. Abbiamo vinto un campionato di Promozione, ma ora abbiamo quello d’Eccellenza. Vincere è sempre bello, anche in una semplice partita tra scapoli e ammogliati, ma l’Eccellenza è tutt’altra cosa: è il classico campionato dove 7-8 società lottano per arrivare prime oltre alla classica squadra rivelazione (Nerostellati insegna). È più difficile vincere l’Eccellenza che la serie D ed ecco perché dobbiamo essere pronti. Ed è qui che faccio la mia critica, augurandomi che la prenda come tale e non come sberleffo, altrimenti ritorniamo ai tempi di Walter Bellia dove ogni suggerimento veniva visto in malo modo e quindi, se la squadra andava male, la colpa era mia e di TifoChieti, etichettati pubblicamente come “gufi”. Io mi auguro che sia aumentato anche il livello culturale societario e quindi che i gufi non possano esistere, ma esista solo il lavoro dentro e fuori dal campo.

Tornando al mio consiglio, volevo dirle che ciò che mancano (a mio modesto parere) sono un  direttore sportivo e un direttore generale. Il Chieti ha una sua storia ed un suo pregio, ma non è questo il motivo: avere un DS e un DG, oltre che a dare lustro alla società, è sinonimo di professionismo. Con tutto il rispetto per mister Gabriele Aielli, credo che un DS debba esserci e che il suo ruolo sia ricere direttive da un mister trasformadole in giocatori. Aielli non può fare sia il cuoco sia il cameriere. Io penso che non possiamo avere un mister che fa anche DS perché il Chieti deve vincere e Aielli deve avere un solo pensiero: allenare la squadra e portarla alla vittoria perché NOI DOBBIAMO VINCERE. Il DS e il DG non servono solo per fare il mercato, ma anche durante l’anno per gestire il rapporto giocatori/società , tifosi/società, etc. Io, se fossi stato in lei, il DS lo avrei preso anche in Promozione perché è una figura professionale, ma badi bene: io parlo di un direttore sportivo vero e non di quelli che portano sponsor per vantarsi di tale titolo e stanno lì ad aspettare il giocatore sponsorizzato che porta soldi per giocare.

Ripeto: è un mio modo di vedere il calcio, forse perché le più belle vittorie le ho vissute con il compianto patron Mario Mancaniello che in serie D aveva allestito una società dove ognuno aveva il suo ruolo, dal magazziniere al preparatore dei portieri, dal ds all’ultimo di coloro che staccavano i biglietti allo stadio fino alla segretaria. Ognuno sapeva cosa fare, ognuno aveva la propria responsabilità. Certo, tutto ha un costo, ma lei essendo imprenditore sa che investire può portare un profitto, non investire non lo porta sicuramente. Lei giustamente lo sta facendo nel settore giovanile con Massimo Reale, Carlo Angelozzi o Luciano Ricciuti, persone che, oltre ad essere addetti ai lavori di primo livello, sono tifosissimi del Chieti. Per il ruolo di DS non era necessaria una persona navigata, anche se tutti si aspettavano l’arrivo di Alessandro Battisti e questo avrebbe infiammato la piazza e dato ulteriore credito alla nuova società. A mio avviso, bastava anche scommettere su un giovane che conosce il calcio giovanile e abruzzese. Il nome che mi sarebbe piaciuto (visto che capitan Batman è andato per altri lidi) era quello di Antonio Di Battista, ex allenatore del settore giovanile neroverde, grande conoscitore del mondo calcistico e che da due anni ha preso anche il patentino come DS. Una persona dotata di valori rari, che ama questi colori e sa cosa significa tifare Chieti. Mister Aielli lo conosce benissimo e credo che poteva essere la persona giusta per creare un connubio di alto spessore.

Ho molta fiducia in lei, ma credo anche sia giusto che un presidente senta anche la piazza, perché quei tifosi che sono li a tifare ci sono e ci saranno sempre, perché nonostante abbiano preso diffide, denunce e manganellate per quei colori, sono di nuovo qui a darle fiducia e a mettersi in gioco ancora una volta per quella maglia che, per chi la ama, ha un sapore particolare. Il vero tifoso non chiede la luna, ma solo il rispetto e una società che non faccia come Penelope, come è successo invece negli anni passati. Le risparmio la solita lista dei calciatori che hanno vestito quella casacca o i soliti discorsi sul gol di Zaccagnini, ma queste sono le emozioni che ci appartengono e che lei, caro Presidente, deve conoscere perché lei è un ottimo imprenditore, ma per diventare un grande presidente deve innamorarsi dei colori neroverdi e conoscere il sapore di vittoria che a Chieti ha un gusto particolare. I tifosi non vogliono semplicemente galleggiare, ma fare il salto di qualità. Vorrei raccontarle tante cose sul Chieti, perché ho davvero tanto da raccontare, ma so che sarei forse noioso.

