Lettera aperta al presidente Giulio Trevisan
Caro presidente sono un semplice tifoso del Chieti che segue i colori neroverdi dall’età di sei anni subendo pressioni, mortificazioni, minacce e quant’altro per seguire nel tempo questa fede o per aver scritto alcune verità sul sito www.tifochieti.com.
Sono qui a scriverle per farle capire che cosa significa tifare il Chieti, la squadra della propria Città, essere orgoglioso dei colori neroverdi e portarne in giro per l’italia l’amore e la fede. Anche se molti non possono capirlo, amare questi colori non è come idolatrare il Milan, la Juve o altre realtà per moda. Amare questi colori ha una valore particolare, ha un sapore unico. Mi piacerebbe che lei vedesse qualche video relativo al passato per rendersi conto che cosa significa l’amore e la fede per la maglia neroverde. Dott. Trevisan, la seguo dallo scorso anno e ho anche avuto contatti anche con alcune delle persone che l’hanno aiutata a costituire la nuova società, ma non voglio annoiarla su questo argomento. La tifoseria neroverde è da anni presa in giro, costretta a passare da momenti di illusione, in vista del definitivo salto di qualità, al classico pugno in faccia, senza parlare che questa volta il pugno in faccia arrivato dalla capitale è figlio di gente che si dichiarava Teatina. Anche su questo argomento, potremmo stare a parlare per ore, per fortuna però ognuno è tornato a fare il proprio lavoro: dalla gestione rifiuti, al riparatore di termosifoni al nulla facente.
Ora c’è lei, imprenditore Teatino capace, che ha una grande azienda e che lascia parlare i fatti. L’azienda calcio però è un’altra cosa. Quindi, se mi permette, vorrei in questa lettera anche darle alcuni consigli perché, vede: il tifoso vuole e deve essere anche accarezzato oltre che tutelato. Abbiamo vinto un campionato di Promozione, ma ora abbiamo quello d’Eccellenza. Vincere è sempre bello, anche in una semplice partita tra scapoli e ammogliati, ma l’Eccellenza è tutt’altra cosa: è il classico campionato dove 7-8 società lottano per arrivare prime oltre alla classica squadra rivelazione (Nerostellati insegna). È più difficile vincere l’Eccellenza che la serie D ed ecco perché dobbiamo essere pronti. Ed è qui che faccio la mia critica, augurandomi che la prenda come tale e non come sberleffo, altrimenti ritorniamo ai tempi di Walter Bellia dove ogni suggerimento veniva visto in malo modo e quindi, se la squadra andava male, la colpa era mia e di TifoChieti, etichettati pubblicamente come “gufi”. Io mi auguro che sia aumentato anche il livello culturale societario e quindi che i gufi non possano esistere, ma esista solo il lavoro dentro e fuori dal campo.
Tornando al mio consiglio, volevo dirle che ciò che mancano (a mio modesto parere) sono un direttore sportivo e un direttore generale. Il Chieti ha una sua storia ed un suo pregio, ma non è questo il motivo: avere un DS e un DG, oltre che a dare lustro alla società, è sinonimo di professionismo. Con tutto il rispetto per mister Gabriele Aielli, credo che un DS debba esserci e che il suo ruolo sia ricere direttive da un mister trasformadole in giocatori. Aielli non può fare sia il cuoco sia il cameriere. Io penso che non possiamo avere un mister che fa anche DS perché il Chieti deve vincere e Aielli deve avere un solo pensiero: allenare la squadra e portarla alla vittoria perché NOI DOBBIAMO VINCERE. Il DS e il DG non servono solo per fare il mercato, ma anche durante l’anno per gestire il rapporto giocatori/società , tifosi/società, etc. Io, se fossi stato in lei, il DS lo avrei preso anche in Promozione perché è una figura professionale, ma badi bene: io parlo di un direttore sportivo vero e non di quelli che portano sponsor per vantarsi di tale titolo e stanno lì ad aspettare il giocatore sponsorizzato che porta soldi per giocare.
Ripeto: è un mio modo di vedere il calcio, forse perché le più belle vittorie le ho vissute con il compianto patron Mario Mancaniello che in serie D aveva allestito una società dove ognuno aveva il suo ruolo, dal magazziniere al preparatore dei portieri, dal ds all’ultimo di coloro che staccavano i biglietti allo stadio fino alla segretaria. Ognuno sapeva cosa fare, ognuno aveva la propria responsabilità. Certo, tutto ha un costo, ma lei essendo imprenditore sa che investire può portare un profitto, non investire non lo porta sicuramente. Lei giustamente lo sta facendo nel settore giovanile con Massimo Reale, Carlo Angelozzi o Luciano Ricciuti, persone che, oltre ad essere addetti ai lavori di primo livello, sono tifosissimi del Chieti. Per il ruolo di DS non era necessaria una persona navigata, anche se tutti si aspettavano l’arrivo di Alessandro Battisti e questo avrebbe infiammato la piazza e dato ulteriore credito alla nuova società. A mio avviso, bastava anche scommettere su un giovane che conosce il calcio giovanile e abruzzese. Il nome che mi sarebbe piaciuto (visto che capitan Batman è andato per altri lidi) era quello di Antonio Di Battista, ex allenatore del settore giovanile neroverde, grande conoscitore del mondo calcistico e che da due anni ha preso anche il patentino come DS. Una persona dotata di valori rari, che ama questi colori e sa cosa significa tifare Chieti. Mister Aielli lo conosce benissimo e credo che poteva essere la persona giusta per creare un connubio di alto spessore.
Ho molta fiducia in lei, ma credo anche sia giusto che un presidente senta anche la piazza, perché quei tifosi che sono li a tifare ci sono e ci saranno sempre, perché nonostante abbiano preso diffide, denunce e manganellate per quei colori, sono di nuovo qui a darle fiducia e a mettersi in gioco ancora una volta per quella maglia che, per chi la ama, ha un sapore particolare. Il vero tifoso non chiede la luna, ma solo il rispetto e una società che non faccia come Penelope, come è successo invece negli anni passati. Le risparmio la solita lista dei calciatori che hanno vestito quella casacca o i soliti discorsi sul gol di Zaccagnini, ma queste sono le emozioni che ci appartengono e che lei, caro Presidente, deve conoscere perché lei è un ottimo imprenditore, ma per diventare un grande presidente deve innamorarsi dei colori neroverdi e conoscere il sapore di vittoria che a Chieti ha un gusto particolare. I tifosi non vogliono semplicemente galleggiare, ma fare il salto di qualità. Vorrei raccontarle tante cose sul Chieti, perché ho davvero tanto da raccontare, ma so che sarei forse noioso.
Intanto la saluto cordialmente con una FORZA CHIETI e con l’urlo della curva neroverde NON MOLLARE MAI!