Urla, cori, spumante, ghiaccio, birra. E anche acqua in abbondanza, in una mescolanza di gioia incontenibile per la vittoria di un campionato conquistato con qualche sofferenza in più del previsto. Il presidente Giulio Trevisan gronda di tutto questo mix di liquidi e umori e nelle scarpe ha qualche sassolino che non vede l’ora di togliersi.

Pensi di aver vinto o che abbiamo vinto?

«Penso che ho vinto. La vittoria è mia, della dirigenza, dei soci, dell’allenatore direttore sportivo e di tutti i ragazzi».

Sinceramente, hai avuto un po’ di paura ad un certo punto?

«Oggi mi vedi così, tranquillo, come ho cercato di essere sempre, anche nei momenti in cui ci si poteva far prendere dallo sconforto. Sicuramente quando si innescano certi meccanismi, un po’ di timore nasce, ma devo dire che abbiamo trascorso una settimana tranquilla e oggi sono venuto allo stadio molto sereno».

Al futuro cominciamo a pensare subito o aspettiamo la fine del campionato?

«Subito! Diciamo anche che in verità ci stiamo pensando da tempo, però per scaramanzia abbiamo evitato di farlo vedere troppo e di dedicarvi più di quello che dovevamo. Adesso ci penseremo in maniera molto più intensa».

Quali saranno la parola d’ordine per il prossimo anno?

«Sicuramente un campionato di vertice con una squadra giovane».

Che cosa vuoi dire alla tifoseria?

«A quella organizzata? Che hanno perso un’occasione!»

Il mister Gabriele Aielli esce dagli spogliatoi con la maglia neroverde addosso, raggiante. «È la terza che mi cambio!», e cammina da una parte all’altra alzando le mani e lanciando grida di gioia. «La capolista se ne va!», ha appena cantato insieme ai suoi ragazzi, ma le prime parole sono per i colori dei quali sono verniciate queste stanze che hanno per tetto i gradoni della tribuna. «Sono felice di avere dato un pezzo alla storia di questi colori. È la cosa più bella!»

Che vuol dire vincere con il nome Chieti?

«È una responsabilità grande e un soddisfazione enorme. Mantenere il nome di Chieti più alto possibile è sempre bello e averci messo un tassello mi inorgoglisce».

Domenica scorsa hai avuto paura che si fosse rotto qualcosa nella testa dei ragazzi?

«Paura no, ma preoccupazione sì. L’ansia di vincere supera l’ansia di perdere, però questa settimana abbiamo lavorato sul recupero delle energie e sulla testa dei giocatori. Penso che che quello che è successo domenica scorsa si verifica un volta in tanti anni».

Che cosa hai detto ai ragazzi e che cosa hai detto loro dopo la scorsa partita e durante la settimana?

«Una spiegazione razionale non me l’hanno data e io non l’ho cercata. Certe cose sono inspiegabili. Per questo abbiamo lavorato sulle energie mentali. In questo caso l’allenatore deve fare il regista, in modo da liberare il cervello del giocatore dall’ansia di non riuscire a fare quello che sa fare».

Tu e il presidente avevate detto che avreste cominciato a pensare al futuro dopo la certezza matematica della vittoria e sono sicuro che, in realtà, lo state già facendo, ma sono altrettanto sicuro che tu voglia vincere ancora qualcosa quest’anno. Sbaglio?

«Io ci tenevo a vincere quest’anno e ce lo siamo meritati veramente perché siamo stati sempre in testa. Per quanto riguarda la prospettiva, dico che noi non ci siamo mai fermati per il futuro: da tempo sto visionando giocatori nuovi e che già conoscevo per portarli qui a Chieti. Dobbiamo però ancora definire le strategie e gli obiettivi. Io penso che il nostro obiettivo debba essere vincere perché Chieti merita di vincere sempre, guardando però alla prospettiva di lunga durata, non solo a domani. Il presidente è stato chiaro in questo senso: occorre fare un passo alla volta, senza farlo troppo lungo altrimenti si rischia di fare gli stessi errori del passato».

Io però mi riferivo alla Coppa Mancini…

«Io sono abituato a guardare sempre in prospettiva futura e forse non mi godo i momenti belli nel momento giusto. La Coppa Mancini è comunque un confronto serio, anche per verificare la nostra forza in funzione del prossimo campionato».

Che notizie arrivano dall’infermeria?

«Direi buone. E devo ringraziare oggi alcuni dei miei giocatori che oggi hanno stretto i denti per entrare in campo come Giannini, Comparelli, Lieti e Catalli… siamo un po’ acciaccati, ma nessuno si è mai tirato indietro e mi hanno sempre dato la massima disponibilità. Sono autentici professionisti e di quello li devo ringraziare». Poi qualche parola sulle critiche arrivate in settimana... «Ci possono stare, ma i ragazzi e lo staff ci sono rimasti male, non lo passo negare. Ora però non ci pensiamo». E rientra negli spogliatoi: c'è ancora da festeggiare, con i suoi ragazzi.

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