Intanto la saluto cordialmente con una FORZA CHIETI e con l’urlo della curva neroverde NON MOLLARE MAI!

 
 
 

Caro tifoso,

Quando si è legati in modo così forte a questi colori le gioie e le sofferenze fanno parte del quotidiano.

Essere attaccati, ritenendo di essere nel giusto, anche questo fa parte della passione.

Capisco bene che tifare per la squadra della propria città ha un altro sapore rispetto al tifo riservato per la Juventus o per il Milan.

Ho visto con i miei occhi l’attaccamento per questi colori, anche se sono ricordi molto lontani, ed è per questo che mi sento coinvolto in questa storia.

Per questa storia che ho deciso di limitare al massimo i proclami e di lavorare in maniera poco appariscente. Il mio compito deve essere quello di costruire una realtà solida e duratura, indipendentemente dal tempo necessario per tornare a calcare palcoscenici importanti. Lo ripeterò fino alla noia, senza basi solide non si va da nessuna parte.

Il calcio ha bisogno di molto impegno sotto il profilo economico, oltre che di tempo, per cui può accadere che nel momento in cui questo impegno non venga riconosciuto, si decida di abbandonare, è nel gioco delle cose. Tuttavia se si è riusciti a costruire qualche cosa di bello, bisogna trovare persone competenti che siano in grado di aiutarti e se necessario di sostituirti, persone che possono e devono essere migliori di te.

Per cui, ringrazio dei complimenti, ma preferisco rimanere con i piedi per terra.

L’azienda calcio, come ogni altra azienda, ha delle regole, non è un'altra cosa, deve rispettare dei criteri tipici del suo essere azienda.

Chi ti accarezza vuole spesso rubarti l’anima. Io credo che il tifoso deve essere rispettato, ma al tempo stesso deve rispettare, spesso la mancanza di rispetto e di attaccamento del tifoso sono una giustificazione morale per chi gestisce le squadre di calcio ad abbandonare la nave prima che affondi.

Sono consapevole che andando avanti, salendo di categoria gli impegni e le difficoltà aumenteranno, e spero che l’ attaccamento ai colori neroverdi possano essere il valore aggiunto in questa stagione. Non so quale campionato sia più difficile da vincere, perché vincere è sempre difficile, e dipende principalmente dal tuo lavoro e dal livello degli avversari.

Premetto che non credo alla fortuna ed alla sfortuna, per cui penso che il gufo debba semplicemente essere considerata una specie animale protetta. Ho spesso sentito la frase che la serie d è più semplice dell’ eccellenza, ma non sono in grado di giudicare se è vera. Il giorno che riuscirò a vincere sia l’ eccellenza che la serie D sarò in grado, forse, di capire se posso essere d’accordo con Lei. Per adesso penso all’Eccellenza.

Sulle figure societarie, spesso mi viene consigliato di organizzare la società come fanno anche altri, ma sono una persona convinta e determinata e ritengo che allo stato attuale stiamo bene così, anche se di fatto Andrea Periotto, che l’anno scorso era il vice di Aielli, da quest’ anno ha assunto delle deleghe tipiche di un DS.

Il DG lo sceglierò il giorno in cui non mi vorrò più occupare in prima persona della squadra, per cui o saremo diventati una squadra di visibilità nazionale o più semplicemente non sarò in condizione di far bene il mio lavoro.

In ogni caso questa è una società che ha un organigramma e ruoli ben precisi, come ogni azienda che si rispetti, ritengo comunque che questo sia un problema di organizzazione interna, alla fine l’ interesse del tifoso è tutelato dal risultato sportivo, sicuramente una buona organizzazione è fondamentale per raggiungere i risultati, ma questo è un fatto organizzativo interno che amio parere deve interessare poco al tifoso.

Comunque nello sport, ed il calcio per me rimane tale noi dobbiamo lavorare per vincere, non “DOBBIAMO VINCERE” abbiamo il dovere di costruire una società forte che coinvolga i giovani, che crei attaccamento a questi colori. Per carattere, chi mi conosce lo sa, non accetto imposizioni.

In base a quanto detto, ritengo che i nomi poco importino, fermo restando che le persone citate sono da me conosciute e stimate, ma sotto contratto con altre società, per cui non è professionale parlarne.

Infine, grazie per la fiducia, so che vincere dopo tanti guai ha un sapore ancora più dolce.

Ritengo che un presidente oggi deve essere giudicato su tanti aspetti, in primis sui risultati della prima squadra, ma anche sul settore giovanile, sui progetti nel sociale e su come è stato capace di migliorare la società in cui viviamo.

Forza Chieti! Un abbraccio

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